Antonio Polito per il Corriere della Sera - Estratto
il generale roberto vannacci
Non è un caso se questa estate si è parlato del colore della pelle dei veri italiani e dell’ubriachezza femminile molto più che della sicurezza sul lavoro o del taglio del cuneo fiscale. Né dobbiamo sorprenderci se il generale Vannacci e il giornalista Giambruno si sono così assicurati una popolarità nell’elettorato di destra di gran lunga superiore a quella di qualsiasi ministro del governo Meloni.
La lotta politica, anche nel nostro Paese, si sta ormai caratterizzando sempre più come «guerra culturale», scontro di psicologie e di valori, e sempre meno come conflitto sociale tra interessi e classi. Una polarizzazione di tipo nuovo si ridefinisce intorno al solco che divide élite liberali e progressiste da una parte e non-élite conservatrici e tradizionaliste dall’altra.
Mentre l’arrivo al governo di una destra «sociale», statalista e interventista in economia, modifica i termini dell’antico bipolarismo: la sinistra del welfare, abituata ad avere come facile bersaglio polemico il liberismo «plutocratico» dell’imprenditore Berlusconi, ora si ritrova ad applaudire la tassa sulle banche di Giorgia Meloni.
Andrea Giambruno Giorgia Meloni
Un po’ ovunque in Europa i vincoli internazionali della finanza e dei mercati, le decisioni che vengono prese a Bruxelles o a Francoforte, restringono i margini di azione della politica nazionale, e costringono i partiti a occuparsi di altro per darsi un senso. Ma in questa deriva c’è un pericolo. La democrazia si è infatti dimostrata nel dopoguerra un sistema molto adatto a mediare e istituzionalizzare il conflitto di classe, evitando che degeneri in forme estreme.
Ma non è detto che sia in grado di «assorbire» senza traumi violenti questo nuovo tipo di scontro potenzialmente più radicale, perché basato su emozioni e sentimenti, su furia e rabbia, su concezioni della vita, antropologia e psicologia degli individui. Altro che busti di Mussolini e revisionismi su via Rasella, giochi di ruolo per manipoli di nostalgici: la virulenza moderna di questa «guerra culturale» è ben più preoccupante.
ROBERTO VANNACCI
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In Italia c’è un mucchio di gente che aspetta solo un generale da votare in un’elezione diretta, e forse presto avrà l’uno e l’altra. Si possono cioè creare le condizioni per quell’antagonismo tra la Volpe e il Leone che Vilfredo Pareto aveva preventivato, facendo sua una metafora del Machiavelli: le volpi, cioè le élite, sono brave ad adattarsi al cambiamento e a governare la complessità ricorrendo all’astuzia, ma prima o poi risvegliano i leoni, le non-élite, abili nell’uso della forza e perciò capaci di conquistare il potere «con una zampata bene assestata».
La cosa interessante è che questo conflitto riguarda la destra (non solo Fratelli d’Italia, ma anche la Lega di Salvini) più che la sinistra. Non sposeremo il paradosso avanzato dal Foglio , per cui «Giambruno è il vero rivale di Meloni». Ma certamente esiste il rischio che nasca nel Paese una opposizione da destra al governo della destra, decisa a fare i conti con l’era dei diritti e del politicamente corretto, insofferente dei compromessi necessari per guidare il Paese, e rabbiosamente convinta che troppi ex leoni si stiano trasformando in volpi.
matteo salvini diretta instagram
Questa competizione intestina può rallentare se non addirittura inceppare il processo di trasformazione della destra italiana da forza antagonista e anti-sistema in moderna destra conservatrice e di governo, che Giorgia Meloni ha intrapreso dopo la vittoria elettorale per onorarne la responsabilità.
Purtroppo il ruggito del Leone si è sentito. E così, invece di ringraziare il ministro Crosetto che con il suo intervento ha subito separato (e protetto) le Forze Armate dal Vannacci-pensiero, FdI e Lega hanno finito per corteggiare il generale, contendendosene la benevolenza tra Donzelli e Salvini.
È un errore, di cui ci auguriamo la premier sia consapevole. Anche perché, per quanti sforzi si facciano per parlar d’altro, saranno recessione e inflazione, occupazione e reddito, a decidere le sorti di questo primo esperimento in Europa occidentale di governo della destra. E questa non è roba per generali e giornalisti, ma per governanti .
giorgia meloni e andrea giambruno al quirinale ROBERTO VANNACCI giorgia meloni con andrea giambruno, matteo salvini e francesca verdini alla cantinetta di bolgheri