Andrea Bassi per “il Messaggero”
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Si dichiarano nullatenenti. E il Fisco, per ragioni di privacy, ha poche armi per smascherarli. Il loro debito ammonta a qualcosa come 264 miliardi di euro. Cartelle esattoriali accumulate negli ultimi 20 anni, dal 2000 fino al 2020, e non saldate da questo esercito di nullatenenti.
Prima Equitalia e poi l'Agenzia delle Entrate hanno tentato di recuperare il dovuto. Ma con pochi risultati. E ora, se le proposte di riforma contenute nella relazione sulla riscossione presentata in Parlamento dal ministro dell'Economia dovessero passare, una buona fetta di questo debito potrebbe essere cancellata.
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Ma davvero tutti i 2,8 milioni di nti che hanno ricevuto oltre 18 milioni di cartelle per un valore di 264 miliardi sono nullatenenti? La certezza che non sia così, in realtà, ce l'ha anche il Fisco. La relazione sulla riscossione spiega che vengono classificati come nullatenenti quei contribuenti per i quali, dall'accesso alle banche dati, è stata rilevata l'assenza completa di fabbricati, di terreni, di rapporti economici da lavoro dipendente e da lavoro autonomo e di veicoli o altri beni mobili registrati.
ERNESTO MARIA RUFFINI
Nell'analisi tuttavia, si legge nella relazione, non è stata considerata la presenza di eventuali rapporti di tipo finanziario intestati al soggetto debitore (conti correnti, depositi, cassette di sicurezza). Dettaglio non proprio secondario. Insomma, alcuni tra i nullatenenti potrebbero anche non avere un lavoro, una casa, un terreno, una macchina, una barca, ma non è detto che non abbia un conto in banca o una cassetta di sicurezza.
IL PASSAGGIO
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Perché il Fisco, che pure ha accesso all'Anagrafe dei rapporti finanziari, non conosce questo dato? Motivi di privacy. Proprio così. Le informazioni, spiega la relazione, sono certo disponibili sull'Anagrafe dei Rapporti Finanziari, ma l'accesso «non è massivo ma puntuale, per singola posizione, da parte di operatori che, al fine di garantire la protezione dei dati trattati, operano, con apposite credenziali, su due distinti profili di accesso (un primo profilo seleziona il contribuente e richiede la visura, un secondo profilo consulta gli esiti della visura)».
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Insomma, per sapere se i 2,8 milioni di contribuenti hanno intestato un conto, non è possibile fare una consultazione complessiva nella banca dati per scoprire in quanti magari ce l'hanno e procedere ai pignoramenti, ma bisogna procedere singolarmente con la ricerca per tutti i 2,8 milioni di nominativi. Tra l'altro con una doppia autorizzazione.
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Eppure il sospetto che più d'uno un conto ce l'abbia è fondato, visto che qualcuno (2,28 miliardi in totale) sta pagando le rate di rottamazioni o rateizzazioni. Proprio per questo una delle richieste arrivate dall'Agenzia delle Entrate - Riscossione, è quella di poter essere autorizzata ad acquisizioni di tipo massivo sui conti correnti presenti nell'anagrafe dei rapporti finanziari. Anche per non dover procedere a pignoramenti «al buio», non potendo conoscere in anticipo quali conti sono capienti e quali no. Richieste che potrebbero evitare un effetto collaterale sgradito.
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La riforma della riscossione prevede la restituzione dei crediti vantati dal Fisco dichiarati inesigibili e accumulati tra il 2000 e il 2020. Vale a dire la cancellazione delle cartelle. E una delle categorie dei crediti inesigibili, è proprio quella delle cartelle intestate ai nullatenenti.
Le ipotesi sul tavolo sono due. La prima prevede che alla data del 31 dicembre 2025 si determini il discarico automatico dei crediti residui inesigibili. Tra il 2022 e il 2025 verranno fatti gli ultimi tentativi di recupero in base alla capacità operativa dell'Agenzia. Poi basta, la cartella sarà cancellata. La seconda ipotesi è più graduale. Prevede tre step intermedi di cancellazione: 2023, 2025 e 2026. Ma la sostanza è la stessa. Ancora cinque anni, poi chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto.
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