Estratto dell'articolo di Martina Mazzeo per “la Stampa”
disturbi alimentari
È una stima che spaventa: in Italia ci sono 3 milioni e mezzo di persone che soffrono di disturbi alimentari in attesa di cure. Privato o pubblico che sia, mancano posti letto e operatori formati, mentre i servizi di cura intermedi, come quelli ambulatoriali, cruciali per la prevenzione, sono fragili e sotto-finanziati. Ottomila persone sono in cura in 91 centri, di cui 48 al Nord, 14 al centro e 29 tra Sud e Isole, secondo una mappatura dell'Iss. La sproporzione è pesante.
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[…] Con liste d'attesa che si allungano a dismisura, sino a sedici mesi, il diritto alle cure per tutti è sistematicamente violato. A preoccupare poi è che i casi di emersione dei primi sintomi o di aggravamento di una condizione già patologica sono in costante aumento da almeno cinque anni. Ma l'assistenza non va di pari passo, anzi: i tagli ai posti letto non sono cessati nemmeno dopo la pandemia, che ha dato il colpo di grazia a chi soffre di anoressia, bulimia nervosa o binge eating, disturbo da alimentazione incontrollata. Isolamento, perdita di riferimenti quotidiani, diete fai da te, troppi modelli insani in vetrina dappertutto, famiglie impreparate, ansie da prestazione. […]
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[…] In Italia, l'ultima indagine promossa dal Ministero della Salute, che ha esaminato il periodo tra il 2019 e il 2022, ha rilevato un aumento delle chiamate al numero verde nazionale pari al 44 per cento. Di quegli 8 mila pazienti di cui dicevamo, 4 mila si sono aggiunti solo nell'ultimo anno dell'indagine.
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Tra i giovani di 18-20 anni, l'anoressia è la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali e l'età dell'insorgenza si abbassa sino ai 10 anni. Bambini. Ragiona Giuseppe Magistrale, psicoterapeuta: «Quasi sempre il problema è una psicopatologia di fondo e spesso a fare male è il confronto costante con un ideale di magrezza». Un disagio nel rapporto col corpo, che andrebbe preso in tempo. Invece succede spesso che i centri pubblici, con le poche risorse che hanno, diano la priorità ai pazienti con una gravità più alta, «ma questo produce l'espulsione dal sistema dei pazienti adulti e soprattutto dei pazienti non gravi».
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Che diventano gravi perché respinti. Scatta infatti una sciagurata gara interna al malato che cerca aiuto, un circolo vizioso potenzialmente letale. […]anche Stefano Tavilla, genovese, nominato ufficiale dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana per il suo impegno nella lotta a queste malattie.
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Per Tavilla, uno dei fondatori dell'associazione Fiocchetto Lilla, servono soprattutto due cose. La prima: percorsi nelle scuole elementari per parlare di emozioni e rapporto con il cibo. La seconda: investimenti pubblici e inserimento dei Dca nei livelli essenziali di assistenza come malattie a sé stanti. «Questo permetterebbe un'offerta pubblica di cura uniforme su tutto il territorio».
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