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    OBIETTA STOCAZZO - IN ITALIA CIRCA IL 70% DEI GINECOLOGI NON PRATICA L’INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA - SOLO CHE POI LE DONNE RESPINTE DAGLI OSPEDALI FINISCONO PER ALIMENTARE IL GIRO DEGLI ABORTI CLANDESTINI, CON RISCHI ENORMI PER LA SALUTE - CI SONO REGIONI DOVE ESISTE UN UNICO OSPEDALE CHE EFFETTUA LE IVG


     
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    Maria Novella De Luca per “la Repubblica”

     

    DIRITTO ALL ABORTO PRO E CONTRO DIRITTO ALL ABORTO PRO E CONTRO

    Dove finiscono le donne che vengono respinte dalle strutture di interruzione volontaria di gravidanza, perché i medici non riescono ad accettarle tutte? Quante sono realmente le donne che chiedono di poter abortire ma sfuggono alle statistiche ufficiali? «Noi in ospedale ne vediamo sempre di più. Arrivano con i postumi di interventi clandestini mal fatti. A volte in grave pericolo. Storie che pensavamo appartenessero al passato, ai tempi in cui la legge non c’era, invece i casi aumentano, perché i reparti della 194 sono sempre di meno…».

     

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    Silvana Agatone, ginecologa non obiettrice e presidente della Laiga, associazione che da decenni difende la legge sull’aborto, parla con chiarezza di numeri che non tornano, e di una situazione sommersa che sfugge alle statistiche. «In Italia circa il 70% dei ginecologi è obiettore, ci sono intere regioni dove esiste un unico ospedale che effettua le interruzioni volontarie di gravidanza, e le donne sono costrette a migrare per centinaia di chilometri. Ma nonostante tutto il ministro della Salute continua a sostenere che i ginecologi non obiettori sono sufficienti a garantire la legge, perché gli aborti sono calati. Invece non è così ».

     

    POSTER ANTI ABORTO POSTER ANTI ABORTO

    I dati della relazione al Parlamento infatti, spiega Agatone, «registrano unicamente le interruzioni effettuate negli ospedali, non la “domanda” di aborti che è invece nettamente più alta». Ogni giorno nei reparti di “Ivg” si presenta un certo numero di donne con la certificazione per abortire.

     

    Un numero quasi sempre superiore a quello che le strutture possono sostenere. «Magari quell’ospedale ne accetta 10 su 30. Dove finiscono le altre 20 che devono andare via? Forse cinque torneranno il giorno dopo, due invece diventeranno mamme. E le altre 13, giunte in ospedale già quasi allo scadere dei termini? Nell’ombra. Nell’illegalità. Infatti per le statistiche quelle donne sono invisibili, fantasmi».

    aborto aborto

     

    Ed è dunque per questo che i conti non tornano, perché la “domanda” di aborti non viene registrata. Né là dove le donne abortiscono, ma nemmeno nei consultori dove vengono rilasciati i certificati per l’interruzione. «Come possiamo pensare che la legge sia garantita — chiede Agatone — se soltanto il 59,6% degli ospedali hanno un reparto di “Ivg” e quindi il 40% non assicura il servizio?».

     

    C’è poi un altro dato che preoccupa chi assiste le pazienti della 194. «Noi vediamo sempre più donne che arrivano da noi in urgenza, ossia nell’ultimo giorno utile per fare l’aborto. Forse perché prima di poter essere accolte sono state respinte da più strutture, o chissà. Dove finiscono quelle donne se non si riesce a farle abortire nei termini di legge? È evidente che cercheranno canali paralleli e illegali».

     

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    Insomma l’abuso di obiezione di coscienza sta facendo riaprire piaghe antiche. Così sostengono i ginecologi della Laiga. L’ombra dell’abuso riguarda sia l’aborto farmacologico che quello chirurgico. Racconta, ancora, Silvana Agatone: «Da noi arrivano soprattutto le vittime di interventi chirurgici brutali, donne con emorragie gravi. Questo vuol dire che esistono ambulatori dove qualcuno pratica gli aborti clandestini. E le vittime sono le donne più fragili, le migranti, le straniere, che davvero non sanno come e dove andare. Perché il semplice accesso alle informazioni in Italia è una corsa ad ostacoli».

     

    Un fenomeno che sfugge. Quasi mai, infatti, i medici ospedalieri che salvano la vita a queste donne poi le denunciano, come vorrebbe la legge. Esponendole al rischio di dover pagare una multa fino a diecimila euro. «Infatti è soltanto garantendo ovunque l’applicazione della legge 194 — conclude Agatone — che potremo evitare il ritorno massiccio all’aborto clandestino».

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