ARRESTO GIORGI 3
Alessia Candito per la Repubblica
Lo hanno atteso per ore, immobili di fronte alla sua casa-fortezza. Per una parola, un saluto, un abbraccio, il grande onore di baciargli le mani. Neanche fosse un santo in processione, o un monarca che attraversa le sue terre.
Invece, a uscire da un brutto palazzo di cinque piani del cuore di San Luca, nel reggino, è stato il boss Giuseppe Giorgi, 56 anni, arrestato ieri notte dai carabinieri, dopo 23 anni di latitanza. "U capra" per i suoi, uno dei cinque latitanti più pericolosi d' Italia. Ieri, dopo l' arresto, è uscito sorridente da casa come un re sconfitto, ma non vinto.
E da re è stato salutato da un paese intero, che fin dall' alba, si è radunato attorno alla sua abitazione. Anche solo per fargli un cenno di saluto. Nel linguaggio antico della 'ndrangheta significa che, nonostante gli oltre 28 anni di detenzione che lo attendono, a San Luca rimarrà sempre un capo, degno di onore e rispetto. Anche se il suo clan, i Romeo "Staccu", dovranno trovare un reggente.
GIORGI BACIAMANO
Perché ieri notte il mandato di Giuseppe Giorgi si è concluso grazie ad un' operazione da manuale dei carabinieri di Reggio Calabria. Per otto mesi, gli investigatori sono stati con il fiato sul collo del boss. Sapevano che, in quanto tale, mai si sarebbe potuto allontanare troppo dal suo feudo, per questo hanno intercettato e pedinato familiari e uomini della sua cerchia.
In questo modo hanno capito che in questi giorni sarebbe passato da casa. Giovedì le intuizioni sono diventate ragionevoli certezze e in poche ore i carabinieri hanno organizzato il blitz. Come gatti, in piena notte, i militari sono entrati in silenzio a San Luca, beffando le vedette che tradizionalmente presidiano il paese. Alcuni si sono avvicinati alla casa, mentre gli altri la circondavano.
ARRESTO GIORGI 4
Attorno alle 3 un gruppo scelto ha sfondato il portone e rapidamente ha ispezionato tutti gli appartamenti. Di Giorgi neanche l' ombra. Solo un letto vuoto, disfatto e ancora caldo, che è bastato a confermare agli investigatori che il boss era lì. Nascosto. Senza esito hanno iniziato a cercarlo negli appartamenti, nelle cantine, nelle soffitte. Poi, planimetrie alla mano, i carabinieri hanno iniziato a guardare anche dentro i muri, alla ricerca di vani e stanze nascoste. E sono stati premiati.
Da un' intercapedine sono saltati fuori oltre 156mila euro in banconote di grosso taglio. Poi, dietro il camino della cucina dell' appartamento di una delle figlie, è stato scovato il latitante. Era nascosto in un vano realizzato tra la canna fumaria e la parete esterna, cui si accedeva strisciando attraverso una stretta botola occultata alla base del braciere. Protetto ma impossibilitato a scappare, quando il boss ha sentito che i carabinieri stavano iniziando a rompere il muro, ha gridato «basta, basta, sono qua, mi avete trovato». In pigiama, disarmato, con cautela è uscito dal nascondiglio. Prima un piede nudo, poi una gamba, infine il resto del corpo.
GIORGI
«State tranquille - ha ordinato rassegnato alle figlie - prima o poi doveva succedere». Poi, come di prammatica, i complimenti ai carabinieri che lo hanno ammanettato. Un arresto che per il procuratore capo Federico Cafiero de Raho è un guanto di sfida per i clan: «La 'ndrangheta - dice - deve capire che può solo deporre le armi».
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