Antonio D’Orrico per il Corriere della Sera
Di Antonio Valentin Angelillo, morto in assoluta discrezione a ottant' anni in Toscana, sono state dette sempre due cose. Cominciamo dalla prima che è il suo record di gol (33) nella serie A a 18 squadre. Su quello non ci piove.
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Guillermo Stabile, allenatore dell' Argentina, quando gli chiesero perché la sua formidabile Nazionale perse ai Mondiali del 1958, rispose che c' era una sola ragione: «El mas grande centerforward del mundo es a Milan».
Il più grande centravanti del mondo giocava nell' Inter e si chiamava Angelillo. Stabile non aveva potuto schierarlo perché ai calciatori argentini all' estero era vietata la Nazionale. Eppure, al suo arrivo a Milano, appena ventenne, fortissimamente voluto dal presidente Angelo Moratti, el mas grande centerforward del mundo cominciò con il piede sbagliato.
Sembrava malato di saudade, benché non fosse brasiliano ma di Baires. Degli sfracelli combinati nel Boca Juniors, nemmeno l' ombra.
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Tanto che il patron Angelo confidò un sospetto a Gianni Brera, il grande scrittore di calcio ed eminenza grigia di casa Moratti in materia di football: «Mi sa che sono stato imbrogliato: l' Angelillo che mi hanno mandato non è quello vero».
Furono fatti i controlli del caso. No, Angelillo era Angelillo, la mezzala (ma anche centravanti, mediano e, all' occorrenza, terzino) salutata come il nuovo Alfredo Di Stefano.
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Era proprio lui, figlio unico e molto mammone di un macellaio di origini lucane. Allora Angelo Moratti incaricò due scapoli della squadra (Fongaro e Masiero) di portare il ragazzo a svagarsi al night. Una sera Angelillo sentì cantare «Grazie dei fior» dalla ballerina Ilya Lopez (l' italianissima Attilia Tironi), se ne incantò e dal giorno dopo prese a segnare a raffica fino a stabilire il record dei record. Tutto finì nel 1961 con l' arrivo di Helenio Herrera, il mister che avrebbe fatto la Grande Inter.
Angelillo non gli piacque al primo sguardo. L' altro ricambiò (che voleva da lui questo qui che da giocatore era un broccaccio?).
Herrera non amava i fuoriclasse: ingombranti, viziati. Preferiva campioni altruisti alla Suarez.
Discorso giusto, ma non vero.
Angelillo non era un Venezia, non giocava solo per se stesso. Era un Di Stefano sul serio. Siamo arrivati alla seconda cosa che si dice sempre di Angelillo: la passione rovinosa per la ballerina Attilia, la Circe del football milanese anni 60. In realtà fu un amore tenerissimo.
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Testimone Brera: «La Ilya prese in braccio Antonio Valentin e se avesse potuto l' avrebbe pure allattato».
Resta da spiegare perché Herrera disegnò uno scenario da Sodoma e Gomorra. L' ho chiesto alla più esclusiva e competente chat di tifosi interisti (rigorosamente a numero chiuso e con esame di ammissione), quella degli InterNati. La chat ha il suo storico ufficiale, si chiama Cecio: «Il vero problema tra Herrera e Angelillo? A tutti e due piacevano le donne in maniera esagerata, solo che Angelillo ne incontrava i favori (in altre parole, cuccava di brutto), mentre il Mago arrancava. Invidia, gelosia, la solita vecchia storia e HH aveva il coltello dalla parte del manico». Una volta, a proposito di Ilya, Angelillo ha detto: «Ero un santo». E se non lo è el mas grande centerforward del mundo, chi mai potrebbe esserlo?
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