Andrea Galli per il "Corriere della Sera"
DUE DONNE MORTE IN UN CAMPO AGRICOLO
«In quel campo di mais, cioè il campo della morte, io urlavo, urlavo contro il conducente del trattore che si avvicinava, ma quello non mi sentiva, urlavo con tutta la forza in corpo ma niente, c'era un boato da rompere le orecchie... Allora sono corsa via, nel panico, verso la casa abbandonata dove sto... Pensavo che Sara potesse scappare, che potesse farcela. E Hanan, ecco, Hanan non credevo fosse morta, nemmeno lei... Che erano morte tutte e due, l'ho letto sul giornale. Ho trovato il giornale in giro, non avevo niente da fare, mi sono messa a leggere. L'italiano ormai lo capisco bene... Ero ferita anche io, sì, ma non ho voluto andare in ospedale. Avevo botte un po' dappertutto... Forse c'era, oppure c'è qualcosa di rotto, non ne ho idea... Avevo paura, ad andare in ospedale, non sapevo cosa mi sarebbe potuto succedere. Io vivo per strada».
Sara El Jafaari e Hanan Nekhla
Ha 21 anni e la sua strada è il quartiere periferico di Rogoredo, quello dell'«ex boschetto della droga» che non è ancora «ex». La figlia, di quattro anni, starebbe con l'ex fidanzato, altrove. Lei è una fattorina: riceve la commissione, va in bicicletta a ritirare le dosi, effettua la consegna.
La mattina di venerdì 2 luglio si era anche fermata a consumare. Nel campo di mais a Locate Triulzi, hinterland milanese, fatale per Sara El Jaafari e Hanan Nekhla, di 28 e 31 anni, le amiche di origini marocchine uccise da un mezzo agricolo che spargeva medicinali sulle coltivazioni e guidato da un operaio italiano di 28 anni, sotto indagine per omicidio colposo. Il granturco era alto, molto alto; probabile che non abbia visto proprio niente, come ha ripetuto agli inquirenti.
EX BOSCHETTO DELLA DROGA A ROGOREDO
Quest'altra ragazza è di nazionalità romena. Era la terza donna del gruppo, insieme a quattro uomini nordafricani, due dei quali individuati dal Nucleo investigativo dei carabinieri, e i restanti ancora ricercati, in un'insistita attività di perlustrazione (gli identikit, le soffiate, le rotte metropolitane della droga, le esplorazioni dei cellulari recuperati).
Chi sia, e cosa la ragazza faccia, emerge anche da un atto della meticolosa inchiesta coordinata dalla Procura di Lodi, nonché dai suoi racconti. È stata l'ultima persona rimasta con le vittime: «Non mi sono accorta di quel trattore gigantesco... Non ce ne siamo accorti... Nessuno... Il trattore ci ha colpito. Tutti, senza distinzione. Ricordo che ha schiacciato completamente Hanan e poi ha colpito anche Sara. A me mi ha preso sul braccio e sul fianco e sulla schiena... Soffro di asma, sono stata colta da un attacco devastante, mi ha preso ancora di più la paura. Dovevo sparire da quel posto».
donne morte in un campo agricolo a milano 1
Il campo di mais è la geografia terminale della notte di misteri delle amiche. I carabinieri hanno certificato le ore trascorse nell'appartamento di una donna (affittuaria del bilocale, poi si era sfilata dal gruppo), tra cocaina, alcolici e sesso, ancora s'ignora se con costrizioni e violenze contro Sara e Hanan, la prima senza occupazione e con un passato di stupefacenti (un figlio piccolo trasferito in comunità), la seconda pronta alla convivenza con il compagno connazionale, cameriera in un bar e perseguitata dall'oppressiva preoccupazione di non guadagnare abbastanza per inviare soldi ai genitori in Marocco.
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Una donna a proposito della quale, con decisa insistenza, le conoscenti ascoltate dal Corriere hanno escluso ogni accostamento alla droga. Impossibile. Forse non avevano capito, forse era stata abile a nascondersi.
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Dopo il festino in quell'abitazione, dove erano presenti due dei quattro uomini, anziché rincasare le amiche hanno proseguito. Una sosta da un baracchino ambulante per comprare panini e birra, quindi la ricerca del punto segnalato per l'incontro dagli altri due uomini, che lì aspettavano.
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Uno spiazzo nel mais, che per caratteristiche rimanda a una base degli spacciatori (specie come nascondiglio delle dosi) in una zona isolata, così tanto che soltanto l'elicottero dei vigili del fuoco ha permesso il rinvenimento dei cadaveri, oltre trenta ore dopo; e così tanto che anche la fattorina, pur abituata a vagabondare da queste parti, si stava smarrendo.
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Erano quasi le 6 di quel venerdì (Sara e Hanan sono morte alle successive 11.30, anche se forse Sara al termine di una lunga agonia). La fattorina ha ricevuto un messaggio su WhatsApp. Giusto le coordinate: dove ritirare la cocaina, il compenso, la destinazione. Chi le aveva inviato l'sms aveva già organizzato l'acquisto. Serviva soltanto l'addetto alla consegna.
cocaina
La ragazza ha raggiunto in bicicletta via Orwell, il punto di smercio, e ha ripreso a pedalare. Ore, chilometri. Le campagne. Sentieri, topi. La destinazione coincideva con dei binari. Si è palesato uno degli uomini, che l'ha accompagnata nello spiazzo. Quello con Sara e Hanan. Musica ad alto volume.
«Ci siamo messi a fumare la coca che avevo portato. Siamo andati avanti fino a quando Hanan si è addormentata, era molto stanca e aveva continuato a bere birra. Beveva, beveva... Siamo rimasti a fumare, fino a quando è venuto fuori il trattore... Nel casino ho perso il cellulare, ho provato a cercarlo... Mi sono girata e i maschi già non c'erano più. Scomparsi. C'eravamo io e le due amiche. Ho visto che una si è messa al telefonino, forse Sara, per chiamare i soccorsi, ho visto che parlava, e se parlava qualcuno sarebbe venuto ad aiutarle... Non ci fosse stato l'asma, forse avrei aspettato... Ma soffocavo, sarei morta, e pensavo alla mia bambina».