Nonostante la pesante repressione, in Russia non si fermano le manifestazioni di dissenso. Oggi proteste in 35 città. La sfida al Cremlino arriva anche da diverse piazze ucraine pic.twitter.com/oepYlUT7d9
— Tg3 (@Tg3web) March 13, 2022
Anna Zafesova per “La Stampa”
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«Mi ha chiamato "cagna", mi ha sbattuto la testa sul tavolo, ha iniziato a strangolarmi. Diceva qualcosa, ma non ricordo più nulla». Anastasia Kotliar è stata tra i primi manifestanti a venire fermata, a Vladivostok, quando ha deciso di fare da scudo a un amico buttato per terra dai poliziotti: «Pensavo non avrebbero picchiato una ragazza», ha raccontato alla Ong OVD-Info, che assiste i detenuti politici russi.
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Ora Anastasia è in ospedale con quella che è probabilmente una commozione cerebrale, una dei quasi 900 russi fermati al momento nella domenica di protesta contro la guerra. Il numero degli arrestati per le manifestazioni in 18 giorni di guerra ha superato le 15 mila persone, e anche ieri è valsa la regola che ormai praticamente tutti quelli che scendono in piazza vengono portati via dalla polizia.
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Più di 350 i fermi a Mosca, in piazza del Maneggio ai piedi del Cremlino, 151 arresti a Pietroburgo, forse la città più ribelle negli ultimi giorni, decine a Saratov e Nizhny Novgorod.
Scendere in piazza senza autorizzazione delle autorità in Russia è illegale, ma ora al divieto di manifestare si aggiunge il reato di «discredito dei militari russi», quella legge approvata dalla Duma che proibisce di chiamare la guerra in Ucraina «guerra», pena una multa salatissima la prima volta e un'incriminazione penale fino a 15 anni di carcere se il reato viene reiterato.
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In un clima orwelliano, a Nizhny Novgorod i poliziotti si sono scagliati contro una ragazza che teneva in mano un foglio bianco. A Mosca, un manipolo di agenti in assetto antisommossa ha buttato a terra Dmitry Reznikov, che non opponeva alcuna resistenza, tenendo semplicemente un pezzo di cartone con degli asterischi, «*** *****», che ormai tutta la Russia legge come «net voyne», no alla guerra.
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A Saratov Irina Filatova è stata arrestata per il manifestino «Nonno prendi le pasticche», correttamente interpretato dagli agenti come un insulto a Vladimir Putin. A Pietroburgo è stata arrestata di nuovo l'84enne Elena Osipova, la sopravvissuta all'assedio nazista diventata ormai un simbolo della protesta: ieri è stata portata via con il cartello «Non vogliamo andare in paradiso morendo per Putin».
Un'altra donna è stata portata via dopo aver gridato al poliziotto che «i vostri hanno ucciso mia nipote in Ucraina»: anche la notizia sulle morti dei civili è considerata «discredito» della Russia.
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Una giornata di ordinaria repressione, e l'appello di Alexey Navalny dal carcere a scendere in piazza a migliaia perché «siete voi le persone più importanti che possono fermare questa guerra» è rimasto inascoltato. La paura è troppa, e sembra che la polizia abbia ricevuto l'ordine di terrorizzare ancora di più i cittadini: ieri in piazza del Maneggio a Mosca venivano fermati anche passanti casuali, e molti manifestanti hanno denunciato violenze e minacce.
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Molti attivisti sono stati fermati preventivamente, ancora prima di raggiungere le piazze, altri sono stati arrestati per «reati» come sciarpe nei colori giallo e azzurro della bandiera ucraina, o per spillette pacifiste.
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La sproporzione tra il numero dei poliziotti - molti dei quali esibivano sugli elmetti e sulle uniformi la Z diventata simbolo dell'operazione russa in Ucraina - e il numero dei manifestanti sembra essere un messaggio ai pochi che osano ancora protestare, così come la brutalità con la quale gli agenti hanno insultato e picchiato, sotto gli occhi delle telecamere e degli altri passanti, chi aveva aderito alla protesta.
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Mentre nelle città ucraine occupate dai russi come Kherson e Melitopol ieri migliaia di persone sono tornate in piazza con le bandiere ucraine, sfidando i fucili e i carri armati degli invasori per protestare contro Putin, nelle città russe assembramenti molti più numerosi si registravano ieri sera ai McDonalds.
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Nelle ultime ore di funzionamento - la casa madre ha deciso di chiudere da oggi i quasi 870 fast food che operavano in Russia per protesta contro la guerra - decine di persone si sono messe in coda per l'ultimo hamburger, e ai McDrive si sono formate file lunghissime di automobili.
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In serata ha cominciato a spegnersi anche Instagram, bloccato dalle autorità russe come uno dei principali network della protesta - Alexey Navalny conta 3,5 milioni di follower che leggono i suoi post dalla prigione - gettando nel lutto centinaia di blogger.
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