• Dagospia

    ITALIA MELTIN’GOL – CONTE SI ATTACCA AGLI “ORIUNDI”: DOPO IL NO DI DYBALA, CONVOCA EDER E VAZQUEZ – MESCOLARSI FA BENE: LO DIMOSTRANO L’ITALIA DEL ’34, LA FRANCIA DEL ’98 E LA GERMANIA CHE HA VINTO IN BRASILE: MA I TEDESCHI DA 15 ANNI HANNO LO “IUS SOLI”


     
    Guarda la fotogallery

    Francesco Persili per “Dagospia”

     

    I GIOCATORI DELLA JUVE FESTEGGIANO ANTONIO CONTE DOPO LO SCUDETTO I GIOCATORI DELLA JUVE FESTEGGIANO ANTONIO CONTE DOPO LO SCUDETTO vazquez vazquez

    Sangue misto e identità liquida: nasce l’Italia “meltin’gol”. Le porte della nazionale si aprono – oltre che per il regista dell’Empoli Valdifiori - per gli “oriundi” Eder e Vazquez. L’attaccante brasiliano della Sampdoria possiede anche il passaporto italiano grazie a un bisnonno veneto. Il trequartista del Palermo, argentino di mamma padovana, ha sempre rivendicato con orgoglio di essere per metà italiano. I confini si confondono, le radici si moltiplicano. Il pallone rotola fra pezzi di mondo e unisce storie, vite, geografie esistenziali.

     

    ANTONIO CONTE COME GERVINHO ANTONIO CONTE COME GERVINHO

    Dalla pluriolimpionica Josefa Idem a Fiona  May, dall’ex cestista Gregor Fucka al rugbysta Martin Castrogiovanni: gli “oriundi” hanno fatto la fortuna delle nostre rappresentative nazionali.  Mescolarsi fa bene. Lo dimostrano nel calcio la Germania multietnica che ha stradominato i mondiali, il Brasile, che da sempre fa giocare bianchi e neri tutti insieme, la Francia black-blanc-beur (nera, bianca e araba) del 1998 e l’Italia che trionfò nel ’34 anche grazie alla naturalizzazione degli argentini Monti, Orsi e Guaita, «un’invenzione di Edoardo Agnelli – come scrive Mario Sconcerti nel libro “Storie delle idee del calcio” - nel momento in cui la Carta di Viareggio del ’25 aveva messo fuori gioco gli stranieri».

     

    FIONA MAY FIONA MAY

    Tra mito e leggenda si situa la storia del primo oriundo, lo svizzero di Milano, Ermanno Aebi, che divenne italiano grazie alla madre e dopo aver prestato servizio militare durante la Grande Guerra. Le migrazioni verso il Sudamerica ci consegnarono fuoriclasse immortali. Dall’Argentina vennero alcuni tra i migliori ragazzi di Pozzo: ”Mumo” Orsi, uno degli eroi immortali di casa Juve, il roccioso Luisito Monti, che giocò due finali mondiali con due diverse maglie (Argentina e Italia) e Guaita, il Corsaro nero della Roma, decisivo nella semifinale mondiale del ’34 contro l’Austria.

     

    Dalla fine del mondo vennero anche Renato Cesarini, che suonava il bandoneón e segnava sempre allo scadere (da qui la definizione di “zona Cesarini”) e Julio Libonatti, che beffò l’insuperabile portiere spagnolo Zamora ma fu escluso dai Giochi del ‘28. Sono molti gli atleti sudamericani che hanno indossato la maglia azzurra dopo aver prestato servizio in altre nazionali.

     

    sivori omar sivori omar

    Nel secondo dopoguerra fu il turno dei campioni del mondo uruguagi, Juan Alberto Schiaffino e Alcide Ghiggia, finta malandrina e sguardo languido, che fece piangere il Brasile nel 1950 e molte ragazze romane. Ma in quella fase la scelta di contaminare la Nazionale con gli oriundi si rivelò inefficace tanto che l’Italia venne eliminata nella fase di qualificazione ai mondiali di Svezia del ’58. Il titolo lo vinse il Brasile. Nella verdeoro c’era anche Josè Altafini, che poi sceglierà l’Italia, come pure l’argentino Omar Sivori: campioni nei club e deludenti in Nazionale.

     

    CAMORANESI CAMORANESI

    Mutazioni continue. Quarantacinque anni dopo Sivori toccò all’argentino Mauro German Camoranesi diventare italiano grazie a un nonno marchigiano. Il centrocampista della Juventus in maglia azzurra ha vinto un campionato del mondo ma l’inno non l’ha mai cantato: «Mi sento molto argentino e in parte italiano». Il gol allarga i confini. Per un Giuseppe Rossi, figlio di italiani, che parte dal New Jersey, si afferma nel Manchester United, riparte per la Spagna e, infine, torna in Italia ci sono i “nuovi italiani” Balotelli, Okaka e Ogbonna: nati nel nostro Paese da genitori stranieri.

    rihanna con klose rihanna con klose

     

    Non oriundi ma italiani di seconda generazione che devono aspettare i 18 anni per diventare italiani ed essere eleggibili per la nazionale. Una differenza non da poco con la Germania neo campione del mondo, che ha cambiato le regole sulla cittadinanza 15 anni fa: dal gennaio del 2000 tutti i nati in Germania da genitori stranieri sono tedeschi. Questa apertura ha contribuito a fornire alla Nazionale maggiore sei giocatori di “nuova generazione” (Khedira, Klose e Podolski, Ozil, Boateng e Mustafi) e molti giovani ghanesi, nigeriani, tunisini: tedeschi, a tutti gli effetti tedeschi.

     

    ozil heahreh ozil heahreh

    In attesa dello ius soli sportivo all’Italia non restano che gli stranieri del nostro campionato. Per un Dybala che dice no a Conte perché sogna l’Argentina restano sul taccuino del ct i nomi del francese De Maio, dell’uruguaiano Vecino e dei brasiliani Romulo, Jorginho e Danilo. Senza dimenticare Paletta, Thiago Motta, Osvaldo. Di questi tempi ci si attacca a tutto. Anche all’oriundo. 

     

     

    Guarda la fotogallery


    ultimi Dagoreport