DONNA ALLO SPECCHIO
Stefano Zecchi per “www.ilgiornale.it”
Siamo un popolo di vanitosi. Anzi, a dar retta a un'indagine statistica di GFK, siamo i più vanitosi al mondo, seguiti dagli argentini e dagli americani: una classifica stabilita in base al tempo passato a curare il proprio aspetto: 5,6 ore a settimana. Ultimi in graduatoria sono i cinesi.
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La vanità, insieme all'invidia, è il motore che muove il mondo: la vanità alimenta il desiderio di fare cose importanti per essere ammirati, stimati, per guadagnare più denaro. L'invidia, parente non lontana della vanità, mette le capacità delle persone e gli obbiettivi raggiunti a confronto con quelli di altre, manifestando la ferma volontà di emularle e superarle.
La vanità che sprona all'azione per raggiungere importanti traguardi è la stessa che porta la stragrande maggioranza degli italiani davanti allo specchio? No, sono vanità diverse, ed è probabile che proprio questa differenza comporti anche un giudizio negativo verso quella che appare, per i suoi obbiettivi da perseguire, effimera e superficiale.
SPECCHIO
Viene allora da dire: invece di passare cinque, sei ore alla settimana davanti allo specchio per farsi belli, come si legge nel rapporto GFK, non sarebbe meglio dedicare almeno una parte di tutto quel tempo per qualcosa di un po' più importante?
Abbasserei i toni moralisti e vorrei vedere un po' di positività in quel tipo di vanità apparentemente effimera, per esempio sottolineando che il suo contrario non è la modestia o l'umiltà, ma la trasandatezza.
Siamo il popolo che custodisce il numero più grande di bellezze al mondo, siamo i primi nella moda, nel design e ora, pare, anche nella forma bella di rappresentazione del cibo, oltre alla sua indiscutibile qualità. Come si può tradire questo mondo di bellezza che ci circonda?
Un popolo individualista come il nostro non intende tradire personalmente tale immensa qualità estetica. Non stupisce, allora, vedere le donne in prima fila a truccarsi, spesso a rifarsi, a vestirsi, e non temo smentite sul fatto che una loro élite sia tra le più curate ed eleganti al mondo. Bellezza delle cose, bellezza delle persone.
luigi ontani, vanita, 1997
La fonte riporta anche le motivazioni per cui ci si ferma per così tanto tempo allo specchio. Quella che va per la maggiore è: «Sentirsi bene con se stessi», prevalentemente sostenuta dalle donne. Grande ipocrisia. Si pensa, dicendo così, di nascondere moralisticamente la propria vanità e quel carattere seduttivo che appartiene all'esibizione della bellezza. Si vive in una relazione costante con gli altri, il piacere di sentirsi bella diventa una chiara ed esplicita forma di seduzione nei confronti delle persone in ammirazione.
Un'altra spiegazione data per giustificare le ore trascorse davanti allo specchio, è di suprema ipocrisia, e riguarda ben il 30% degli intervistati: «Dare il proprio esempio ai propri figli».
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Poveri figli di quel 30%. Loro devono imparare che non basta andare a scuola pettinati e lavati: ci vorrà qualcosa di più, la sobrietà non è sufficiente. Quel «qualcosa in più» fa comprendere che il problema diventa quale bellezza si desideri per sé e, a questo punto, anche per i figli. Il problema si risolve se c'è educazione estetica a cui fare riferimento per non sprecare ore e ore davanti allo specchio.
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Sapersi guardare è un'arte; capire i propri limiti è un esercizio intellettuale molto difficile; comprendere come oltrepassarli richiede che la vanità sia messa tra parentesi per far prevalere un po' di umiltà. La scorciatoia sono le riviste di moda, la pubblicità, i suggerimenti delle amiche: spesso da qui arrivano indicazioni disastrose.
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Si ha timore di decidere per se stesse, si ha paura della propria unicità, e allora ci si omologa alla propaganda. In questi casi la cosa migliore sarebbe rompere tutti gli specchi di casa, alla faccia della superstizione, e mandare i propri figli a scuola in pigiama. La vanità è rischiosa, se poi è associata al desiderio di bellezza e non si possiede un'adeguata educazione estetica, la vanità distrugge.
specchio 3 ITALIANI VANITOSI