1. UNA NOTTE IN ITALIA
2. LA MIA BANDA SUONA IL ROCK
Andrea Laffranchi per il Corriere della Sera
FOSSATI
Il cantautore Ivano Fossati non c' è più. Nel 2011 ha annunciato il ritiro dalla musica. E non ci ha ripensato. Esiste ancora l' autore, che continua a fare canzoni per altri. C' è anche lo scrittore che nel 2014 ha pubblicato un romanzo. C' è il professore che da quest' anno insegna «Linguaggi, figure professionali e meccanismi produttivi della canzone» all' università di Genova.
C' è infine il signor Fossati che da 5 anni si gode la vita. «In pochi mesi ho cambiato orizzonti e abitudini. Sono uscito dalla ruota del criceto dello scrivere, fare il disco, le interviste, il tour…», dice alla vigilia dell' uscita di «Contemporaneo» , cofanetto (in 4 cd o in 10 con anche un volume illustrato) che raccoglie 40 anni di carriera impreziositi da inediti e rarità.
Chiamare «Contemporaneo» una raccolta di brani del passato non è autocelebrativo?
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«Anzitutto è il titolo di una delle mie canzoni più riuscite ma meno conosciute. E poi ho capito che i temi trattati e i modi musicali che ho usato sono contemporanei».
Che ha fatto dall' addio?
«Ho riassaporato la libertà. Ho vissuto in Francia. Ho viaggiato molto assieme a mia moglie riuscendo finalmente a guardarmi attorno. Avevo girato il mondo senza vedere niente. Ora non ho più l' obbligo di pensare se e come raccontare in una canzone quello che vivo. Poi delle canzoni sono nate, comunque come quelle per Tosca, Fiorella Mannoia e Noemi che ho anche recuperato e messo in questa raccolta».
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La sua carriera di autore e produttore è legata alle donne: la prima fu Mina, poi Mia Martini, Loredana Bertè, Fiorella Mannoia… Perché?
«Ho sempre parlato tanto con le donne, la compagnia maschile mi annoiava».
Ripercorrendo le sue tappe professionali ha trovato buchi che le fanno venire rimpianti?
«Ci sono cose non fatte che mi appassionerebbe fare, ma sono talmente innamorato della vita di adesso che non ho proprio voglia di tornare. Ho scelto il momento giusto. Oggi ho anche una nuova visione del mio passato: ci vedo passione e meno cose da dimenticare».
Dopo anni ha fatto pace con «La mia banda suona il rock» che non voleva suonare dal vivo?
«Sì. L' ironia non è una moneta corrente in Italia. Se passi da cose leggere a proposte più ponderose non vieni capito dalla gente. Anche se il mio pubblico era allenato».
Cosa ricorda di «La costruzione di un amore»?
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«Abitavo in centro a Genova e avevo un pianoforte. Sui martelletti avevo aggiunto delle puntine per poter fare più casino. Aveva un suono da saloon che curiosamente è così lontano da quella canzone».
Fossati e l' impegno. In «Una notte in Italia» ('86) parlava di «tempo sbandato» ma anche di un futuro che veniva a «darci fiato». Vent' anni dopo in «Cara democrazia» cantava di giorni «duri» e «bugiardi»…
«Le canzoni si scrivono con gli occhi, osservando il momento in cui stai vivendo."Una notte in Italia" era positiva e rifletteva quel momento."Cara democrazia" accusava il dolore dell' era berlusconiana. Adesso osservo senza pensare di scrivere».
E se prendesse la penna in mano?
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«Farei fatica a mettere assieme qualcosa con la sintesi di una canzone. Più che deluso sono confuso. Il referendum non mi sembra prioritario e penso piuttosto a chi deve aspettare mesi per un' analisi in ospedale».
I cantautori di oggi usano gli occhi per guardare il proprio ombelico… paura di esporsi?
«L' artista non dovrebbe avere paura. Sarebbe peggio se fosse disinteresse. Negli ultimi tempi siamo passati dalla leggerezza legata al concetto di edonismo al disinteresse e alla sciatteria. Mancano le voci autorevoli».
Neanche il rap si salva?
«Mi immaginerei che fossero loro, più che i cantautori, a dire qualcosa, ma sono ancora qui che aspetto. Soffro della mancanza di idee. Stando vicino ai ragazzi capisco, mentre un volta ci soffrivo, la loro esterofilia musicale».
Ultimo ricordo del Fossati cantautore?
«Ero con mia moglie nel viaggio di ritorno verso Genova dopo l' ultimo concerto (marzo 2012, Piccolo di Milano, ndr ): avevo la sensazione di aver concluso bene, sembrava che la macchina volasse».
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