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    “SUL SET DI SAPORE DI MARE VIRNA LISI MI RIEMPI’ DI SCHIAFFI. MI DISSE: NON LI SO DA' FINTI,  E PAM! SONO ANDATO VIA CON IL FACCIONE ROSSO” - JERRY CALA’ FA 70 E SI RACCONTA: "I RIPETUTI TRADIMENTI A MARA VENIER? MA BASTA. ERO UN RAGAZZO IN PREDA A UN IMPROVVISO SUCCESSO. SE HO FATTO QUALCHE MARACHELLA MI GIUSTIFICO” - I TORMENTONI, IL FILM DI CUI VA PIU’ ORGOGLIOSO E QUEGLI SGUARDI CON MARINA SUMA – LA SERATA ALL'ARENA DI VERONA - VIDEO


     
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    Barbara Visentin per il "Corriere della Sera"

     

    Non è estate senza Sapore di mare in televisione. Senza Luca che guarda Marina andarsene sulle note di quella Celeste nostalgia con cui si ripensa a tutti gli amori di gioventù.

     

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    «Gli sguardi finali tra me e Marina Suma hanno lasciato proprio un'emozione», rievoca Luca, ovvero Jerry Calà. Ma oltre rivivere la mitica commedia di Carlo Vanzina del 1983, Jerry ha molto altro per cui emozionarsi. Il 28 giugno ha compiuto 70 anni e quest' anno ne celebra 50 di carriera.

     

    Una doppia cifra tonda che Calogero Alessandro Augusto Calà, questo il nome per esteso di uno dei protagonisti della commedia italiana, ha festeggiato ieri all'Arena di Verona. Com' è esibirsi in un tempio come l'Arena?

    «Per me che sono cresciuto a Verona e ci sono tornato a vivere è meraviglioso. Ricordo che da ragazzino andavo ad aspettare i cantanti fuori dall'Arena dopo il Cantagiro e ora alcuni di loro, come Maurizio Vandelli e Shel Shapiro, sono tra i miei più cari amici e sono stati ospiti della serata. È stato il coronamento di un sogno fanciullesco».

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    Ha avuto ospite anche Mara Venier, sua ex moglie.

    «È la mia più grande amica. Con l'affetto che resta dopo l'amore e con l'intelligenza, si diventa amici. Per noi è stato naturale. Alcune persone rimangono nel cuore e il rapporto si trasforma in qualcos' altro di ugualmente bello e pieno di complicità».

     

    Che cosa le piace di Mara?

    «Amo la sua schiettezza, il suo essere sempre di pancia, empatica e pronta a commuoversi, ma anche a gioire spontaneamente. È una delle persone più vere che conosco».

     

    Si è parlato molto di quanto l'ha tradita...

     «Ma basta con queste cose, ormai è diventata una leggenda! Ogni età ha i suoi problemi e a quei tempi non avevo neanche 30 anni, che per un uomo vuol dire essere un ragazzino. E poi ero in preda a un improvviso successo. Se ho fatto qualche marachella mi giustifico».

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    All'Arena c'è stata anche la reunion dei «Gatti di Vicolo Miracoli», il suo gruppo degli esordi con Umberto Smaila, Franco Oppini, Nini Salerno... Come avete iniziato?

    «Sono stati i miei primi compagni di viaggio e ritrovarsi a cantare "Verona Beat" proprio nella città dove ci siamo formati è stato il massimo. Frequentavamo lo stesso liceo classico, il Maffei, avevamo la fortuna di avere un teatrino a scuola e un paio di volte l'anno facevamo spettacoli di satira o di musica. Da lì, finito il liceo, provammo a fare un anno di università ma nessuno di noi ci si trovava...».

     

    Che liceale era Jerry Calà?

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    «Ero uno studente alterno. Andavo bene in alcune materie e in altre no, ma andavo bene in quelle giuste per il classico, come latino e greco, tanto che inizialmente mi ero iscritto a Lettere antiche a Bologna. Ma non mi sono trovato a mio agio con la vita universitaria».

     

    Viene da immaginarla un po' vivace in classe...

    «Non ero il cruccio dei professori, ma diciamo che sin da allora cercavo di fare ridere i miei compagni. Per una risata prendevo anche un brutto voto, era il mio obiettivo principale per cui sacrificavo anche il rendimento».

     

    E oggi alcuni suoi intercalari, da «Capito?!» a «Libidine!» sono entrati nell'uso comune. Come ci sono rimasti così attaccati?

    «Ma che ne so?! (ride, ndr ) È un gift forse, un dono. So solo che sin dai primi anni con i Gatti vedevo che se storpiavo alcune parole alla mia maniera poi la gente le ripeteva per strada. Non so come sia possibile, forse perché mi ispiravo un po' ai tic delle persone o alle pubblicità. Mi inventavo quelli che oggi si chiamerebbero dei "tormentoni" e vedo che ancora adesso i ragazzi vi si affezionano. Scoprono i miei film di quando non erano ancora nati e poi vengono ai miei spettacoli e sanno a memoria le battute. Incredibilmente ho tanti giovani che mi seguono».

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    Come se lo spiega?

    «Forse perché i miei film fotografano un periodo che appare più divertente e pieno di entusiasmo rispetto a oggi. Sanno anche le colonne sonore, canzoni di 40 anni fa. È uno strano fenomeno sociale, sarebbe da studiare. Vanno a ballare elettronica, ma se vogliono divertirsi con la cantata in gruppo ricorrono alle canzoni di Battisti o dei Nomadi».

     

    La comicità di oggi come le sembra?

    «Gli schemi più o meno sono gli stessi. Forse è cambiata la formazione dei comici: la nostra generazione prima di approdare alla tv faceva un sacco di sperimentazioni live, faceva gavetta nei teatrini e nei cabaret. Oggi accade un po' il contrario: la tv crea dei comici che poi a seconda del successo diventano più o meno popolari e vanno in giro».

     

    Ci sono comici che le piacciono?

    «Mi fanno molto ridere le commedie di Ficarra e Picone, li trovo molto divertenti anche al cinema. Ma i registi di commedie non ci mancano, ne abbiamo di bravissimi come Paolo Virzì o Paolo Genovese».

     

    E intanto una commedia degli anni 80 come «Sapore di mare» rimane un cult...

    «Quando faccio spettacoli in teatro chiedo sempre se qualcuno l'ha visto e parte un boato. Chiedo "quante volte l'avete visto?". E c'è chi risponde 20 o 30, al che gli dico "ellamadonna ma ti senti bene?"».

     

    Che ricordi ha di quel set?

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    «Ne ho di bellissimi. Ho preso gli schiaffi più belli della mia vita da una dea del cinema italiano che si chiama Virna Lisi. Mi disse "non li so da' finti, scusami" e pam! Sono andato via con il faccione rosso».

     

    E poi c'è la scena finale, effetto nostalgia garantito...

    «Non voglio fare il presuntuoso, ma in quegli sguardi c'è qualcosa, un momento di quelli che lasciano il segno. Quando l'abbiamo girata il direttore della fotografia mi disse "hai fatto una cosa molto bella". E so che anche su YouTube è una delle scene più cliccate».

     

    Qual è il film di cui va più orgoglioso?

    «Un film che non ha avuto grande successo, ma mi ha fruttato il premio della critica a Berlino, Diario di un vizio del grande Marco Ferreri, il mio ruolo drammatico. Ne vado orgoglioso non solo perché mi ha riscattato un po' da come mi avevano trattato fino ad allora, ma anche perché è legato alla mia amicizia vera con Marco, persona semplice e buona nella sua genialità che mi trattava come un figlio e mi ha insegnato ad amare ancora di più il cinema. Peccato se ne sia andato troppo presto, avevamo altri progetti».

     

    Pensa di essere stato preso troppo alla leggera dalla critica?

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    «Sì, ma si sa, nelle commedie sono molto avari di complimenti, anzi ci danno dentro al contrario. A Berlino fu divertente perché mi aspettarono e a sorpresa sentii un grande applauso. Vidi le facce del gotha della critica e mi dissero "abbiamo capito che sei un attore vero e ti chiediamo anche un po' scusa per come ti abbiamo criticato nella commedia". Ma poi tornai a fare la commedia e loro ripresero a criticarmi come prima. È parte del gioco, in Italia il comico è sempre sottovalutato. In America se dici "I am a comedian" si tolgono il cappello. Ma devo dire che qualcosa forse ora sta cambiando».

     

    Lei intanto continua a portare in giro i suoi show.

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    «Sono in tournée anche quest' estate visto che un po' hanno riaperto. E speriamo che la riapertura duri».

     

    È favorevole a riaprire tutto?

    «Credo che si debba riaprire, ma con grande cautela e controllo, come non è stato l'anno scorso. Se si riapre bisogna mandare anche qualcuno a controllare, non si può affidare solo ai proprietari dei locali la gestione del pubblico. I gestori fanno quello che possono, ma l'anno scorso sono stati abbandonati ed è difficile trattenere tanta gente».

     

    Quest' anno ci sono i vaccini.

    «Speriamo se ne veda l'effetto, che non ci sia una recrudescenza e non ci siano più morti. Io sono cautissimo, anche esagerato: nei mesi scorsi sono stato chiuso, ho fatto entrambe le dosi, ho il green pass. Sono molto ligio».

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    Un ricordo dei suoi mitici anni Ottanta?

    «Sono stati "fabulous" per me, gli anni in cui mi sono successe le cose più belle. Ma è stato soprattutto un periodo dove ho sentito grande entusiasmo e voglia di fare. Quella voglia di sperimentare e di affrancarsi dalla famiglia che avevano i giovani che ho fotografato nel film Vado a vivere da solo».

     

    Cosa direbbe al Jerry di 50 anni fa?

    «Gli direi "vai così che vai bene". Non credo nella retroattività del pensiero. La vita va come deve andare, a volte ci sono delle sliding doors, ne scegli una e via».

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    E come si sente a 70 anni?

    «Fisicamente molto bene. Ma anche moralmente, sono ancora entusiasta e ho voglia di andare in giro. Però se mi volto indietro e riavvolgo un po' la pellicola della mia vita e della mia carriera, li sento tutti questi 70 anni: ho vissuto molto e lavorato molto».

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