Luca Bottura per la Stampa
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Non ho mai creduto alla narrazione favolistica della vicenda Mihajlovic. Non ci ho mai creduto perché: 1) Si aggrappava alla retorica delle malattie gravi, quella della battaglia, come se chi soccombe non avesse combattuto abbastanza. 2) Sapevo che al momento giusto, o sbagliatissimo, sarebbe finita in soffitta.
Trovai abbastanza insulso il conferimento all'(ex) allenatore rossoblù del Nettuno D'Oro, onorificenza che il Comune riserva ai suoi cittadini preclari. Salvare il Bologna, quel Bologna derelitto, dalla retrocessione, equivale per chi scrive alla scoperta della cura per il Covid. Ma per fortuna non faccio il sindaco. Inoltre, il tecnico serbo non mi è mai stato simpatico. Per le propensioni amicali mai rinnegate verso eljko Ranatovi, il Comandante Arkan, criminale di guerra jugoslavo.
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Per la boria, ancorché talvolta venata da un'ironia non comune, con la quale ha sempre trattato i cronisti. E quasi chiunque altro. Per la campagna elettorale fatta a Mattro Salvini, un annetto e mezzo orsono, allo scopo di cambiare guida alla Regione la cui Sanità gli aveva salvato la vita.
Infine, la squadra per cui tifo sgangheratamente stava giocando malissimo e rischia per davvero la B. Anche per questo, soprattutto per questo, ciò che ha fatto il Bologna Fc 1909 mi sembra un atto di rara spiacevolezza. Per tempi, modi, conseguenze.
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I tempi: Mihajlovic fu mantenuto al Bologna a furor di popolo, locale ed "straniero", quando la leucemia pareva sconfitta e ognuno cercava un posto nella fiaba. A favore di camera. In prima serata. Cacciarlo dopo la ricaduta, pesantissima, significa che quella sbandierata solidarietà era molto più facile di quanto non venisse raccontato. Quindi piuttosto ipocrita. I modi: Mihajlovic ha rifiutato una separazione consensuale. Dimostrando ancora una volta una dignità scintillante.
L'ha fatto perché chi gliela proponeva, Marco Di Vaio in primis, l'aveva da tempo scaricato. Serviva un capro espiatorio da consegnare al patron Joey Saputo, il miliardario canadese che in 8 anni molto ha speso e poco raccolto: mai una Joey, lo chiamano. Il ds, che Saputo portò, ha scelto il più prostrato. Le conseguenze: pratiche, poche. Se Thiago Motta o chi per lui vincerà due partite, tutto andrà in cavalleria. Anche i tifosi avevano mollato il serbo.
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Ma La nostalgia è sempre una cattiva consigliera perché, come ammoniva il poeta De Gregori, tramuta in curve gli spigoli della memoria. Ciononostante, non riesco a non pensare che Bologna, la Bologna di qualche tempo fa, l'autoproclamata Isola Felice, l'epicentro di una diversità abbastanza reale, avrebbe premuto per proteggere il debole, ancorché poco simpatico. Avrebbe cercato, dacché quelli sportivi ormai viaggiano ad altre altezze, un primato di umanità. Invece ieri è definitivamente scomparsa, insieme alla panchina di Mihajlovic (che probabilmente la schifa pure, questa solidarietà a posteriori) una certa idea di città. E di pallone. Buonista, forse. Ma meno pilatesca di questa brutta. Buonvento, Sinisa.
2. IL RISPETTO PER MIHAJLOVIC
Massimo Gramellini per www.corriere.it
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I dirigenti del Bologna licenziano in tronco l’allenatore Sinisa Mihajlovic perché ha raccolto la miseria di tre punti in cinque partite e la prima reazione, figlia di questi tempi ipersensibili, è: guarda come ci siamo ridotti, non portano più rispetto nemmeno a un malato.
Mihajlovic combatte da anni contro la leucemia e il Bologna finora gli era sempre stato vicino, per cui l’esonero diventa una pugnalata alle spalle, una scelta cinica che espelle definitivamente la poesia da uno sport dominato dai freddi numeri degli ingaggi e dei risultati.
Però la si può raccontare anche in un altro modo. Mihajlovic non ha mai praticato il vittimismo né sopportato il pietismo. (Come politico avrebbe scarso successo).
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Dal giorno in cui si è ammalato, ha chiesto di essere giudicato in base al suo lavoro e non al suo stato di salute. Ora, è un dato di fatto che il suo lavoro stesse andando piuttosto male. Sicuramente non sarà dipeso solo da lui, ma nel calcio l’allenatore è il primo a pagare, non foss’altro perché è più economico sostituire il tecnico che la squadra intera.
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Si potrà non essere d’accordo con questo andazzo, ma qui non stiamo mettendo sotto processo i riti del calcio. Stiamo discutendo se Mihajlovic dovesse essere trattato diversamente da chiunque altro, in quanto colpito da leucemia. A un uomo con il suo carattere non si manca di rispetto mandandolo via nonostante sia malato, ma rinunciando a mandarlo via soltanto perché è malato
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