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    "IL PROBLEMA DEL CINEMA NON È IL POLITICALLY CORRECT. MA IL GLI STUDIOS CHE NON SONO PIÙ DISPOSTI A RISCHIARE" - JOHN LANDIS, IL LEGGENDARIO REGISTA DI FILM COME "I BLUES BROTHERS", "ANIMAL HOUSE" E "UNA POLTRONA PER DUE" - "ORMAI HOLLYWOOD E' DIVENTATA COME UNA BANCA. SI PUNTA SOLTANTO AD UN PRODOTTO ESTREMAMENTE SICURO DAL PUNTO DI VISTA DEGLI INCASSI" - "SE PERFINO UNA PIATTAFORMA COME NETFLIX HA AVUTO DIFFICOLTÀ NEGLI ULTIMI MESI, VUOL DIRE CHE C'È QUALCOSA CHE NON VA NEL SISTEMA DEI FINANZIAMENTI..."


     
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    1. JOHN LANDIS: "GLI STUDIOS SONO DIVENTATI COME DELLE BANCHE"

    Laura Rio per “il Giornale”

    john landis john landis

     

    Per la milionesima volta John Landis assiste alla proiezione del suo capolavoro. Non può esserci lui se non ci sono i Blues Brothers. Stavolta l'occasione è il Magna Graecia Film Festival, che si è chiuso ieri sera al porto di Catanzaro Lido. Per il regista di alcune tra le pellicole più celebri della storia del cinema è stata l'occasione per conoscere la Calabria dove non era mai stato. Da presidente della giuria ha premiato come miglior film internazionale Princess of the row di Van Maximilian Carlson, menzione speciale all'attrice Seidi Haarla, protagonista di Scompartimento N.6 di Juho Kuosmanen.

     

    john landis blues brothers john landis blues brothers

    Mister Landis, non è ancora stanco che sotto il suo nome compaia la scritta «il regista di Blues Brothers»?

    «No. Dipende dalla prospettiva. Io mi sento molto fortunato del fatto che i miei film continuino ad essere apprezzati dopo così tanti anni. E poi la gente continua a vedere anche Animal House, Una poltrona per due e gli altri che ho girato».

     

    Se fosse costretto a scegliere uno dei suoi film da lasciare nei libri di cinema quale sarebbe?

    «È impossibile fare una classifica dei miei film. Sono tutti come dei figli. Sulla base di quali elementi si può decidere che uno è migliore dell'altro? Come si fa a dire se un film di Hitchcock è più bello di uno di Fellini?».

     

    È John Landis che ha creato John Belushi o viceversa?

    john landis animal house john landis animal house

    «Nessuno dei due. Belushi e Dan Aykroyd avevano già ideato i personaggi di Jake ed Elwood. Il nucleo del film era già stato portato in giro da loro nei club di Toronto, Chicago e New York. E poi io conoscevo bene John perché avevo già girato con lui Animal House. Ricordo che Dan era talmente devoto al messaggio di questo film che la battuta siamo in missione per conto di Dio l'ho inserita per prendere in giro questo suo trasporto».

     

    john landis blues brothers john landis blues brothers

    E avevano già ideato il mitico look dark.

    «Sì, con quei cappelli, quegli occhiali e le cravatte. Ma quando girammo il film, quello stile non era sufficiente, dovevano creare un nuovo look, così con mia moglie Deborah (Nadoolman) che ha realizzato i costumi, decidemmo che avrebbero indossato i Ray-Ban Wayfarer. Lei andò in giro per i negozi a scovarli perché erano fuori produzione e sul set ne avevano dieci paia per John (che li perdeva sempre) e dieci per Dan».

     

    L'ultimo suo film, «Ladri di cadavere», risale a dodici anni fa. Perché non ne ha più girati?

    «Perché in questi anni non ho mai trovato un progetto che fosse veramente interessante. I film che piace fare a me non piacciono agli Studios americani e quelli che loro vogliono realizzare li trovo orribili. Ormai si fanno solo pellicole sui supereroi o saghe da branding. E visto che fare un film richiede un impegno di almeno un anno non sono disposto a lavorare a qualcosa che non mi interessa veramente. Anche perché il successo mi consente di non dover lavorare per forza».

     

    JOHN LANDIS JOHN LANDIS

    Pensa che oggi film come i suoi non possano essere più proposti anche perché a Hollywood vige il politicamente corretto?

    «Il problema non è questo. Ma il fatto che gli Studios o quello che ne resta non sono più disposti a rischiare, ormai sono diventati banche e case di distribuzione. E puntano soltanto ad un prodotto estremamente sicuro dal punto di vista degli incassi. La pandemia ha aggravato la situazione perché la chiusura dei cinema ha colpito un settore già in crisi».

    JOHN LANDIS E MICHAEL JACKSON JOHN LANDIS E MICHAEL JACKSON

     

    Ma lei dovrebbe aiutare il cinema sfornando un altro dei suoi capolavori.

    «Bisognerebbe dirlo a loro».

     

    È vero che ha in mente di fare il sequel di «Un lupo mannaro americano a Londra»?

    «Se ne è parlato, ma vedremo. Una cosa non è reale finché non si concretizza».

     

    E ci potrà mai essere una serie tv sui Blues Brothers?

    «Assolutamente no».

     

    Lei ha lavorato con due grandi artisti. Qual è stata la differenza nei suoi rapporti con Belushi e Michael Jackson?

    JOHN LANDIS E MICHAEL JACKSON JOHN LANDIS E MICHAEL JACKSON

    «Sono persone molto diverse tra loro. Ho amato enormemente entrambe. John è diventato dipendente dalla droga che poi lo ha ucciso, cosa per cui sono ancora molto arrabbiato. Era un attore dalla formazione classica e sarebbe stato in grado di fare qualsiasi cosa. Jackson era una persona cara ma piena di stranezze. Era doloroso vedere le sue automutilazioni».

     

    Cosa si ricorda di quando girò il video di «Thriller»?

    «Mi chiese all'improvviso di farne la regia. Ma io non volevo realizzare un video rock ed è per questo che gli proposi di fare un cortometraggio, tanto è vero che dura quindici minuti. Fu molto semplice lavorare con lui dal momento che faceva tutto ciò che gli chiedevo senza batter ciglio. Incredibile».

     

    2. JOHN LANDIS "NELLA CRISI DEL CINEMA IO VEDO LA LUCE"

    Estratto dell'articolo di Fulvia Caprara per “la Stampa”

     

    john landis john landis

    Diventare regista di culto e continuare a comportarsi come se non avesse alcun merito, come se film venerati, che hanno segnato intere generazioni e che ancora adesso non mostrano segni del tempo, fossero frutto di felici casualità, del talento degli attori, del momento storico in cui sono stati concepiti. Dire che John Landis, il regista di The Blues Brothers, Un lupo mannaro americano a Londra, Una poltrona per due, è una persona semplice, priva di qualunque accenno di presunzione, non rende bene l'idea.

     

    Quale consiglio darebbe ai ragazzi che vogliono diventare registi?

    «A differenza di altri mestieri, il medico, il dentista, l'idraulico, questo non è un lavoro che si può imparare andando a scuola e poi facendo apprendistato. Per diventare registi c'è bisogno di qualcuno che tiri fuori i soldi per realizzare un film. La novità positiva di questi ultimi 10 anni è che si può girare in tanti modi, fare film con il computer e il telefonino, tutti possono provarci».

    john landis blues brothers john landis blues brothers

     

    Per il cinema, con la crisi delle sale, non è un momento facile. Come andrà a finire?

    «Non credo che il cinema abbia problemi, penso che ad averli sia il mondo degli affari, il business che gli ruota intorno. In giro ci sono un sacco di buoni film e di registi talentuosi, ma il mercato attraversa una fase caotica e, se perfino una piattaforma come Netflix ha avuto difficoltà negli ultimi mesi, vuol dire che c'è qualcosa che non va nel sistema dei finanziamenti». […]

     

    Che cosa le piace ricordare di The Blues Brothers?

    john landis john landis

    «Fu un successo inatteso, dovuto in grandissima parte alla musica. In quel periodo andava di moda soprattutto la disco, gli Abba e i Bee Gees, furono John Belushi e Dan Aykroyd, all'epoca grandi star, a voler concentrare l'attenzione sul rythm and blues che adoravano, era la musica di artisti straordinari come Ray Charles e Aretha Franklyn. Fu una scelta inusuale, abbiamo fatto un film folle, ma la colonna sonora è fantastica, e poi qualcosa deve aver catturato l'immaginazione del pubblico».

     

    RAY CHARLES E I BLUES BROTHERS RAY CHARLES E I BLUES BROTHERS

    È l'era del "politically correct", anche a Hollywood. L'Academy ha stilato un decalogo di norme per i film aspiranti agli Oscar. In un clima così avrebbe avuto difficoltà a girare alcuni dei suoi titoli?

     «In realtà nei miei film non c'è niente che non risponda alle regole del "politically correct", qualcuno avrebbe da ridire su questo, ma sarebbe una polemica stupida. Penso a Animal House, ambientato nel '62, che quindi ne riflette il clima sociale nei confronti della liberazione sessuale, scherzi e situazioni si riferiscono a quel periodo, sarebbero del tutto fuori luogo in un altro momento. Godard diceva che tutti i film sono politici, la verità è che tutto è politica e che i film hanno una certa autonomia, possono contenere messaggi che qualcuno coglie e altri no. Quanto alle regole, in Usa il razzismo non è finito e i film devono riflettere la realtà». […]

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