Alberto Mattioli per “la Stampa”
JONAS KAUFMANN
Le parole sono pesanti sia per quello che dicono sia per chi le ha dette. «So che c' è un tasso abbastanza alto di suicidi nella nostra famiglia di musicisti, perché essi non vedono un futuro. È veramente terribile». Così parlò Jonas Kaufmann, il più celebre tenore del mondo, giovedì a Madrid, spiegando che fra i musicisti ci sono delle «anime vulnerabili» che in questi tempi di Covid «non vedono altra uscita, il che è davvero triste».
Kaufmann sa di appartenere alla quella minoranza di artisti, «due dozzine in tutto il mondo», che «sono in una posizione privilegiata» e continuano bene o male a lavorare. Anzi, male: perché superJonas ha raccontato anche l' effetto straniante di cantare per lo streaming in sale vuote. «È davvero imbarazzante. Il pubblico ha bisogno di noi e noi abbiamo bisogno del pubblico, oggi più che mai».
JONAS KAUFMANN
Ma davvero il Covid, fra difficoltà economiche e impossibilità di esprimersi, ha fatto aumentare i suicidi fra i musicisti? Statistiche, ovviamente, non ce ne sono. Kaufmann parlava, ovviamente, su scala globale. Ma in Italia le cronache hanno registrato dei casi di suicidio fra gli artisti. Per esempio, quello del batterista di un gruppo pop di 47 anni che si è impiccato in provincia di Viterbo: non era malato ma non reggeva la solitudine forzata di questi giorni. Idem una musicista, questa volta classica, stessa età, che si è buttata da una finestra a Milano.
Dall' estero, una notizia sconvolgente passata inosservata è stata diffusa a fine settembre dall' Unione dei musicisti e performer turchi (un milione in tutto il Paese), secondo la quale circa cento musicisti si sono uccisi da marzo, dopo l' introduzione delle misure antipandemia. Vero anche che, come ha dichiarato Hasan Aldemir dell' Unione ad Arab News, il governo turco nulla ha fatto per aiutare chi era rimasto senza lavoro. Altre notizie terribili arrivano dal Giappone, dove fra chi non ha retto alla situazione ci sono stati anche attori, musicisti e performer noti.
JONAS KAUFMANN
«L' appello di Kaufmann è molto forte. Per molti musicisti la pandemia non ha significato solo un grave danno economico, ma anche la perdita della dignità del lavoro. E questa può essere la concausa di vere tragedie», dice Francescantonio Pollice, presidente dell' Aiam, l' Associazione Italiana Attività Musicali, che riunisce 108 istituzioni musicali di tutti i generi «da Bormio a Noto». L' Aiam ha lanciato su Internet un appello per la musica dal vivo a sostegno di quello diffuso da Carlo Fontana, presiedente dell' Agis, che chiedeva una strategia per la ripartenza dello spettacolo. Risultato: 10 mila firme in cinque giorni.
francescantonio pollice
«I musicisti italiani - spiega Pollice - sono divisi oggi in due categorie: quella di chi ha un contratto a tempo indeterminato in qualche istituzione, che sostanzialmente è tutelata.
E quella dei liberi professionisti, ridotti a vivere di ristori», i famosi 600 euro mensili poi saliti a mille (quando arrivano).
«Purtroppo il diritto alla cultura è stato contrapposto al diritto al consumo. Non capisco perché posso fare shopping in un centro commerciale e non ascoltare un concerto in sala, beninteso nel rispetto di tutti i protocolli di sicurezza».
Per questo, l' Aiam lancerà lunedì 25 una campagna innovativa che sembra provocatoria, come succede in Italia con il buonsenso: «Abbonato abbandonato». Ogni giorno, un cittadino italiano abbonato a una delle associazioni musicali racconterà in video perché la musica è necessaria, anche e soprattutto nei momenti di crisi. Così per 108 giorni, uno per ogni istituzione associata, e se non succederà nulla dal centonovesimo si ripartirà da capo.
Una «resistenza musicale» per dire che senza musica si vive male. E talvolta si muore.
jonas kaufmann – aida in piazza del plebiscito a napoli ph francesco squeglia. jonas kaufmann radames aida