Da corriere.it
POCHETTINO TUCHEL
Ci sono dei sogni ben precisi che animano le notti dei tifosi di Juventus e Inter. Sono gli allenatori al momento senza una squadra, ma che in passato hanno vinto in Champions e non solo. Ingaggi monstre, probabilmente impossibili per le casse nerazzurre e bianconere ma poco conta. È questo per esempio il caso di Zidane, fermo dal 2021, l’unico anno chiuso senza trofei col Real Madrid.
THOMAS TUCHEL
Per il resto due campionati spagnoli, altrettante Supercoppe Nazionali, oltre alle due europee che — insieme ai due Mondiali per Club — hanno condito nel migliore dei modi le tre Champions portate a casa. Come si vince in Europa lo sa bene pure Tuchel, fresco di esonero dal Chelsea, portato sul tetto del mondo appena un anno fa. Al suo posto a Londra hanno scelto Graham Potter, il cui cognome in maniera abbastanza scontata rimanda a maghi e bacchette magiche. Mai, più di adesso, potrebbero tornare utili.
Il «bellissimo» perdente
Ad aprire la seconda fila delle preferenze dei tifosi c’è Mauricio Pochettino, a spasso da luglio, da quando cioè il Psg lo ha esonerato dopo una stagione fallimentare. Messi, Neymar e Mbappé davanti, ma alla fine in bacheca una «misera» Ligue 1, ritenuta una formalità per un club che ne ha vinte otto negli ultimi dieci anni. Poi fuori agli ottavi sia in Coppa di Francia sia in Champions: «Purtroppo qui conta solo quella, se non la vinci hai fallito», dirà amaro già consapevole del proprio destino. Ma l’allenatore argentino piace perché viene ricordato come quello che ha dato vita al miglior Tottenham di sempre.
POCHETTINO TUCHEL
Arrivato a Londra nel 2014, ha portato gli Spurs a giocarsi una finale di Champions (poi persa contro il Liverpool) e a sfiorare la vittoria della Premier (secondo nell’anno magico del Leicester). Tattica certosina, ma anche bel gioco e gol: «È la loro storia da sempre, creano molto ma poi perdono», dirà col sorriso Chiellini dopo la rimonta della Juve a Wembley nel marzo 2018. Chissà che i suoi ex compagni non possano ritrovare il sorriso con il guru Mauricio, che si vuole togliere dalle spalle l’etichetta di «bellissimo perdente».
paolo montero
Fra i tifosi di Juve e Inter c’è anche chi fa i nomi di due vecchie bandiere. Da una parte Paolo Montero, in bianconero dal 1996 al 2005. Dall’altra Dejan Stankovic, in nerazzurro dal 2004 al 2013. L’ex difensore in estate è tornato a Torino, con il presidente Andrea Agnelli che gli ha affidato la Primavera. I suoi ragazzi hanno cominciato bene la stagione e si trovano ad un solo punto dal Torino capolista (dopo la sosta è in programma il derby scudetto). Frutto di un 4-3-3 delle volte estremamente offensivo, anche al costo di rischiare qualche ripartenza. 14 gol segnati in cinque gare, una media che sfiora le tre reti a partita (altro che la filosofia del corto muso). Stankovic, invece, ha iniziato la sua carriera da allenatore nel 2014 da vice di Stramaccioni all’Udinese.
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È tornato brevemente all’Inter un anno dopo come club manager, salvo poi arrendersi di nuovo al richiamo della panchina. Si è consacrato in patria con la Stella Rossa, dove tutto è cominciato pure da giocatore. Tre campionati serbi consecutivi e due coppe nazionali, infine le dimissioni ad agosto dopo la rocambolesca sconfitta ai preliminari di Champions contro il Maccabi: «Mi sento completamente vuoto, ho dato tutto». Adesso a lui pensa la Samp, ma allenare l’Inter lo farebbe tornare vivo eccome.
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