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    “NON COPIAMO LA REALTÀ, È L’ATTUALITÀ CHE SI ISPIRA A NOI” - KEVIN SPACEY ANNUNCIA LA NUOVA STAGIONE DI “HOUSE OF CARDS” (IN ITALIA SU SKY ATLANTIC DAL 31 MAGGIO): “CON LA SERIE ABBIAMO ANTICIPATO I TEMPI. E LA PROSSIMA SARÀ LA STAGIONE PIÙ SPAVENTOSA DI SEMPRE…" (VIDEO)


     
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    Simona Siri per “la Stampa”

     

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    La domanda che alla vigilia della quinta stagione di House of Cards è sulla bocca di tutti è anche quella a cui Kevin Spacey non vuole o non può rispondere: quanto quello che racconta lo show è ormai simile alla realtà politica che gli Stati Uniti stanno vivendo, corruzione e nepotismo compresi? È indubbio che se prima Frank Underwood sembrava vivere e operare in un mondo parallelo, di pura fantasia, l'elezione di Donald Trump ha spostato la barra del possibile molto più in basso.

     

    «Questa stagione sarà la più spaventosa di sempre», promette l' attore, al telefono da località segreta. E poi: «La cosa interessante è che solo un anno fa il pensiero generale era: "Oh, questa è follia. Non potrebbe mai succedere". Diciotto mesi dopo siamo tutti qui a dire: "Ehi, aspetta un attimo, è successo per davvero!". Il nostro compito non è però di metterci in competizione con la realtà.

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    L'unico nostro obbligo è di continuare a fare un prodotto che piaccia ai fan. E non sono neanche d'accordo con chi pensa che a causa di quello che sta succedendo in Usa House of Cards non potrà più essere interessante come prima. Vedrete».

     

    IL FOTOGRAFO DI OBAMA

    Avvolta da un alone di comprensibile mistero, la nuova stagione (in onda su Sky Atlantic e Now Tv a partire dal 31 maggio) è stata lanciata negli Stati Uniti con un colpo di genio: Pete Souza, già fotografo ufficiale di Barack Obama, ha seguito il Presidente Underwood e il suo chief of staff Doug Stamper (interpretato da Michael Kelly) in giro per Washington per un giorno.

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    Il risultato è un servizio fotografico che nulla ha da invidiare a quello di un politico vero, a dimostrazione di come strizzare l' occhio all' attualità e giocare sulla confusione dei piani di realtà sia parte del Dna della serie.

     

    «Siamo il prodotto del nostro ambiente e dei nostri tempi, ma a non siamo il Saturday Night Live - risponde Spacey -, non imitiamo nessuno. Ci sediamo a tavolino con l'intenzione di creare personaggi fittizi. Il fatto è che da quando abbiamo girato la quinta stagione a oggi che arriva in televisione, nel mondo sono successe quattro o cinque cose che hanno fatto pensare che ci siamo ispirati alla realtà. Non è così: noi anticipiamo i tempi. E la realtà ruba poi da noi».

     

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    Sembra una battuta, ma non lo è. Anni fa, ospite da Stephen Colbert, alla domanda su a chi fosse diretto lo sguardo che Frank rivolge alla camera, Spacey scherzando rispose: «A Donald Trump», allora ben lontano da essere anche solo candidato alla Presidenza.

    Oggi di Trump non vuole parlare, ma di nuovo da Colbert, due giorni fa, si è lasciato scappare un' altra battuta: «È evidente che in tutti questi anni non mi ha ascoltato. Noi comunque abbiamo sceneggiatori migliori dei suoi».

     

    Poi aggiunge: «Non saprei se il sorriso di Frank sia sardonico, non mi riguardo mai. Nelle mie intenzioni è diretto verso lo spettatore, ma alle volte anche verso il mondo politico che ci circonda. Decidete pure voi».

     

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    Da sempre impegnato socialmente e interessato alla politica («Ma non mi definirei un fanatico: sono uno attento al mondo che mi circonda, tutto qui»), produttore esecutivo della serie, oltre che protagonista, Spacey era in una sorta di periodo sabbatico come direttore dell'Old Vic Theatre di Londra quando, cinque anni fa, gli fu offerto il personaggio di Frank Underwood.

     

    NON GIUDICO I PERSONAGGI

    «Probabilmente a trent'anni non avrei potuto interpretare la sua complessità. E non per una questione di età: per un fatto di conoscenza. Dirigere un teatro per quasi dieci anni, mettere su uno spettacolo all' ìanno, salire sul palco sera dopo sera. Sono tutte esperienze che ancora oggi mi aiutano in quello che faccio». Ovvero dare sguardo, voce e sorrido sardonico a uno dei cattivi più riusciti della televisione.

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    «Come attore, non giudico mai i personaggi che interpreto. Non è mio compito attribuire loro un valore morale. A quello che ci pensa eventualmente il pubblico. Anche perché un attore racconta una storia personale e spesso, avvicinandosi a quella, i pregiudizi vengono sostituiti dall'empatia e dall'accettazione».

     

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    Anche lei produttrice esecutiva, Robin Wright nei panni di Claire Underwood è molto di più di una moglie e di un partner. Alla faccia delle First Lady che non vogliono neanche dare pubblicamente la mano al marito, figurarsi trasferirsi a Washington. Lui non nomina Melania, ma dice: «Gli Underwood sono una vera power-couple: insieme valgono di più della somma dei due singoli. Hanno affrontato sfide che avrebbero spezzato altre coppie, ma loro no, loro sono ancora insieme. Senza Claire, Frank sarebbe un uomo molto diverso da quello che è».

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