Ugo Nespolo per la Stampa - Estratti
kitsch
Da svariati decenni chi traffica con cose e fatti dell'arte non può non essere rimasto profondamente avvinto dalle lucide anticipatorie visioni di Gillo Dorfles che, in luce di cultura e spregiudicatezza, ha messo bene in chiaro come a proposito del cattivo gusto che imperversa (e trionfa potenziato) tra arte e non-arte, l'abbraccio sia oggi tanto stretto e inestricabile da creare imbarazzo e difficoltà di giudizio.
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gillo dorfles
Questa nuova edizione del Kitsch come Antologia del cattivo gusto è la riedizione del volume dato alle stampe dall'editore Gabriele Mazzotta nel 1968 con una nuova premessa del curatore e qualche minima variazione iconografica dettata dai cambiamenti nei riferimenti della cultura di massa.
Parla chiaro Dorfles nell'introduzione del volume, prezioso anche per la vasta documentazione iconografica, e dice di come - in fondo - egli non si proponga altro che stilare una sorta di catalogo ragionato del cattivo gusto imperante, redigendo una storia sincronica e solo parzialmente diacronica.
È un visionario tentativo di realizzare la «sistemazione d'una materia così delicata e sfumata che però scotta tra le mani e lascia cicatrici estetiche indelebili».
kitsch cover nuova edizione
L'indice del volume è inequivocabile. Si scava nel vasto territorio del mondano chiedendo aiuto a studiosi come John McHale a Karl Pawek o Ludwig Giesz e poi Lotte Eisner, Ugo Volli, Vittorio Gregotti, Aleksa Celebonovic. Fondamentali sono i saggi di Hermann Broch e di Clement Greenberg.
Dorfles mette in luce come il kitsch possa essere considerato «il pasto estetico della borghesia trionfante» tendendo a limitare la cruda analisi al campo dell'estetica, al côté artistico insomma, per ampliare poi la visione ed estenderla alla vita sociale, alla società intera, alla creatività tutta, scorgendo con raccapriccio la smorfia del kitsch proiettata su buona parte del nostro agire, riuscendo ad informare gusti e sentimenti per piegarli al vasto tema del banale che indomito imperversa ovunque.
CANI CHE GIOCANO A POKER
Questo curioso termine di origine tedesca vive soltanto di ipotesi etimologiche come "schizzo mal fatto, figura incompiuta, copia raffazzonata" o merce in vendita. Sono ipotesi che presto traboccano in universi affini come "arte degenerata, massificata, inautentica, ripetitiva" e, naturalmente pseudo-arte a buon mercato, simulazione della bellezza, esaltazione del dilettantismo.
Di certo Dorfles, come il filosofo Andrea Mecacci, pensava tra l'altro a qualcosa come un orsetto di peluche che regge un cuore rosso, una pop-star che in un concerto parla di fame nel mondo o a Miss America in lacrime che augura al mondo la pace. Non può mancare Elton John che canta Candle in the wind ai funerali di Lady Diana o i cuscini gonfiabili al giftshop del Metropolitan Museum con l'autoritratto di Van Gogh e così via senza fine e speranza.
kitsch cover
Schegge della falsità di cui si permea la nostra società che, spingendo l'analisi ad orizzonti più vasti e radicali, ci costringe a chiederci se convenga gettare le armi e arrenderci senza smobilismi al trionfo planetario e senza limiti della cultura Middlebrow se non proprio Lowbrow.
Naturalmente le definizioni son fatte di strettoie, per questo Hermann Broch definito «il più acerrimo nemico del Kitsh» scriveva: «Non aspettatevi definizioni rigorose e nette.
Filosofare è sempre un giocare di prestigio con le nuvole e la filosofia estetica non sfugge a questa regola».
Per Broch l'orrore della pseudo-arte si scontra con la forza e la sincerità delle ricerche d'avanguardia allontanandosi dall'idea che il kitsch stia soltanto nell'ambito del cattivo gusto e si spinge poi a considerare che si è di fronte ad un autentico sistema di disvalori per dichiarare che «in arte il male è rappresentato dal kitsch». Banalità del gusto e banalità del male, poiché per Broch (come per Dorlfes) il kitsch non ha da fare solo con l'estetica ma con «determinati comportamenti della vita».
CASA TRUMP
(...) Quanto il volume di Dorfles pone in evidenza con l'ausilio di un'iconografia ricca e potente, nutrita di testi critici mirati, appare oggi come un'ineluttabile previsione all'invasione di stilemi kitsch dal volto bonario per la dozzinale ed inconsistente felicità che travolge verticalmente tutti gli strati sociali intenti a gustare il banale scambiandolo per un'amichevole sorridente smorfietta di felicità.
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