DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Estratto dell’articolo di Federico Pontiggia per “Il Fatto Quotidiano”
Quando finii di girare Il Padrino, non avevo un soldo. Non che prima fossi mai stato ricco, ma adesso ero anche pieno di debiti”. È lui o non è lui, certo che è lui: Al Pacino, l’eponimo, perfino mitico Sonny Boy, che licenzia Un’autobiografia intima e succulenta per i tipi de La Nave di Teseo.
Mezzo secolo fa, Pacino è già un gigante: ad appena 35 anni ha messo in carnet Il Padrino, Il Padrino – Parte II, Serpico Quel pomeriggio di un giorno da cani. Per altri, se non tutti, titoli da farci due, tre magnifiche carriere, per lui apprendistato attoriale e parimenti autoriale: verso l’immaginifico, e oltre. […]
Il memoir ripercorre ruoli, bottiglie, successi e delusioni, con una condizione necessaria ed eccellente: “Recitare era il mio mestiere”. 84 anni, è tempo di ricordi, giammai bilanci. Potrebbe mancare l’eros? Seduzione pericolosa (1989), film che divenne “famoso per una lunga e lenta scena di sesso in cui Ellen Barkin mi inchioda contro una parete e si struscia contro di me prima che i nostri due personaggi inizino a darci dentro”.
Qualcuno l’ha forse dimenticata? Eppure, il Nostro fa professione di pudicizia: “Di solito non giro scene di questo tipo, e non penso che molti altri attori amino girarle. C’è sempre il rischio di sfiorare la pornografia. Anche se mi rendo conto che è inutile lamentarsi di non essere più nell’epoca di Un posto al sole, dove Elizabeth Taylor e Montgomery Clift turbavano il pubblico senza spogliarsi minimamente”.
Lui che un posto al sole l’ha per destino, ha nondimeno sofferto, e vengono i brividi alle convergenze parallele che traccia tra cinema e vita o, meglio, morte: Quel pomeriggio di un giorno da cani, “dove John Cazale, già morto, viene portato via su una lettiga” e l’ambulanza davanti al portone, in cui “stavano portando dentro mia madre. Aveva tentato il suicidio”.
Con Marthe Keller, per volgere all’amore, recita in Un attimo, una vita per la regia di Sydney Pollack, e finalmente – è il 1977 – abbassa il gomito: “Smisi completamente di bere, e da quel momento ogni volta che vedevo qualcuno, sentivo una certa distanza e timidezza. Non essendo più sostenuto dall’alcol, mi sembrava di essere sempre in bilico, ma alla fine ne uscii, e Marthe mi aiutò molto”.
Con Diane Keaton, che lo appellava “lazzarone italiano”, è comunione di amorosi sensi, senza recedere dalla timidezza: “Mi sono sempre piaciute le donne, ma fin da ragazzo sono stato molto timido. Non le corteggio e non le assillo. Le donne ti rispondono o no, e se non sono loro a fare la prima mossa esito a insistere”. Chissà se avesse insistito, questo seduttore a sua insaputa.
Ma da dove viene il nickname Sonny Boy? Sonny era così soprannominato Santino, il figlio destinato a prendere il posto di don Vito Corleone nel Godfather di Coppola: ucciso, lasciò il posto al fratello minore Michael, incarnato dal Nostro – sebbene Paramount gli preferisse Nicholson, Redford, Beatty e persino Ryan O’neal.
Andò altrimenti, eppure non è da quel Sonny provvidenzialmente ammazzato che Al ha mutuato il nomignolo: c’entra la madre, e la prediletta canzone di Al Jolson che faceva “Climb up on my knee, Sonny Boy”. Cresce bene, e pasce a mano armata: la pistola che bambino tiene in mano nel Bronx, quelle che impugnerà in Serpico e Heat, Scarface e Carlitos Way compilano fotogramma dopo fotogramma il suo romanzo criminale.
E il rivale? Robert De Niro, of course: “Fui molto colpito dalla sua interpretazione di Vito Corleone da giovane, per la quale vinse l’oscar (Il padrino – Parte II, ndr). Quanto alla mia, forse fu una delle migliori della mia carriera”. Le note, e non solo a margine, parlano tricolore: la nonna, allorché gli comunica di essere stato preso per il ruolo di Michael Corleone, ribatte: “Corleone? Lo sai che è anche il nome del paese dove è nato tuo nonno?”. […]
“Sono italiano. Sono anche siciliano. So come ci si sente quando la gente dà sempre per scontato che come minimo tu conosca qualcuno nel mondo del crimine organizzato. Invece di essere paragonato a Joe Dimaggio, vieni associato ad Al Capone”.
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