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    IL BULLISMO DEI BUONI – L’ACCUSA DELL’EX PORTIERE DELLA NAZIONALE AMERICANA DI CALCIO FEMMINILE HOPE SOLO: “MEGAN RAPINOE OBBLIGAVA LE COMPAGNE CON L'INTIMIDAZIONE AD ASSECONDARE LE SUE BATTAGLIE, ANCHE QUELLE CHE NON VOGLIONO INGINOCCHIARSI, PERCHÉ QUEL GESTO È ALTAMENTE DIVISIVO” – TRUMP SI ERA SCAGLIATO CONTRO LA RAPINOE E LA SQUADRA DEFINENDOLA “UN GRUPPO DI MANIACHE DI SINISTRA POCO ATTACCATE ALLA PATRIA”


     
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    Alessandro Ruta per “il Giornale”

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    Volano gli stracci nella nazionale femminile Usa di calcio, una squadra che negli ultimi tempi si è molto esposta mediaticamente. E che l'ha fatto specie con Megan Rapinoe, fuoriclasse della squadra ma sempre in prima fila nelle critiche all'ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, anche dopo la vittoria al Mondiale del 2019. 

     

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    Proprio la Rapinoe è finita nel mirino di una delle sue ex compagne, un'altra delle stelle della squadra, il portiere Hope Solo: «Arrivava a usare atteggiamenti intimidatori pur di costringerci ad inginocchiarci durante l'inno nazionale», l'accusa della Solo durante un podcast sull'emittente Goal.com. 

     

    Mettersi in ginocchio durante l'inno Usa è diventato un modo per solidarizzare con le violenze nei confronti delle persone di colore; una pratica inaugurata dal giocatore di football americano Colin Kaepernick nel 2016 e diventata abituale con le più recenti proteste del movimento Black lives matter.

     

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     Sempre il 2016 è stato l'ultimo anno da professionista della Solo, portiere titolare della nazionale femminile statunitense e compagna della Rapinoe anche nel club, I Seattle Reign. Insieme hanno vinto, tra le altre cose, due ori olimpici, nel 2008 e nel 2012, e il Mondiale del 2015. Adesso, le accuse della Solo di «bullismo» nei confronti della Rapinoe, che «obbligherebbe le compagne con l'intimidazione ad assecondare le sue battaglie, anche quelle che non vogliono inginocchiarsi, perché quel gesto è altamente divisivo». 

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    Le parole della Solo, però, faticano a combaciare con i tempi, visto che appunto le proteste in ginocchio erano iniziate quando il portiere aveva già smesso. Non è da escludere, tuttavia, che la Solo abbia riportato voci arrivatele da altre giocatrici. Di sicuro c'è che la Rapinoe, leader in campo e fuori della nazionale femminile Usa, paladina del movimento Lgbt, finisce puntualmente nell'occhio del ciclone.

     

     È storia recente l'ennesima polemica con Donald Trump, che dopo la deludente prova ai Giochi di Tokyo (gli Usa hanno vinto il bronzo) aveva apostrofato lei come «la donna coi capelli fucsia» e la squadra «un gruppo di maniache di sinistra poco attaccate alla patria».

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