Estratto dell'articolo di Federico Sorrentino per il Messaggero
MEME SU MATTEO RENZI CARLO CALENDA 4
Tre opposizioni a lungo divise tra loro - una anche al suo interno - prima di una fumata bianca inattesa. Il caso Santanchè che infiamma il Senato in un afoso pomeriggio di inizio luglio fa riemergere ancora tre modi diversi di contrastare il governo Meloni.
Battagliero il M5s. Divise Azione e Italia Viva, in perfetto stile Terzo Polo. Timoroso il Pd, che alla fine torna sui suoi passi.
(...) E infatti, quando è quasi ora di cena, arriva l'inattesa fumata bianca di Elly Schlein da Fiesole: «Voteremo la mozione M5s». Lo stesso fanno Verdi e Sinistra, col presidente dei senatori Peppe De Cristofaro che lamenta comunque uno scarso coordinamento tra le forze di opposizione.
MALEDETTO IL GIORNO CHE T'HO INCONTRATO - RENZI E CALENDA BY MACONDO
CALENDA E RENZI Ancora più travagliato il percorso del Terzo polo. Quando Calenda arriva in Senato ha già le idee chiare e chiede alla ministra di spiegare, «altrimenti si deve dimettere». Sembrano parole rivolte soprattutto ad Italia Viva, che medita una linea più attendista.
Il piano di Renzi è infatti aspettare: «L'attesa indebolisce Santanchè, quindi Meloni», pensa. Calenda però non si rassegna e nella riunione del gruppo che precede di poco l'informativa ribadisce la sua posizione. All'incontro c'è anche la numero due di Azione, Mariastella Gelmini, ex azzurra e dall'indole garantista. Chiede privatamente ad alcuni colleghi Iv di non far parlare Calenda in Aula, poi però pubblicamente è meno convinta nella richiesta.
CARLO CALENDA MATTEO RENZI
Raffaella Paita, capogruppo al Senato, la stoppa: «Se Calenda vuol fare il giustizialista lo può fare, ma non a nome del gruppo. Se vuole, parla in dissenso a fine seduta. Noi saremo garantisti con Fratelli d'Italia, come loro non lo furono con noi». Ai renziani non va infatti ancora giù la richiesta di dimissioni nei confronti di Josefa Idem, ministro delle Pari opportunità e dello Sport del governo Renzi, costretta a lasciare l'incarico nel 2013 per non aver versato tremila euro di Imu. Calenda decide allora di attendere l'intervento in Aula di Enrico Borghi, fresco senatore di Italia Viva, che parlerà a nome del gruppo. E in Aula l'ex dem esclude la richiesta di dimissioni: «Ogni valutazione è nelle mani della presidente del Consiglio, che si assume la responsabilità».
ACCUSE INCROCIATE Calenda, insieme ai suoi Marco Lombardo e Giusy Versace, esce dall'Aula. Poi, verso la fine degli interventi, Renzi si intrattiene in un fitto colloquio tra i banchi con la presidente dei senatori azzurri, Licia Ronzulli. Dopo pochi minuti esce una nota di Azione: «Santanchè non ha risposto nel merito esaustivamente. Non firmeremo inutili mozioni di sfiducia, saranno la premier e il ministro ad assumersi la responsabilità delle scelte che faranno».
MATTEO RENZI CARLO CALENDA
Ma la spaccatura è evidente. «Non seguiremo Calenda sulla linea grillina», attacca Ivan Scalfarotto, senatore Iv. Critica che Azione rispedisce al mittente: «Le accuse di grillismo non tengono, loro presentano una mozione e se la firmano da soli. A noi non interessa». Ma anche tra i calendiani c'è la Gelmini che rivendica: «Non ci sono mozioni di sfiducia che tengano. Sono e sarò garantista, anche ora».