Fabio Albanese per "la Stampa"
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Paolo Claudio Grassidonio, l'uomo di 53 anni che martedì è morto annegato sotto un'auto a Gravina di Catania, era un volontario dell'Associazione carabinieri. Non è l'unica persona che il maltempo si è portato via negli anni a Catania. Prima di lui c'è stata Annalisa Bongiovanni, 21 anni, che nell'ottobre 2003 fu sorpresa da un fiume d'acqua mentre era in motorino. Prima ancora, c'era stata Teresa Cammareri, 74, travolta dall'acqua dopo essere scesa dall'auto guidata dalla nipote. Era il 1985.
Non è una data casuale. Perché al 1985 risale l'inizio dei lavori del «Canale di gronda», l'opera che se completata avrebbe potuto almeno rendere meno gravi gli effetti del fiume di acqua e fango che martedì ha attraversato il centro storico di Catania, devastandolo. È un'opera fondamentale: un tubo di 9 km che dovrebbe intercettare a monte della città le acque piovane dei paesi dell'hinterland e di quelli etnei, cresciuti a dismisura negli ultimi 40 anni perché divenuti i luoghi di residenza delle nuove generazioni di catanesi, non facendole arrivare a Catania.
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L'ultimo rapporto del Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente, che risale all'estate scorsa, dice che la Sicilia ha «consumato» ulteriori 400 ettari di suolo tra il 2019 e il 2020, al settimo posto tra le Regioni italiane. Cento ettari a Catania e nell'hinterland dove la maggiore crescita, che significa più cemento e meno terreni che assorbono acqua, è avvenuta a Gravina di Catania, il paese dove è morto Grassidonio, che ha il 50% di territorio «impermeabilizzato», seguita da Sant' Agata li Battiati, Aci Bonaccorsi, San Giovanni La Punta, Tremestieri Etneo, Mascalucia, San Gregorio. Sono tutti Comuni collinari che starebbero dall'altra parte del «Canale di gronda», se fosse funzionante.
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A chiedere conto della situazione di stallo è il consigliere del Csm e magistrato catanese Sebastiano Ardita, che parla di progetto arenato: «Ma la colpa forse non è da ricercare in Sicilia, o non solo - ha scritto sui social -. L'opera era stata progettata, finanziata ed era pronta per essere appaltata, ma una legge del 2016 ha imposto altri adempimenti. Mancavano i fondi per il nuovo progetto e si è dovuto richiederli al governo nazionale che ha risposto in ritardo. Nel frattempo, i poteri sono stati trasferiti per legge a un commissario regionale».
Il primo cittadino Salvo Pogliese, che è anche sindaco della Città metropolitana, dice che il Canale di gronda «è in mano al commissario. Noi abbiamo avuto interlocuzioni con i Comuni che si dovrebbero allacciare ma al momento mi risulta lo abbia fatto solo San Gregorio». È pronta la parte a Est; c'è un progetto definitivo per il «collettore B» nella parte Ovest, che è in mano al commissario della Regione per il rischio idrogeologico Croce con lavori per 53 milioni di euro; c'è un finanziamento di 34 milioni per un ulteriore tratto fino a Sud, al torrente Buttaceto.
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«Se si aprissero i cantieri, entro 3 anni l'opera sarebbe completata - dice Pogliese -. Altro discorso è però quello che riguarda i Comuni che devono allacciarsi, ma non hanno un euro». Ma se l'opera fosse stata pronta, Catania sarebbe stata risparmiata? «Per l'orografia della città, purtroppo no. E i cambiamenti climatici aggravano la situazione. Quest'estate, avevamo avviato un piano di pulizia delle caditoie e dei torrenti, mai fatto in passato. Non è bastato. Ma il Canale avrebbe mitigato gli effetti».
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