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    “GLI ISRAELIANI HANNO SIGILLATO GAZA COME UNA SCATOLA DI SARDINE. È PEGGIO DI UN CAMPO DI CONCENTRAMENTO" – L’ANALISI DI MONI OVADIA, EBREO, SULL’ORIGINE DELLA GUERRA IN ISRAELE: "GAZA È UNA PENTOLA A PRESSIONE CHE DOVEVA ESPLODERE" - "È NORMALE CHE LA GENTE COVI ODIO E DISPERAZIONE, QUANDO SI VIENE RINCHIUSI E BLINDATI. NESSUNO RIUSCIREBBE A VIVERE IN UNA CONDIZIONE DEL GENERE SENZA CERCARE DI RIBELLARSI. TUTTO È SOTTO IL CONTROLLO DI ISRAELE. NETANYAHU È IL PEGGIO DEL PEGGIO"


     
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    Estratto dell'articolo di Lara Tomasetta per “TPI”

     

    moni ovadia foto di bacco moni ovadia foto di bacco

    Israele dichiara lo stato di guerra. Una colonna di tank si dirige verso Gaza. Diluvio di bombe sulla striscia. Scontri con Hamas al confine. Il nuovo bilancio dei morti israeliani e palestinesi è in continuo aumento. Moni Ovadia, intellettuale, attore, scrittore e musicista di origini ebraiche parla di una «pentola a pressione che doveva esplodere». E punta il dito anche contro la comunità internazionale, colpevole di non essere intervenuta per cercare una soluzione di pace concreta, lasciando Israele «libera di colonizzare i territori palestinesi».

     

    L’ambasciatore d’Israele a Roma, Alon Bar, ha dichiarato a TPI: “Noi, finora, avevamo imparato a vivere con questa costante minaccia del terrorismo palestinese, in qualche modo adeguandoci. Pensavamo potesse durare. Ma avevamo torto. Oggi abbiamo imparato che questo non è più possibile”. Come commenta questa affermazione?

    BOMBARDAMENTI ISRAELIANI SU GAZA BOMBARDAMENTI ISRAELIANI SU GAZA

     

    «Più che convivere con la minaccia del terrorismo palestinese, gli israeliani hanno sigillato Gaza in una scatola di sardine. Cioè sottoponendo gli abitanti di Gaza a una vita infernale. L’Onu ha dichiarato Gaza territorio inabitabile 2 anni fa, mi sembra improprio il discorso. Convivere col terrorismo palestinese sì, in qualche modo l’affermazione è vera ma dimentica la cosa fondamentale, che la vita del palestinese a Gaza non è una vita da esseri umani. In quelle condizioni l’odio e l’esasperazione montano, ora dopo ora, minuto dopo minuto, e il risultato è stato questo».

     

    Cos’è Gaza oggi? Una prigione? Un campo di concentramento?

    «Peggio. È una scatola di sardine esagitata. Tutto è sotto il controllo di Israele, i confini terrestri, quelli marittimi e lo spazio aereo. Decidono loro, l’energia, l’elettricità e l’acqua. Ed è una delle zone più popolate al mondo. È una democrazia per gli ebrei, non per i palestinesi. Loro non vivono in democrazia, ma in apartheid.

     

    Poi ci sono state diverse operazioni israeliane che hanno reso la vita ancora più infernale. Gli israeliani hanno deciso: teniamoci il pericolo del terrorismo. Hanno fatto tutto fuorché cercare una soluzione. A Gaza non si può entrare, non si può uscire».

    moni ovadia moni ovadia

     

    Stiamo vedendo le immagini di un film di cui ci è stato mostrato solo il finale. Ma cosa è successo prima?

    «Sono 75 anni che Gaza è sigillata, prima c’erano anche i coloni israeliani ma non solo. Il popolo palestinese è diviso tra Gaza e Cisgiordania. In Cisgiordania gli israeliani si sono appropriati di terre, hanno tenuto in prigione anche quella parte di palestinesi. La situazione è veramente spaventosa e allora questa violenza che è scoppiata doveva venir fuori prima o poi. Non è un modo di vivere quello».

     

    BENJAMIN NETANYAHU BENJAMIN NETANYAHU

    Tutto questo ovviamente non giustifica l’orrore di questi giorni.

    «È ovvio. Come sempre pagano gli innocenti. Anche questi israeliani che sono stati uccisi in modo atroce. Quelli che sono stati presi come ostaggi, non posso immaginare l’angoscia loro e quella dei loro parenti. Ma tutto questo perché nessuno si è curato dei palestinesi, schiavi e non padroni del loro destino».

     

    Qual è il ruolo di Hamas?

    «È la forza che governa quel territorio. Una forza che ha la parte armata. Ma le condizioni di vita a Gaza sono un inferno, è normale che la gente covi odio e disperazione, quando si viene rinchiusi e blindati. Nessuno riuscirebbe a vivere in una condizione del genere senza cercare di ribellarsi. Naturalmente ognuno si ribella con i mezzi che ha.

    MONI OVADIA MONI OVADIA

     

    I palestinesi in pratica hanno il terrorismo perché non hanno un esercito. Non hanno le armi, né l’esercito strutturato che ha Israele. Quindi esprimono la loro ribellione con gli strumenti che hanno. E anche se questo ha prodotto un orrore spaventoso che ci ferisce e ci lascia sgomenti, si è lasciata marcire questa situazione senza intervenire».

     

    Lei ha parlato anche di una comunità internazionale “complice”.

    «Certo, la comunità internazionale non ha fatto niente per imporre una soluzione politica basata sulla legalità nazionale. I governi israeliani hanno occupato, colonizzato e sottoposto a un regime vessatorio di prigionia 2 milioni di palestinesi a Gaza e altri 3 milioni in Cisgiordania. Forse di più. Non è un modo per evitare che poi scoppi la pentola a pressione. Si coltiva l’odio. Quattro bambini su cinque a Gaza sono depressi. Alcuni meditano il suicidio.

     

    bombardamenti israeliani a gaza foto di motaz azaiza 8 bombardamenti israeliani a gaza foto di motaz azaiza 8

    Sono come dei topi che non posso uscire. Tutti hanno detto che Israele ha diritto di difendersi e i diritti dei palestinesi? Ci fosse stato qualcuno che avesse espresso questo concetto. Ci vuole anche il rispetto dei palestinesi. Invece no. Loro devono star lì e morire in quella situazione. Adesso ci saranno migliaia di morti, però questa esplosione di ribellione selvaggia e violenza è motivata dalle condizioni di vita. Ci sono bambini che non hanno mai vissuto se non in prigionia. Ragazzini che poi hanno reazioni pensando a quando potranno farlo anche loro. Questa situazione è un disastro. E la comunità internazionale avrebbe dovuto imporre a Israele di risolverla sulla base di negoziati veri, non di chiacchiere senza costrutto».

    moni ovadia al backstage del sistina (3) moni ovadia al backstage del sistina (3)

     

    Amiram Levin, ex generale israeliano, a inizio 2023 ha rilasciato un’intervista alla radio Kan in Israele in cui ha fatto riferimento al “totale apartheid” nella Cisgiordania occupata: “Da 56 anni non vi è democrazia. Vige un totale apartheid. L’IDF (esercito israeliano), che è costretto a gestire il potere in quei luoghi, è in disfacimento dall’interno. Osserva dal di fuori, sta a guardare i coloni teppisti e sta iniziando a diventare complice dei crimini di guerra”. È così?

    «Prima di sentire Lei, ascoltavo l’opinione di uno studioso dell’Ispi che diceva non è una democrazia, è una democrazia etnica. Israele è una democrazia per gli ebrei, non per i palestinesi. I palestinesi non vivono in democrazia ma in apartheid. In discriminazione».

     

    Il leader più longevo di Israele, che si vantava di non aver mai cominciato una guerra, ora deve condurre un conflitto che si annuncia lungo e difficile. Sapendo che questo sarà probabilmente il uo passo di addio. Cosa pensa di Netanyahu?

    «Netanyahu è il peggio del peggio per me. È un uomo che sta cercando di sfuggire alla galera e si appoggia al peggio della società israeliana e della classe dirigente. A dei fanatici che sostengono il partito dei coloni e che sono totalmente incompetenti. E questa è anche la ragione per la quale il tanto celebrato servizio segreto israeliano non ha potuto fronteggiare i missili che arrivavano. Evidentemente si occupavano di altro. Di dare spazio ai coloni per derubare i palestinesi delle loro terre». [...]

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