Grazia Longo per “la Stampa”
Lamberto Giannini
«L'imperativo è quello di non abbassare mai la guardia nel contrasto al terrorismo. I controlli sugli stranieri che arrivano con i barconi sulle nostre coste sono, quindi, una priorità. Ma abbiamo riscontrato un limitatissimo numero di casi di terroristi confusi tra i migranti». Il prefetto Lamberto Giannini, direttore della Polizia di prevenzione e del Comitato analisi strategiche antiterrorismo (Casa, in sigla) non ritiene elevato il rischio di estremisti islamici infiltrati tra i disperati che cercano fortuna con i viaggi nel Mediterraneo.
Il monitoraggio è comunque importante?
«Certamente, costante è la nostra attività di screening per essere sicuri di non avere brutte sorprese. Si sono registrati casi isolati, come nel 2018 quando, in un'indagine della Procura di Napoli, scoprimmo alcuni gambiani addestrati dall'Isis, in Libia, giunti con i barconi. Ma a mio avviso, il pericolo maggiore di questo genere di infiltrazioni potrebbe riguardare la rotta balcanica».
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Perché?
«L'itinerario e il viaggio terrestre sono più "percorribili": ci si può muovere da Paesi già confinanti con la Siria. Non dimentichiamo che due degli attentatori al Bataclan, a Parigi, erano arrivati dalla Siria attraverso i Balcani. Mai diminuire l'attenzione, dunque. Anche se, lo ribadisco, non siamo di fronte a una consuetudine».
L'antiterrorismo italiano si concentra solo sull'ultima fase del viaggio dei migranti?
«Assolutamente no. Intensa è l'analisi di ciò che accade all'estero, per esempio in Libia o in altri teatri di crisi, per avere sempre il polso della situazione. Importante è la collaborazione internazionale con altre forze di polizia. Nella sede della nostra polizia di prevenzione, a Roma, sono presenti ufficiali di collegamento di Scotland Yard, di Francia e Spagna per la lotta al terrorismo».
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Quanto è insidiosa la minaccia dell'estremismo islamico?
«In questo momento, l'Isis è impegnato in un'intensa attività mediatica per cercare proseliti e spingere i lupi solitari a eseguire attentati. Cerca di strumentalizzare la crisi sanitaria addirittura con lo slogan "Il coronavirus è il soldato di Allah". Ma non è solo un pericolo italiano. Nel mirino ci sono, in generale, i Paesi dell'Ue, gli Usa, la Russia e la Cina».
In Italia ci sono bersagli più sensibili di altri?
«Spesso vengono postate sul web foto di luoghi di alto valore simbolico, tipo il Vaticano e il Colosseo, anche con fotomontaggi che ritraggono questi siti presidiati da mujhiadin, ma, si tratta per lo più di attività di propaganda».
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Ma perché l'epidemia di Covid-19 è strumentalizzata dagli estremisti islamici? «Viene ritenuta una punizione divina per i paesi "infedeli", con istruzioni per attaccare le forze dell'ordine impegnate in prima linea per far rispettare le regole tipo quelle del lockdown e della circolazione delle persone. Al momento, inoltre, c'è una novità nell'arruolamento di soldati del Califfo».
Quale?
«Si fa più pressante l'appello a combattere rivolto alle donne, sollecitate sempre più sovente a passare all'azione».
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L'attività di prevenzione come serve a scongiurare attentati di estremisti islamici?
«Agiamo appena ci accorgiamo che ci sono segnali di radicalizzazione. Quando è stata oltrepassata la soglia della legalità, quando esistono prove oggettive e reali si procede all'arresto. Ma interveniamo anche quando esistono forti sospetti di pericolo: lo facciamo con le espulsioni».
Nel terrorismo il rischio zero non esiste. Ma qual è la forza per combatterlo?
«Al di là delle esperienze maturate sul campo negli Anni di piombo, noi siamo unici al mondo per la forza e la qualità della collaborazione interna tra forze di polizia e intelligence. Nel Casa convergono anche i servizi segreti interni ed esteri».
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