Mimmo Parisi
VITA, OPERE E OMISSIONI DI MIMMO PARISI, DETTO IL “COWBOY”, PAPA’ DEL REDDITO DI CITTADINANZA GRILLINO - IL MANAGER CAPO DI ANPAL, CHIAMATO DA DI MAIO, E’ FINITO NEL MIRINO PER LE SPESE NON RENDICONTATE: “MICA POSSO ANDARE AL LAVORO A PIEDI, MIA MOGLIE VIVE NEGLI USA, HO DIRITTO DI VIAGGIARE IN BUSINESS”
L'APP SCOMPARSA, LE SPESE PAZZE NON PUBBLICATE, LE PERE SULL'ALBERO. LA TRAGICOMICA AUDIZIONE DI MIMMO PARISI
luigi di maio mimmo parisi
Giuseppe Colombo per www.huffingtonpost.it
Alle cinque del pomeriggio si arriva a parlare di pere. Non dal fruttivendolo. Alla Camera dei deputati. Dice Mimmo Parisi, il presidente dell’Anpal chiamato dai 5 stelle a trasformare il popolo del reddito di cittadinanza in milioni di lavoratori: “Pensate a un albero di pere. Noi aspettiamo che la pera cada, ma dobbiamo cambiare l’approccio sull’incrocio tra domanda e offerta. Dobbiamo focalizzarci sulle pere che sono ancora sull’albero”.
renata polverini
I deputati della commissione Lavoro non ne possono più. Renata Polverini, che presiede la seduta, sbotta: “Non si è capito niente di cosa sta succedendo. Ci auguriamo di avere delle risposte la prossima volta”. Fine dell’audizione. Con una non risposta tra le decine di altrettante non risposte che dice tutto: non è stato ancora speso un euro per l’app di Mimmo l’italo-americano, quella del miracolo nel Mississippi, quella per cui il Governo gialloverde aveva stanziato 25 milioni.
di maio reddito di cittadinanza
L’app è bloccata, abbandonata in una terra di nessuno. Eppure un anno e mezzo fa Luigi Di Maio, ai tempi ministro del Lavoro, ne aveva fatto la chiave del successo per il secondo tempo del reddito di cittadinanza, quello che deve portare il cittadino dal sussidio sulla carta all’offerta di tre posti di lavoro.
Proprio per questo aveva voluto Parisi, che negli Stati Uniti ha sviluppato il Mississippi works, un software per la ricerca di lavoro. Parisi ha sempre smentito di voler vendere la sua app, ma fin dall’inizio del suo mandato alla presidenza dell’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (il decreto di nomina è del 6 febbraio 2019) è stato chiamato a mettere in campo un software che incrocia domanda e offerta.
anpal
Dopo il tentativo fallito di passare la patata bollente a Invitalia, l’app è rimbalzata, a detta di Parisi, alla ministra per l’Innovazione Paola Pisano. Poi, il 4 giugno, lo stesso presidente dell’Anpal ha detto che è “tutto pronto”. Ma dell’app non si sa più nulla. Quello che si sa, e lo dice oggi lui stesso, è che non è stato speso neppure un euro dei 25 milioni di soldi pubblici stanziati.
paola pisano luigi di maio
E poi c’è una seconda app. Si chiama restoincampo 2.0 ed è dedicata all’agricoltura. Di questa si sa che arriva da un modello preso in prestito dalla Regione Lazio, ma non si quanto sia costata all’Anpal e quindi in definitiva allo Stato.
I deputati lo chiedono più volte a Parisi, tirando in ballo i 180mila euro che pochi minuti prima la direttrice dell’Anpal, Paola Nicastro, ha indicato come il costo.
“Di questi 180mila euro mi state informando voi, io sapevo che c’è stato un costo minimo intorno ai mille euro”. Eccola un’altra delle non risposte che il guru dei big data, come è stato definito da tanti grillini, mette in fila durante un’audizione surreale, in cui più volte i deputati sono costretti a riformulare le proprie domande perché il senso delle prime risposte sfugge a tutti o quasi.
mimmo parisi
A un certo punto a Montecitorio si parla delle spese “pazze” di Parisi, quelle contenute in un’interrogazione del Pd e quantificate in oltre 160mila euro tra voli in business class andata e ritorno per il Mississipi, ma anche per l’autista personale e per l’affitto di un appartamento nel prestigioso quartiere romano dei Parioli.
Il 16 aprile, sempre durante un’audizione in Parlamento, il numero uno dell’Anpal aveva detto che non c’era alcun problema a pubblicare le spese sul sito di Anpal servizi, la società in house di Anpal di cui Parisi è amministratore unico. Però quelle spese non compaiono sul sito. E quindi oggi di nuovo la promessa di pubblicarle, condita dalla difesa della legittimità di quelle spese.
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Solo che il Parlamento non ha ancora visto quei verbali degli organi di controllo e vigilanza a cui Parisi rimanda per attestare la veridicità delle sue affermazioni. E poi viene tirato in ballo un parere dell’Anac, quello che dice che non è tenuto a pubblicare le spese perché non prende un euro per il suo ruolo di amministratore unico di Anpal servizi.
E questo è vero, però è altrettanto vero che il caos sulle spese si genera proprio dal doppio ruolo di Parisi, alla guida sia di Anpal che di Anpal servizi. Si mischia tutto, anche le spese. E il problema, a detta di Parisi, allora diventa “capire come queste spese sono state ripartite”. D’altronde, come ha riferito ad aprile, viaggiare in business class è una scelta imposta dal mal di schiena.
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Ogni volta che si tocca un argomento durante l’audizione, ecco che la discussione vira sui comportamenti di Parisi, sui contrasti con il direttore generale che qualche giorno fa l’ha invitato a non scaricargli addosso la responsabilità dell’accertamento sulle spese. E tutte le risposte sono accompagnate da un’espressione, ripetuta sei volte: “Strumentalizzazione politica”.
Perché lui, dice, è invece impegnato a girare persino nei centri per l’impiego: “Dico: sono Mimmo Parisi, faccia finta che sia uno che chiede lavoro”. Perché in fondo non è un problema se il piano industriale di Anpal servizi passa con il suo voto decisivo, quello del presidente-amministratore unico di due società.
E nemmeno se la stabilizzazione dei precari dell’Anpal per ora si è configurata come un prolungamento del contratto fino a dicembre e solo per un quarto dei lavoratori che non ha un contratto a tempo indeterminato. Però intanto si prendono collaboratori perché “sono un’altra cosa” rispetto alla stabilizzazione.
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Man mano che l’audizione va avanti, il tutto si trasforma in una difesa del lavoro che sta facendo Anpal. E allora Anpal ha salvato le Regioni dal caos della cassa integrazione in deroga e Anpal ha fatto sottoscrivere il Patto per il lavoro a oltre un milione di persone. Più di 700-800mila “sono state convocate, quindi riattivate”.
Ma il Patto per il lavoro è un documento che dice che puoi iniziare il percorso che porta dal reddito al lavoro. Niente di più. Poi c’è anche chi ha iniziato un rapporto di lavoro: 196mila, ma solo 100mila continuano ad avere ancora quel rapporto. Il miracolo grillino in salsa italo-americana è tutto qui: 196mila persone sono passate dal reddito di cittadinanza ad avere un lavoro. Il reddito, però, lo prendono altri 2 milioni e 200mila persone. Senza aver visto ancora un’offerta di lavoro.