Estratto dell’articolo di Marco Bresolin per “la Stampa”
DISCORSO SULLO STATO DELL UNIONE DI URSULA VON DER LEYEN
Ursula von der Leyen è in una situazione di oggettiva difficoltà. La presidente della Commissione europea si trova schiacciata tra la domanda d'aiuto che arriva dall'Italia e dalle richieste di far rispettare le regole che provengono dalla Germania, vale a dire «la nazione» verso la quale dovrebbe avere «un occhio di riguardo» (secondo una concezione che ultimamente è parecchio in voga).
[…] Come se non bastasse, il tanto rivendicato accordo con la Tunisia non sta dando i suoi frutti. Anzi. Anche per questo von der Leyen, durante il suo discorso sullo Stato dell'Unione, quando si è trattato di affrontare il capitolo immigrazione ha deciso di seguire il vecchio adagio che è un manuale di sopravvivenza per le situazioni di crisi: volare bassi e schivare i sassi.
DISCORSO SULLO STATO DELL UNIONE DI URSULA VON DER LEYEN
Il punto è che in queste ore in Europa sta per esplodere una nuova crisi migratoria e l'Ue si trova nuovamente a mani nude. Non è certo una crisi paragonabile a quella dell'estate del 2015, ma i numeri degli arrivi dall'inizio dell'anno lungo la rotta del Mediterraneo centrale iniziano a far scattare i campanelli d'allarme. E il clima di tensioni politiche che stanno montando tra Italia, Francia e Germania non promette nulla di buono.
Eppure ad ascoltare i 70 minuti di discorso di von der Leyen, e a leggere le 20 pagine della sua versione scritta, sembra che non stia succedendo nulla. Non un accenno diretto ai fatti degli ultimi giorni. Non una menzione specifica per la rotta del Mediterraneo Centrale, diventata ormai la principale porta d'ingresso in Europa, lungo la quale nei primi otto mesi di quest'anno sono arrivate 114 mila persone. «Abbiamo ascoltato tutti gli Stati – si è tenuta vaga la presidente – e ci siamo focalizzati su tutte le rotte».
[…]
DISCORSO SULLO STATO DELL UNIONE DI URSULA VON DER LEYEN
Da New York è arrivato un forte appello da parte dell'Onu, un invito alla «solidarietà europea». Il segretario generale, Antonio Guterres, ha sottolineato che «gli sforzi non possono essere fatti soltanto dai Paesi di primo approdo, ma devono essere condivisi». Dunque si tratta di «un problema dell'Ue» e servono «meccanismi di solidarietà».
La Commissione europea non ha strumenti per poter imporre questi meccanismi di solidarietà e dunque la sua presidente ha ben poche leve per le mani. Di certo non ne ha dal punto di vista giuridico, anche se potrebbe usare il suo ruolo per muovere la leva della persuasione.
al sisi giorgia meloni antonio guterres
In alte occasioni von der Leyen aveva rivolto appelli simili a quelli di Guterres a tutti gli Stati. Ieri invece ha preferito sorvolare, limitandosi a dire che «l'immigrazione deve essere gestita» e a invitare i governi e il Parlamento a chiudere i negoziati sul nuovo Patto migrazione e asilo al più presto per trovare un equilibrio «tra la protezione delle frontiere e la protezione delle persone, tra la sovranità e la solidarietà».
Un colpo al cerchio, uno alla botte e così nessuno si farà del male. Del resto, non appena ha provato ad accennare all'accordo siglato con la Tunisia, dicendo che andrebbe replicato con altri Paesi, nell'Aula del Parlamento europeo si sono subito sentiti i mugugni degli eurodeputati dell'emisfero sinistro, soprattutto tra i banchi dei socialisti.
al sisi giorgia meloni antonio guterres
Proprio ieri il presidente tunisino Saied ha negato l'ingresso a una delegazione del Parlamento Ue. «Una decisione scandalosa» secondo Pedro Marques, vice presidente del gruppo dei socialisti, che accusa von der Leyen di un «grave errore politico».
[…] nel frattempo restano le vecchie regole che al contrario della riforma non prevedono alcuna forma di solidarietà, ma che impongono chiari doveri in termini di responsabilità. Uno di questi prevede che gli Stati membri di primo ingresso riaccolgano sul proprio territorio chi si è spostato in altri Paesi Ue attraverso i movimenti secondari.
L'Italia ha interrotto ormai da tempo questi trasferimenti: su 23 mila richieste inoltrate dagli altri Stati a Roma nei primi 8 mesi di quest'anno, solo 46 sono stati riaccolti. E ora Berlino ha deciso di presentare il conto: fino a quando Roma non tornerà ad applicare le regole di Dublino, il governo tedesco non parteciperà più al meccanismo di ridistribuzione ideato proprio per alleviare la pressione sull'Italia.
migranti a lampedusa 5
Trattandosi di un sistema volontario, i Paesi non hanno alcun obbligo in tal senso. E infatti i numeri sono irrisori: l'obiettivo era di ridistribuire circa ottomila migranti dai Paesi del Sud Europa verso gli altri, ma i numeri dicono che in poco più di un anno ci si è fermati a circa un quarto. Di questi, poco più di mille hanno lasciato l'Italia per essere accolti altrove.
antonio guterres migranti a lampedusa 1 migranti arrivano a lampedusa 3 migranti arrivano a lampedusa 4 migranti arrivano a lampedusa 2
migranti arrivano a lampedusa 6