Gigi Moncalvo per “la Verità”
MARELLA GIANNI AGNELLI
Grandi misteri aleggiano intorno alla Collezione Agnelli, oltre 400 opere d'arte che Gianni e Marella avevano raccolto nel corso della loro vita, il cui valore viene fatto ammontare dagli esperti a 2,5 miliardi di euro. Ora la collezione appartiene interamente a Margherita Agnelli: con la morte della madre (23 febbraio 2019) è venuto meno l'usufrutto disposto dal testamento dell'Avvocato a favore della consorte.
margherita agnelli gianni agnelli
I quadri, esclusa una piccola parte depositata in una camera blindata nel Free Port di Ginevra, erano stati fatti rientrare in Italia, in tappe successive, da Marella e sono racchiusi nelle tre residenze di Villar Perosa, Villa Frescot a Torino (lasciata da John Elkann che si è trasferito nella sua nuova villa in collina poco lontano non appena la madre ne è rientrata in possesso), e nell'appartamento di via XXIV Maggio di fronte al Quirinale, a Roma.
Gli interrogativi che circondano questa collezione privata, tra le più importanti al mondo, sono numerosi e riguardano molto da vicino lo Stato italiano che appare inerte e poco propenso a «toccare» la royal family o quel poco che ne resta. A fronte invece di un intervento dell'ambasciata di Pechino dopo che ha scoperto che tra le opere conservate a Roma ci sono alcuni preziosi pezzi (due bufali in pietra verde) e alcuni vasi risalenti al XVIII secolo, periodo Kangxi, considerate di proprietà del popolo cinese.
LE OPERE D ARTE DELLA COLLEZIONE AGNELLI
La prima grossa irregolarità tollerata dal ministero dei Beni culturali è che pochissime di queste opere (meno di venti) sono state «notificate», cioè sono state dichiarate alle Belle arti come impone la legge di tutela dei beni artistici. Questo vale sia per le opere che già erano in Italia sia per quelle che sono entrate successivamente nel nostro Paese. In secondo luogo c'è un problema fiscale.
LA SCALA DEGLI ADDII - GIACOMO BALLA
Dopo la morte di Gianni Agnelli, il fisco italiano e le Belle arti potevano fare ben poco poiché le opere si trovavano all'estero (nelle case di New York, St. Moritz, Londra, Parigi, Alzi Pratu), ma ora che è morta anche donna Marella e la collezione è dentro i confini nazionali, è strano che nessuno intervenga su colei che ne è diventata la piena proprietaria chiedendo l'inventario delle opere e le certificazioni di acquisto e provenienza.
In terzo luogo esistono dubbi sulle necessarie misure di sicurezza garantite a queste opere, molte delle quali si trovano accatastate disordinatamente dopo essere state inventariate dai delegati della proprietaria. Basti pensare che a Roma giace appoggiato a terra in un corridoio, senza alcun riguardo, il famoso Arlequin dipinto da Pablo Picasso e valutato almeno 90 milioni.
Gianni Agnelli con Marella
Senza contare le opere che si trovano nel garage, nel deposito attrezzi e nella rimessa dei trattori di Villa Frescot: alcune sculture moderne portano addirittura l'indicazione «rotta». più di 400 pezzi La collezione Agnelli è composta da più di 400 opere d'arte.
Il numero esatto è imprecisato poiché oltre alle 309 indicate nell'allegato segreto dell'accordo di Ginevra del 2004, l'anno scorso dopo la morte di Marella ne sono emerse altre 54 solo sulle pareti di Villa Frescot e altrettante nella casa di Roma. Il valore complessivo per le 309 opere inventariate ammontava nel 2004 a 213 milioni di dollari. Ma si trattava di una stima molto bassa e irrealistica.
Luigi Carluccio
Basti pensare che soltanto le 25 opere donate, anzi «prestate», alla Fondazione pinacoteca del Lingotto nel 2002 pochi mesi prima della morte di Gianni, avevano un valore stimato più del doppio: 473 milioni di dollari, di cui 368 per i quadri di Gianni, più le tre opere donate da Marella valutate 105 milioni. Quella stima di 213 milioni per le opere extra-Lingotto appare irrisoria in virtù di un altro dato.
Si è spesso favoleggiato che Gianni avesse un Klimt sopra il suo letto a Torino a Villa Frescot e che quello fosse il quadro a lui più caro e il più prezioso dell'intera collezione. In realtà, l'Avvocato aveva non uno ma cinque Klimt del periodo figurativo, e in totale i quadri del pittore viennese erano stati valutati 87,5 milioni di dollari, mentre solo tre di essi ne valevano almeno 25 ciascuno e gli altri due erano stimati 7,5 milioni ciascuno.
IL DUCA DI BEAUFORT
David Somerset
Gianni Agnelli ha impiegato più di mezzo secolo per completare la sua collezione. A Torino si avvaleva dei consigli di Luigi Carluccio (scomparso nel 1981) e di Mario Tazzoli (morto nel 1990). Sul piano internazionale contava sull'amicizia di uno dei più grandi esperti al mondo: David Somerset, undicesimo duca di Beaufort, di cui l'Avvocato era spesso ospite nella residenza di Badmington House nel Gloucestershire.
MARELLA GIANNI AGNELLI
Pari d'Inghilterra e grande proprietario terriero, acerrimo avversario di chi voleva abolire la caccia alla volpe, è stato fino alla morte, avvenuta nel 2017 a 89 anni, uno dei più grandi collezionisti ed esperti d'arte planetari, titolare a Londra della Marlborough gallery al numero 6 di Albemarle Street, una galleria che ha una succursale nel quartiere di Chelsea a New York. Quando il duca informava in anteprima Gianni Agnelli di qualche interessante e opera arrivata sul mercato, l'Avvocato prendeva decisioni rapide senza badare al prezzo.
marella agnelli john elkann margherita
Incaricava Ursula Schulte, una delle colonne del suo family office, la Sadco di Zurigo, di occuparsi delle modalità di pagamento e ordinava che la fattura venisse intestata e pagata dalla Fiat, come se si trattasse di un bene aziendale e non personale. Qualcuno ha osservato perfidamente che l'Avvocato ha messo in conto all'azienda, e quindi in pratica allo Stato e ai contribuenti italiani, perfino i quadri della sua collezione privata.
STIME AL RIBASSO
lucien freud
La collezione Agnelli comprende capolavori di Balthus, splendidi dipinti di Francis Bacon e Lucien Freud, di cui Agnelli fu tra i primi a intuire l'importanza, ma anche Delacroix e David, Gericault, l'amatissimo Corot, Boccioni, Carrà, una magnifica testa di Brancusi, una scultura con taglio di Fontana, un cavallo e cavaliere di Marino Marini, opere di De Chirico, per arrivare a Larry Rivers e Mario Schifano, le cui tele da un trentennio rivestivano la sala da pranzo dell'abitazione romana.
margherita agnelli e gianni agnelli 1
Un elenco dettagliato di quadri, sculture e arazzi è allegato all'accordo transattivo firmato a Ginevra il 18 febbraio 2004 tra donna Marella e Margherita. È un elenco segreto di capolavori e questo fa comprendere come sia un peccato che non sia possibile ammirare da vicino queste opere. A stilare questo elenco fu proprio il duca di Beaufort. Un'ulteriore conferma della necessità di moltiplicare per numerose volte il valore attribuito dal duca di Beaufort alla collezione è dimostrata, ad esempio, da uno degli inventari stilati successivamente alla morte di Marella. Limitandosi alle sole opere racchiuse a Villa Frescot nel 2019 il loro valore è stato valutato 75 milioni di euro.
MARGHERITA AGNELLI
Un ultimo «mistero»: dall'inventario eseguito a Villa Frescot dopo la morte di Marella, sono «emerse» 53 opere che non figuravano nell'accordo di Ginevra. Possibile che sia Marella che Margherita le avessero «dimenticate»? E possibile che John, lasciando Villa Frescot, le abbia lasciate alla madre? Ad esempio, nella villa di St. Moritz era indicata la presenza di una sola opera del quotato artista americano Tom Wesselmann, mentre invece ce n'erano altre tre, da 1,5 milioni ciascuna.
Solo le opere «dimenticate» hanno una quotazione totale odierna di 35 milioni e mezzo contro i 23 di tutte le altre che si trovano a Frescot. Ora sono da aggiungere all'elenco totale del 2004 a Ginevra. La prova di certe valutazioni del tutto irrealistiche è inoltre confermata da due opere: una di Francisco Goya e l'altra di Pablo Picasso. Sul Goya (A merchant in his office - Allegory of Commerce), il duca di Beaufort non ha voluto nemmeno pronunciarsi, mentre per l'Arlequin, un olio su tela dipinto da Picasso nel 1909, la valutazione del 2004 è stata di soli 6 milioni di dollari.
Edoardo, Marella e Gianni Agnelli
Appena quattro anni dopo, il 29 ottobre 2008, quando Marella decise di mettere all'asta la casa di New York e una parte dei quadri, la valutazione di Sotheby' s su quel dipinto era salita a 30 milioni di dollari. Donna Marella poi tolse quel Picasso dall'asta e lo trasferì nella sua casa di Roma. Nella primavera del 2018 allorché ci fu il contrasto con la figlia a causa del mancato pagamento dell'assegno mensile di 700.000 euro, la vedova Agnelli, per forzare la situazione fece credere che stava per mettere all'asta le sedici opere della figlia che lei aveva in pegno. Tra queste c'era proprio l'Arlecchino.
A MERCHANT IN HIS OFFICE - GOYA
La situazione, grazie anche a questa «minaccia», si risolse amichevolmente. Ma, in quella occasione la base d'asta per quel dipinto era stata fissata in 90 milioni di euro. In quindici anni dunque, il valore era passato da 6 a 90 milioni, quindici volte di più. Anche sulla base di questa considerazione, secondo gli esperti il valore totale segnato in quell'accordo, cioè circa 250 milioni di dollari, va moltiplicato almeno per dieci. Ecco perché e arriva a superare ampiamente i 2 miliardi di dollari.
margherita agnelli e gianni agnelli 3
Nell'inventario del duca di Beaufort c'è una sola casella sul valore dell'opera di Goya, il grande pittore e incisore spagnolo vissuto tra il 1746 e 1828. Un metro di paragone sul suo valore arriva da un'asta di Sotheby' s del gennaio 2002 a New York. L'ultima opera del pittore spagnolo, Ritratto di Mariano, proveniente dalla collezione del magnate greco George Embiricos, è stato stimato tra 6 e 8 milioni di dollari. In una precedente asta (luglio 2008), a Londra da Christie' s, tre disegni di Goya sono stati venduti per più di 8 milioni di franchi svizzeri.
LE «NOTIFICHE»
il matrimonio tra margherita agnelli e alain elkann
Che fine farà la collezione Agnelli, una delle più importanti non solo del nostro Paese? Essendo privata, è del tutto sconosciuta agli italiani, tranne la minima parte esposta nella Pinacoteca del Lingotto. È una collezione di enorme importanza, soprattutto per le opere degli ultimi quattro secoli e annovera creazioni di altissimo livello. Per l'Ottocento e il Novecento è di gran lunga superiore a qualsiasi collezione pubblica italiana. Sul suo destino pesano alcuni aspetti non secondari.
Infatti le valutazioni inferiori al reale dei quadri elencati nell'accordo di Ginevra erano dovute a esigenze fiscali. Secondo la legge italiana, la pubblica amministrazione ha un diritto di prelazione sulla eventuale vendita di opere d'arte. Possedere un dipinto, o un altro bene mobile, incluso («notificato») dallo Stato nel novero dei beni di notevole interesse storico-artistico e assoggettato, perciò, al regime dei beni culturali, comporta per il privato una serie di obblighi da rispettare, tra cui il principale, è quello di denunciare la proprietà del bene alla Soprintendenza.
gianni agnelli e marellla agnelli
In tal modo lo Stato può fissarne un valore nel caso decidesse di esercitare la sua prelazione. Il mancato rispetto delle norme, racchiuse nel Codice dei Beni culturali e del paesaggio, comporta rilevanti sanzioni penali. È, quindi molto importante, per il proprietario del bene, osservare le norme e uniformarsi agli obblighi previsti. È chiaro che ogni proprietario di opere di rilevante valore artistico e culturale dovrebbe «notificare» tali opere alla soprintendenza, spontaneamente e tempestivamente, allorché tali beni entrano nella sua disponibilità.
lucio fontana
Ma, in questo settore, c'è la tendenza dei collezionisti, specie privati, a diminuire quanto più possibile la visibilità dell'opera per impedire due conseguenze: doverla sottoporre a una «valutazione di Stato» alla quale sarebbero vincolati in caso di vendita, e vedere limitato il loro diritto di proprietà poiché in caso di vendita ad acquirenti stranieri, questi ultimi sarebbero obbligati a tenere le opere all'interno dei confini italiani. Una delle maggiori preoccupazioni di Marella era e oggi è per Margherita è quello di non essere libera di vendere alcune opere o il rischio di una confisca in Italia o alla frontiera. Un altro grande problema riguarda la documentazione su come e da chi l'opera è stata acquistata e le modalità di pagamento. Gianni Agnelli, ovviamente, non si era mai preoccupato di questi aspetti.
Mario Durso
Le sue opere regolarmente «notificate», nonostante si trovino in Italia, si contano sulle dita di una mano. Ad esempio, tra le 77 opere (sculture, quadri, arazzi) che si trovano oggi a Villa Frescot solo tre risultano in regola: un disegno di Raffaello (Giove e Cupido, valutato 8 milioni), un bronzo con taglio di Lucio Fontana (Concetto spaziale, 3 milioni), una tela del Bronzino (2 milioni). La stessa proporzione vale per Villar Perosa e per la casa di Roma. Davvero un po' poco.
È famoso l'episodio che riguarda una cena a Villa Frescot in cui tra gli invitati era presente una importante autorità pubblica della tutela dei beni artistici. Al momento di spostarsi in biblioteca, uno degli ospiti, Mario d'Urso, avvicina l'Avvocato e gli sussurra: «Gianni, ti rendi conto che quel signore domani potrebbe mandarti in casa i carabinieri per costringerti a notificare i tuoi quadri alle Belle arti e controllare i documenti di acquisto? Perché hai voluto correre un simile rischio?».
marella agnelli john elkann margherita
Gianni avrebbe risposto: «Deve ancora nascere chi manda i carabinieri a casa mia. Che cosa ti fa pensare che quello voglia fare il proprio dovere? Non ne sono tanto sicuro». E il ministero? Se i cinesi si sono mossi per i loro due bufali, lo Stato italiano non riserva analoga attenzione specie sulle sorti future di questa collezione. Perché non viene intavolata qualche trattativa con Margherita Agnelli per vedere che cosa intenda fare in futuro a proposito del suo patrimonio artistico?
dario franceschini michela de biase (2) foto di bacco
Nessuno pretende un esproprio, tuttavia ci sono molte ragioni di opportunità che dovrebbero rendere l'ultima discendente di Gianni Agnelli disponibile ad una ostensione al pubblico delle opere, magari a rotazione. Sarebbe una sorte di «risarcimento» per tutti gli Italiani e si tratterebbe di un evento clamoroso per il patrimonio artistico nazionale anche a livello internazionale. In assenza di qualsiasi iniziativa esiste un rischio fortissimo che la collezione vada dispersa, venduta a collezionisti privati, messa all'asta all'estero, oppure in altre forme esportata in virtù del fatto che i cinque degli otto figli di Margherita, coloro che molto probabilmente la erediteranno dalla madre, risiedono all'estero così come la stessa proprietaria.
Il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, dovrebbe farsi carico di questa situazione e intraprendere qualche iniziativa prima che sia troppo tardi. È chiaro che la proprietaria non ha alcun interesse a far «emergere» le opere d'arte di cui è entrata in possesso. Non è animata né da interessi culturali, né da personali motivi di riconoscenza verso il Paese in cui ha trascorso non molti anni della sua vita ma che ha contribuito così tanto a «finanziare» l'azienda di suo padre e a «salvarla».
MARELLA AGNELLI
L'unica motivazione che potrebbe indurre Margherita a esporre parte delle sue opere d'arte e a permettere ai cittadini di vederle e ammirarle, potrebbe essere di carattere economico: ognuno ovviamente dovrebbe pagare il biglietto per vedere quei quadri, come avviene al Lingotto. Ma il problema è in quale luogo potrebbe essere organizzata una simile mostra, nelle sale di quale museo, e per quanto tempo.
Lo Stato ha in mano una carta preziosa se avesse il coraggio di farla valere. Potrebbe proporre a Margherita una sorta di scambio: nessuna sanzione per la mancata notifica delle opere, nessun sequestro di quelle che si trovano in Italia e sono prive dei requisiti previsti dalle Belle arti, nessuna forma di «esproprio».
gianni agnelli brooks brothers
Oppure, se eventuali trattative venissero sdegnosamente rifiutate dalla diretta interessata - come probabile -, lo Stato potrebbe passare all'azione bloccando temporaneamente quelle opere con una motivazione molto fondata: il pericolo di furti o di una vendita all'estero e quindi di un espatrio clandestino. Sia a Villa Frescot che a Roma in via XXIV Maggio la custodia, la sicurezza delle opere e le migliori condizioni di conservazione non sono garantite.
gianni agnelli con colletto button down slacciato
Dopo la morte della nonna, John aveva dato disposizioni affinché gli uomini di Fca Security, garantissero la vigilanza delle tre residenze ormai disabitate. Ma Margherita da mesi non ha più voluto che fossero i dipendenti di John a «sorvegliare» e ha lasciato a persone di sua fiducia questo compito che, a causa dei costi elevati, ha progressivamente visto assottigliarsi il numero degli addetti e dei custodi.
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