1 - FERRAGNI, L'ARTE DELL'INFLUENCER
Luca Beatrice per “il Giornale”
Probabile si tratti di un benefico effetto collaterale il + 24% di visitatori accorsi agli Uffizi lo scorso weekend (e tra questi il 27% sono giovani under 25), un boom derivato secondo gli esperti di comunicazione dall'arrivo di Chiara Ferragni, ospitata dal direttore Eike Schmidt, che non ha esitato a paragonare (esagerando) l'imprenditrice digitale e influencer all'ideale di bellezza rinascimentale espressa da Sandro Botticelli.
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Intendiamoci: è benemerito chiunque riesca a diffondere cultura e arte nel pubblico più giovane, anche se non credo che dopo un post della Ferragni tutti i suoi fan diventeranno studiosi del Rinascimento, come auspica Matteo Renzi. Con minor clamore, e con un prodotto a mio avviso ben più interessante, qualche settimana fa Mahmood ha ambientato il video del nuovo singolo, Dorado, al Museo Egizio di Torino. C'è comunque da considerare che l'utente medio del museo è avanti con l'età, che nei prossimi mesi si ridurranno le scolaresche e le file di turisti, che dunque sarà necessario inventare altre strategie per portare nuovo pubblico.
Invece di accapigliarsi in dibattiti di basso profilo che altro non fanno se non rivelare lo stato di pessima salute dell'accademismo culturale in Italia, bisogna intanto dire grazie a Chiara, al marito Fedez abilissimo a riprendere le polemiche, a Mahmood con scelte per nulla scontate. Con buona pace dei professori del distinguo, come Tomaso Montanari: se non piace a lui, peraltro, vuol dire che va bene. Il fenomeno «Ferragnez» va però interpretato come una concausa.
I contagi scendono, la paura anche, qualche timido turista si affaccia a Firenze, i ragazzi hanno tanto tempo libero e possono usarlo per scoprire i tesori della propria città, insomma è davvero auspicabile che il numero dei visitatori nei musei italiani e nelle mostre sia in crescita, seppur contingentata. Però è indubbio che l'effetto si sia visto e allora si può cominciare a ragionare su diversi investimenti nella comunicazione.
Bisognerebbe convincere Cristiano Ronaldo, il più seguito del mondo su Instagram, a visitare i Musei Vaticani, Kim Kardashian, Selena Gomez, Ariana Grande, Beyoncé a postare qualche opera d'arte sui loro profili. Non hanno standing intellettuale? Non mi risulta lo avessero neppure i turisti del pranzo al sacco scaricati da torpedoni inquinanti. Bando ai moralismi stucchevoli dunque, e che la macchina riparta presto.
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2 - MUSEI SVILITI: A QUESTO SERVIVANO GLI STRANIERI?
Antonello Piroso per “la Verità”
La situazione dei musei e delle gallerie d'arte italiani deve essere grave ma non seria, se per far parlare di sé (e questo articolo ne è l'evidente conferma) i medesimi devono ricorrere a un'arma di promozione di massa come Chiara Ferragni.Ne scrivo anche per fatto personale. Quando venerdì 17 luglio le Gallerie degli Uffizi (ovvero la Galleria, la reggia medicea di Palazzo Pitti e il giardino di Boboli) hanno postato su Instagram - attraverso il proprio account istituzionale - la foto della suddetta influencer davanti alla Nascita di Venere di Sandro Botticelli, con una didascalia tracimante «arguzia leggermente delirante» (così Repubblica), in cui si paragonavano i canoni della bellezza rinascimentale con quelli odierni, incarnati, ca va sans dire, da Ferragni, «capelli biondi e pelle diafana», sono intervenuto via Twitter esprimendo sorpresa e sconcerto.
A me - e agli altri come me (a soffiare sul fuoco è stato come sempre quel simpatico bandito di Roberto D'Agostino con Dagospia) - ha replicato il di lei consorte Fedez, uomo peraltro dalla testa pensante: «Non è la prima volta che vengono ambientati degli shooting per la moda in luoghi d'arte. Perché non vi siete indignati prima? Giorni fa è uscito un video bellissimo di Mahmood girato al Museo Egizio: silenzio. Ferragni agli Uffizi: scandalo! Ma allora dite semplicemente che vi sta sui co... a prescindere, e pace fatta». E certo: come non vedere, nelle critiche alla signora, il riflesso del pregiudizio ideologico, dell'invidia sociale e del rosicamento plebeo?
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A questo punto urge una contro-arringa.Niente di personale nei confronti di Chiara Ferragni, libera di andare dove le pare, mettendosi in posa per uno scatto o facendosi un selfie. Ferragni è bravissima a fare quello che le riesce meglio, cioè -senza offesa- assolutamente niente. È una fuoriclasse nel «vendere» la propria immagine, monetizzandola e fatturando milioni di euro, e scusate se è poco. C'è riuscita anche stavolta, se alla fine le visualizzazioni sull'account del museo sono state meno, molto meno, di quelle sul suo account. Quindi l'evento non è stato «Gli Uffizi ospitano tra i suoi visitatori Chiara Ferragni», bensì «Chiara Ferragni nobilita con la sua presenza gli Uffizi».
Nulla sapevo di Mahmood e della sua iniziativa al Museo Egizio, caso che comunque non rileva (il cantante sfrutta la location per un suo video, non è il museo a «sfruttare» lui). Non mi spingerò, come fa sempre Repubblica, a bollare come «sicuramente comica» l'idea di confrontare Ferragni e Venere. Mi limito a osservare che se ci sono uomini, e magari anche donne, che si dilettano e si «leottano» davanti alle bionde standardizzate, personalmente prediligo modelli meno sofisticati e più popolani (con la enne), alla Charlize Theron per intenderci, ma anche di questo chissene.
tweet sui ferragnez alla cappella sistina 2
Bisogna semmai chiedersi: perché agli Uffizi sono andati in brodo di giuggiole postando quella foto e quel testo? Responso facile: puntavano a intercettare i followers dell'influencer. Se anche solo l'1% di essi verrà alla Galleria, si saranno detti, avremo fatto il botto. Essendo infatti oltre 20 milioni, l'1% è pari a 200.000 persone. E qui cominciano le riserve. Se infatti nel 2019 i visitatori del complesso sono stati quasi 4.400.000 - come da soddisfatte dichiarazioni del direttore, il tedesco Eike Schmidt, nel gennaio scorso - con una crescita che «prosegue inarrestabile», l'unica spiegazione possibile della decisione di promuovere in modo siffatto il museo è che il lockdown causa Covid, e le conseguenti regole sugli ingressi contingentati e il distanziamento, hanno fatto più danni (economici) del previsto, cui si vuole porre rimedio con ogni strumento di marketing a disposizione.
CHIARA FERRAGNI E FEDEZ
Ma se il parametro deve essere il potenziale bacino d'utenza raggiungibile grazie a testimonial popolari (con la erre), perché oltre a Ferragni non immortalare e poi postare, che so, quello svalvolato di Gianluca Vacchi davanti all'Annunciazione di Leonardo Da Vinci o Fabrizio Corona davanti allo Scudo con testa di Medusa di Caravaggio? Anzi, già che ci siamo, perché non Christian De Sica e Massimo Boldi (davanti, per dire, al Doppio ritratto dei duchi di Urbino di Piero della Francesca, e pazienza se uno dei due è una lei), che con i loro cinepanettoni hanno portato nelle sale legioni e legioni di fan della loro comicità da dolce stil novo: rutti, peti e parolacce?
E ancora: quando nell'ottobre scorso - dopo che il citato Schmidt, il francese Sylvain Bellenger per Capodimonte, l'inglese James Bradburne per la Pinacoteca di Brera, nonché l'italiana Cristiana Collu per la Galleria d'Arte Moderna di Roma, hanno visto riconfermati i loro mandati per altri quattro anni - il ministro della Cultura e del Turismo, il dem Dario Franceschini, autore della riforma che nel 2015 ha aperto le frontiere, ha affermato: «L'autonomia dei musei funziona, in questi anni ha portato sicuramente maggiori visitatori ma è stata soprattutto un ottimo strumento per modernizzare i musei italiani e rafforzare la tutela e la produzione scientifica», al concetto di «modernizzazione» associava l'idea di siffatte campagne?
fedez ferragni pole dance copia
Lungi da noi fare una ridicola battaglia in nome dell'italianità del sapere (la conoscenza, l'erudizione, la scienza non hanno confini né passaporti), ma la domanda sorge spontanea: per adottare queste politiche di «commercializzazione» dovevamo per forza ricorrere a eminenti figure straniere? Vero è che nel giugno 2018 il Consiglio di Stato, riunito in adunanza plenaria e ribaltando una sentenza del Tar del Lazio, ha messo la parola fine al contenzioso sul tema.
Per sommi capi: davanti alla nomina dell'austriaco Peter Assmann al Palazzo Ducale di Mantova, la soprintendente italiana Giovanna Paolozzi Maiorca Strozzi si era rivolta alla giustizia amministrativa, che in prima istanza le ha dato ragione, poi torto, dal momento che «il diritto dell'Unione europea non consente di escludere un cittadino della stessa Unione da una selezione pubblica».
eike schmidt vaso di fiori jan van huysum
A queste argomentazioni si opporranno quelle di chi citerà i calciatori stranieri che hanno alzato il livello del campionato nostrano, dimenticando che l'importazione massiccia di talenti (o presunti tali) ha portato all'impoverimento dei vivai autoctoni; o di chi evocherà Andy Warhol e la visione di un'arte - la sua, la Pop Art - da consumare come ogni altro prodotto esposto sullo scaffale di un supermercato, da vendere come un barattolo di zuppa o un fustino di detersivo.
O come la politica, in fondo, con la discesa in campo e la «rivoluzione» di Silvio Berlusconi, che ha alla fine si è dimostrata vincente (anche se non per questo la migliore) proprio sul piano «culturale». Morale: ha ragione Chrissie Hynde, cantante dei Pretenders, quando afferma che la postmodernità e il pop sono come «il Big Mac: non è buono, ma tutti lo comprano; da Mtv in poi si è venduta la musica a suon di cantanti che ammiccano sessualmente e di video soft porno. Ma quella è solo pubblicità, non qualità». Appunto.
Peter Assman Giovanna Paolozzi Maiorca Strozzi Il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt e Antonio Godoli mostrano i danni al Corridoio Vasariano