Giuseppe Marcenaro per “Il Venerdi di La Repubblica”
tombe egizie
D’altra parte non è una novità. L’umano, per sentirsi vivere, anziché farsi coinvolgere dalla serenità vagheggia di sprofondare nella paura. Nel brivido. E così si inventa situazioni e luoghi da costeggiare con terrore. La cosa sorprendente è che angoli del pianeta in apparenza tranquilli, lande di ondulati declivi, coste di fascinoso marezzare, possono mutare in orrorifici paesaggi. Magari a causa di un dettaglio.
Per colpa essenzialmente di un’effrazione del pensiero, colpa di una vecchia storia malintesa, raccontata da qualcuno in vena di recare presunti misteri, suscitati dalle insondabili profondità del tempo.
Quest’è la bizzarra sensazione, non certo di paura, semmai di curiosità senza tremor panico, che si prova sfogliando un libro, giustissimo per il tempo nostro, in cui l’eccezionale, l’ammirabile, il freak, è di modaiola vocazione, sollecitata più da un diffuso strabismo mentale che dalla realtà. L’andar cercando l’eccentrico per sorprendere.
Quando poi ogni cosa e ogni storia sono di banalità disarmante. Esempio di questo gioco a rimpiattino con misteri diffusi e brividi, l’Atlante dei luoghi maledetti, di Olivier Le Carrer (Bompiani). È un calepino che inventaria luoghi spaventagente con un florilegio di situazioni eccentriche sparse per i cinque continenti.
pipistrelli della frutta
Veramente l’imbarazzo della scelta. Intanto per chi volesse visitare, territori, angoli romiti e situazioni insolite. Al contrario, soprattutto a uso dei pavidi, farsi venire la pelle d’oca semplicemente girando le pagine.
E scoprire come certi luoghi scomodi, plaghe celebrate per dubbia fama, edificate dal ron ron del passaparola, somiglino in realtà, più che a scenari infernali, a scalcinati teatri stabili di orrori tutti mentali. Insomma niente di vero. Soltanto cervelli sgomentati dall’autosuggestione.
L’Atlante dei luoghi maledetti ce la mette proprio tutta e esibire luoghi sotto le più sinistre e tenebrose luci loro. Angoli di mondo deprecati tanto per cattiva fama, quanto perché, per imperscrutabile fatalità, proprio lì vi si è perpetrato qualche efferato delitto. Mutando di fatto un angolo di mondo sereno in scenario emanante iettature tragiche. Perciò celebrato a eterna ignominia.
atlante luoghi maledetti
Al di là dello sproloquiare donde s’origini la paura, compagna imperitura del volgere dell’esistenza nostra, con un necessario rosario di scongiuri, viene spontaneo chiedersi se, d’esempio, la notissima valle dei Re, nel profondo Egitto, meta di battaglioni di turisti infoiati, debba veramente considerarsi un luogo maledetto. Soltanto per il fatto che, si torca quanto si voglia, è un cimitero. Che ospita gente d’alto lignaggio. Notoriamente faraoni. Comunque sempre cimitero è. Con le tombe archeologicamente siglate. La sua malandrina fama, l’egizio sito, la deve non soltanto all’essere oggi uno dei luoghi più celebrati dell’antichità ma soltanto perché ospita un sepolcreto individuabile con la sigla KV62. Fosse vivo il Belli starebbe lì a dire: «KV62? E che ha da esse? La tomba de Tutankamme !».
castello pirenei
È colpa del faraone fanciullo se quel luogo di pace eterna viene additato tra i maledetti. Una leggenda ingrata perseguita il povero Tutankhamon. Per qualche delirio della sorte si tirò addosso tutti gli universali anatemi e scongiuri perché un po’ di quelli che ne rinvennero la tomba ed ebbero a che fare con la sua mummia e i sontuosi arredi funerari – soprattutto la celeberrima maschera d’oro – conclusero l’esistenza loro con morti inspiegabili. D’altra parte tutte le morti, in un modo o nell’altro, sono inspiegabili. La morte medesima lo è. Eppure l’ultima dimora del faraone bambino si è guadagnata l’impronta di sito maledetto.
E quale colpa hanno i poveri pipistrelli della specie Eidolon helvum, volgarmente pipistrelli della frutta paglierino, se la loro presenza induce a deprecare il luogo al quale approdano nella loro migrazione? In effetti arrivano a nuvole e oscurano il cielo del parco nazionale di Kasanka in Africa. I pipistrelli sono descritti con un musetto canino e denti affilati. Mica però si avventano alla gola di chi passa per il parco per succhiargli il sangue. Sono pipistrelli vegetariani: «Trecentomila tonnellate di frutta spariscono ogni anno durante la razzia».
BERMUDA TRIANGOLO
Da che mondo è mondo, il ciclo naturale. Il volgere delle stagioni, delle migrazioni. Questi vampirini della frutta saranno guardati con occhio torvo, magari temuti. Al fondo però non si può negar loro una certa qual simpatia. Eppure il baedeker stabilisce che il parco nazionale di Kasanka sia maledetto. Come maledettissimi i ruderi di torri e castelli tipo quello di Montségur, conosciuto anche come cittadella della vertigine, con tutto il profluvio della universale palla del Santo Graal; e quello di Tiffauges dove con un balzo di soprassangue la memoria corre a Gilles de Rais, in arte Barbablù, con la notissima solfa delle sette mogli spiaccicate sulle pareti di una stanza segreta.
Fatalmente ciò che non si spiega o non si comprende merita l’attributo di maledetto: il villaggio fantasma di Roccasparviera nel Sud della Francia. Anche Norimberga: città maledetta poiché culla del nazismo. Ma non è stata la capitale dei giocattoli? Luogo di vertiginoso incubo spirituale, secondo l’Atlante della sfiga, quale dovrebbe essere se non il Golgota? Con tutto ciò che da quelle parti è successo.
Il catalogo delle sventure procede con impietosa costanza. S’effonde verso Kibera, Kenya, dove pare sussista una «cloaca non repertoriata: un luogo di cui i cartografi ne sanno così poco che preferiscono dimenticarlo». Farebbe il paio con Zapadnaya Litsa, definita l’autentica «anticamera dell’inferno», non soltanto a causa delle spaventose condizioni climatiche e dell’interminabile notte polare. Il luogo sta all’estremo nordovest della Russia e sembrerebbe lo scenario più adeguato agli amanti della natura selvaggia. È che negli anfratti di un profondissimo fiordo pare vi sia il deposito di tutti i sommergibili e testate nucleari andate in disuso, ferraglie dismesse dalla disciolta Unione Sovietica.
ultima foto del titanic a galla
E poiché sul maledettissimo pianeta non ci si può far mancare niente, il rigoglio del terrore sta in certe isole sperdute dove sembra avvenga l’iraddiddio, un incubo tropicale con un nome simbolicamente tranquillizzante: Isola Europa. E poi il golfo di Aden con le moderne marmaglie dei pirati; le lagune avvelenate di Thilafushi nell’arcipelago delle Maldive; l’Houtman Abrolhos, meglio interpretabile come l’arcipelago del massacro: luogo di naufragi plurimi. E come farci mancare le onde maledette al largo di Half Moon Bay, a a sud di San Francisco? E per buon peso i maledettissimi triangoli: quello del Nevada dove pare siano spariti oltre duemila aerei nel corso degli ultimi cinquant’anni. E tutto a mezz’ora di macchina da Las Vegas.
Non poteva certo mancare il più classico dei triangoli. Quello delle Bermuda, troppo noto per tentare d’evocare cosa vi succeda. Peccato che, alla fine di una moltitudine di punti geodetici sfigati, a questo salutare Atlante manchi una informazione essenziale. Le coordinate marine dove trovò il suo nefasto destino il Titanic. A proposito di maledetta scalogna.
titanic