Maurizio De Giovanni per “la Stampa”
MAURIZIO DE GIOVANNI
Io l'ho incontrata, Viviana. L'ho incontrata in un negozio di telefonini, una bella ragazza magra e abbronzata, qualche tatuaggio sugli avambracci, i capelli tinti tra il biondo e il rosso, gli occhi che vagavano tra un volto e un oggetto, sopra la mascherina. Ha fatto domande strane al ragazzo al banco, voleva sapere se si può essere rintracciati anche col cellulare spento. E poi l'ho incontrata al supermercato, Viviana; era piccola, bruna, uno sguardo corrugato: prendeva e rimetteva a posto sempre la stessa scatola di piselli dallo scaffale, come fosse un lavoro; poi si è accorta di me e se n'è andata, un po' curva sotto il peso di chissà quale pensiero.
VIVIANA PARISI E IL PICCOLO GIOELE
E l'ho sentita, Viviana, urlare dal piano di sopra o dal piano di sotto chissà contro chi, forse contro il destino o contro qualche fantasma reale e concreto per lei e per nessun altro. Perché a guardare le immagini che ogni canale rimandava ieri, di quella vegetazione fitta e di quel sole spietato, mentre decine di telecamere e di cronisti contriti cercavano di intravedere qualcosa di quelle morti e di quelle tracce, il pensiero era tutto per le cento e le mille Viviane che abbiamo incontrato e che incontreremo.
GIOELE MONDELLO
Strano mondo, il nostro. In cui siamo pronti a documentare ogni minuscolo stato d'animo ad amici lontani un continente, conosciamo i soprannomi di gatti e di cani, sappiamo quale libro stanno leggendo persone che non abbiamo mai visto e che mai vedremo, e sul nostro stesso pianerottolo si muore d'urgenza e di solitudine. Un mondo in cui possiamo parlottare per ore ridacchiando di un vestito eccentrico e voltarci di spalle di fronte a reiterate richieste d'aiuto che vengono urlate alla nostra indifferenza. Il distanziamento sociale, chiedono i virologi a gran voce.
DANIELE MONDELLO VIVIANA PARISI
Come se non fossimo già distanti milioni di chilometri, connessi come siamo e aggrappati ai nostri avatar come siamo, tutti impegnati a sembrare un po' più alti, un po' più magri e un po' più colti di come siamo. E così atrocemente inconsapevoli gli uni degli altri, in realtà. Viviana stava male. Viviana è morta. Ed è morto Gioele, il suo bambino.
Certo, bisogna aspettare il riscontro delle perizie; le indagini, le analisi, il lavoro degli inquirenti sarà lungo e difficile, la zona impervia, il tempo passato, l'azione della fauna e degli agenti atmosferici, tutto quello che volete; e la voglia sottile e voyeuristica di orrore, di eccesso di disumanità, di raccapriccio ci porterà a leggere e a guardare documenti e filmati, interviste e dotte disquisizioni di esperti, di criminologi e di psicologi: e qualcuno tra i più sensibili ricorderà forse tra qualche tempo quelle foto di un delizioso bimbo sorridente e pieno di un futuro che non ha avuto, ti ricordi di Gioele, che cosa terribile, era l'estate dell'anno del Covid.
VIVIANA PARISI
Ma c'è di più, purtroppo. Perché prima di diventare materia di tavole rotonde e salotti televisivi, prima di essere analizzati in ogni fibra dell'ultima ora in cui hanno fatto ancora parte del nostro mondo, prima di scavalcare un guard-rail e inoltrarsi in un universo di cui erano gli unici abitanti, Viviana e Gioele hanno chiesto aiuto. Senza essere ascoltati, senza ricevere una mano, questa madre e questo figlio hanno urlato in silenzio percorrendo la china che li avrebbe portati dove sono arrivati.
Daniele Mondello Viviana Parisi e il figlio Gioele
Non è colpa del Covid, perché nei mille precedenti della stessa tragedia questo virus ancora non c'era. Quando l'ingegnere svizzero Matthias Schepp si uccise dopo essere andato via con le due piccole figlie gemelle che non sono mai più state ritrovate, il virus non c'era. Quando la Franzoni conobbe la propria profonda notte, il virus non c'era.
E potremmo dolorosamente continuare per pagine e pagine, ricordando e riferendo di genitori che sono arrivati alla folle conclusione di non poter lasciar vivere i figli in un mondo di cui non avrebbero fatto parte, o semplicemente di genitori che avevano manifestato i riflessi di un disagio che sarebbe potuto diventare, com' è stato, mortale per quegli innocenti.
È questa la domanda, l'ossessione che animerà il tempo di chi ha avuto la disgrazia di sopravvivere all'interno di quelle famiglie: se poteva essere evitata, la tragedia. Se guardare da quella parte, se ascoltare una parola, se cogliere un atteggiamento poteva essere il modo perché quel bambino potesse diventare adolescente, e vivere il proprio primo amore, fare una scelta lavorativa e avere a sua volta un bambino da tenere tra le braccia. E noi?
MAURIZIO DE GIOVANNI 1
Tutti noi, che con un giornale in mano o davanti a uno schermo, scorrendo un display o facendo clic con un mouse cerchiamo di saperne un po' di più da poter raccontare agli amici o ai familiari per condividere l'orrore, non dobbiamo forse porci le stesse domande? Perché Viviana aveva mostrato la propria fragilità nei giorni dell'isolamento, aveva crisi mistiche, assumeva farmaci, leggeva la Bibbia a voce altissima camminando per casa; eppure aveva accesso all'automobile, rimaneva sola con suo figlio, poteva tranquillamente uscire di casa come ha fatto portandolo via, e invece di andare al centro commerciale a comprare un paio di scarpe come aveva detto ha avuto un incidente in autostrada, e ha preso il bambino tra le braccia e ha scavalcato un guard-rail inseguita dai propri fantasmi, e sono quei fantasmi che hanno ucciso Gioele e poi lei, scaraventandola giù dal traliccio dove si era arrampicata per scappare.
daniele mondello viviana parisi
Uccisi da quei fantasmi e da tutti quelli che avrebbero potuto darle ascolto, che l'hanno vista e non hanno detto niente, che non hanno chiamato qualcuno, che si sono fatti i fatti loro, che non hanno voluto farsi coinvolgere in chissà quale pazzia, ma chi sarà quella che con un bambino in braccio cammina in autostrada e si addentra nella boscaglia. In quanti li avranno uccisi, Viviana e Gioele.
LE RICERCHE DI VIVIANA PARISI
In quanti avranno fatto finta di non vedere e non sentire e non avranno parlato, decine di scimmiette indifferenti al dolore e abilissime a guardare altrove, prima di assieparsi davanti allo schermo per vedere quello che non hanno guardato. Io Viviana la incontro ogni giorno, e la incontrerò sempre, al supermercato o al negozio di telefonini; e il pianto di Gioele risuonerà per sempre inascoltato alle mie orecchie. Mentre racconterò sui social del mio gatto, o del film che ho visto nella mia confortevole casa, un piano sopra o sotto all'orrore. Che Dio abbia pietà di me.
VIVIANA PARISI