Estratto dell’articolo di Giuseppe Colombo per “la Repubblica”
christine lagarde
È una doppia morsa, quella in cui rischia di finire il Pnrr. Da una parte l’aumento dei tassi d’interesse, dall’altra le difficoltà legate al nuovo Patto di stabilità. Un incrocio pericoloso che può scaricare problemi aggiuntivi sull’Italia. E appesantire così il carico che grava sul governo, già alle prese con l’affanno per la revisione dei progetti e con la questione della terza rata, ancora congelata a Bruxelles.
[...] l’esecutivo ha già messo in conto quali possono essere gli effetti collaterali. E per questo sta provando a giocare d’anticipo. Con un documento, consultato da Repubblica, che il ministro con la delega al Piano Raffaele Fitto ha consegnato qualche giorno fa al commissario europeo per il Bilancio Johannes Hahn.
RAFFAELE FITTO E PAOLO GENTILONI
L’oggetto è il Quadro finanziario 2021-2027, il maxi bilancio europeo da circa mille miliardi a cui è agganciato il Recovery da 750 miliardi, a sua volta la fonte di finanziamento dei Piani dei diversi Paesi, tra cui c’è anche il Pnrr italiano.
Scorrendo il testo, che Fitto ha messo a punto insieme al titolare del Mef Giancarlo Giorgetti, c’è un passaggio che inquadra un’urgenza: «L’aumento dei tassi di interesse rende più oneroso il servizio del debito: in questo senso sarà indispensabile il rafforzamento della linea Euri, legata agli interessi sul debito Next Generation Eu».
raffaele fitto giancarlo giorgetti paolo gentiloni
In pratica il governo chiede di mettere mano al bilancio e di rimpinguare le casse del fondo che la Commissione europea ha istituito per coprire i costi di finanziamento del Recovery. Aveva messo a bilancio 12,9 miliardi, stimando un aumento contenuto dei tassi , dallo 0,55% nel 2021 all’ 1,15% nel 2027. Una previsione di spesa che però è saltata perché il rialzo dei tassi è stato decisamente più forte, arrivando al 4%.
Risultato: la Commissione Ue dovrà pagare molto di più per contrarre sui mercati quei prestiti che poi finiscono nelle casse dei singoli Paesi. Per l’Italia ammontano a 122,6 miliardi. L’esborso è caricato sull’Europa, ma come coprire i costi aggiuntivi è una questione che riguarda tutti i Paesi.
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E poi c’è il Patto di stabilità. Da mesi Giorgetti chiede di tenere conto di un principio: l’esclusione delle spese per gli investimenti, a iniziare da quelle del Pnrr per il digitale e il green, dal calcolo del debito. La Francia è interessata, gli altri Paesi sono però scettici, la Germania è contraria. Un bel problema per il Pnrr se la proposta italiana non dovesse trovare spazio nelle nuove regole fiscali. Perché molti progetti, finanziati con i prestiti, non ingranano. Altri ancora non producono effetti positivi sul Pil.
E però tutti i 122,6 miliardi di prestiti, a cui vanno aggiunti i 30,6 miliardi del Piano nazionale complementare (a tassi di mercato, non “scontati” come quelli del Pnrr), sono debito. […]
giorgia meloni e raffaele fitto raffaele fitto giorgia meloni christine lagarde davos