Raffaella Polato per “l’Economia - Corriere della Sera”
tamponi copan
Loro sono quelli che il mondo conosceva, e noi no. Li abbiamo scoperti (poco) quando è scoppiata la pandemia a Wuhan e i cinesi hanno chiamato qui, Brescia, per poter fare i tamponi. Anche allora comunque non ci abbiamo fatto troppo caso.
Il Covid-19 non era ancora arrivato in Italia, nessuno immaginava che avrebbe travolto il pianeta, a molti il fatto che Pechino chiedesse aiuto a una piccola-media impresa lombarda sembrò solo curioso. Non avevamo capito che dietro la nota di colore c'era un'eccellenza assoluta.
copan a brescia
Se pure avessero voluto, gli uomini di Xi Jinping non avrebbero potuto rivolgersi a nessun altro perché nessun altro fa (faceva: dopo hanno iniziato a copiare) quel che fa la Copan.
Aveva spedito fuori mercato tutti i produttori anni prima, brevettando una tecnologia di «raccolta e trasporto», chiamiamola così, dei campioni da analizzare infinitamente più precisa, sicura, esente dal rischio di contaminazioni.
Perciò, quando quello che avevamo scambiato per un virus solo un po' più cattivo di un'influenza è dilagato in una strage senza confini, Brescia è in un certo senso diventata il centro della guerra di tracciamento.
i tamponi copan
Le armi per rilevare e seguire il Covid le producevano loro e solo loro: il gruppo fondato nel 1979 da Giorgio Triva, trasformato e proiettato verso la leadership internazionale dai figli Daniele e Stefania, guidato oggi dal tandem Stefania-Giorgio jr, figlio di Daniele, l'uomo delle intuizioni geniali scomparso nel 2014.
Quella morte avrebbe potuto segnare magari non la fine della Copan, ma di un processo di sviluppo a colpi di innovazione. Non è successo: Daniele ha lasciato all'azienda, dal primo dei ricercatori all'ultimo degli operai, un Dna che è poi lo stesso della sorella e del figlio.
copan
È questo, ad aver consentito al gruppo di far fronte all'enorme pressione di un mondo che, messo in ginocchio dalla pandemia, fino all'anno scorso non avrebbe saputo dove altro bussare. «Prima», la Copan produceva 200 milioni di tamponi l'anno.
Nel 2020 è arrivata al miliardo. Nel 2019 aveva ricavi per 141 milioni. Nel 2020 è salita a 280. Da quel momento, nell'immaginario dei non addetti ai lavori è diventata «l'azienda che "tampona" il pianeta».
Lo è, evidentemente: se ha quadruplicato la produzione, raddoppiando i dipendenti e «girando» no stop sette giorni su sette, è stato per non lasciare indietro nessuno. Però è anche molto altro, e molto di più.
i tamponi della copan
Per restare alle suggestioni: potrebbe benissimo comparire in un copione di Csi o in una trama di Jeffery Deaver, tra Lincoln Rhyme e Amelia Sachs. Presente la raccolta prove sulle scene del crimine? E quanto chi investiga sia ossessionato dal pericolo che vengano contaminate? Ok. Nella vita reale, è Copan uno dei nomi cui si rivolgono il nostro Ris, ma anche Scotland Yard, la Gendarmerie francese, l'Fbi.
Da Brescia hanno mandato i loro prodotti a Parigi dopo il massacro del Bataclan, in Provenza per il disastro German Wings, in Germania per l'identificazione di un misterioso serial killer che poi si è scoperto (grazie a loro) non esistere proprio.
tamponi rapidi in farmacia
Questo per dire quel che dovrebbe essere ovvio: anche «l'azienda dei tamponi Covid», del Covid avrebbe fatto felicemente a meno. Era già, a prescindere, un'eccellenza globale.
E già aveva conti da «Impresa Champions»: l'analisi L'Economia-ItalyPost, che tra tutte le nostre Pmi seleziona (ormai per il quarto anno) le mille con i migliori parametri di crescita, redditivita, solidità patrimoniale, elencava Copan tra i «Campioni» fin dalla prima edizione.
coronavirus tamponi a palermo
La prossima la confermerà. Non c'entra l'effetto-virus e non c'entra l'eccezionalità del 2020: i conti sotto esame sono quelli tra il 2013 e il 2019 (ultimi bilanci completi al momento dell'analisi).
Il gruppo che nel 2020 ha raddoppiato il fatturato, più che triplicato il margine operativo lordo (da 29 a 90 milioni: il 33% dei ricavi), moltiplicato da 15 a 45 milioni l'utile netto, alle spalle aveva comunque un lungo trend di sviluppo.
tamponi aeroporti 2
Nei sei anni analizzati aveva già raddoppiato il giro d'affari, raggiunto una redditività industriale vicina al 23%, continuato a investire in modo massiccio «con le nostre sole forze», per dirla con l'orgoglio di Stefania e Giorgio Triva.
Non avrebbero peraltro bisogno di sottolinearlo: con un patrimonio netto 2019 di 163 milioni, quindi persino superiore al giro d' affari, e con una «cassa» in attivo per 42 milioni un anno fa e addirittura per 80 nel 2020, solidità e autonomia finanziaria sono evidenti.
tamponi rapidi
Il fatto è che gli utili, qui, vengono totalmente reinvestiti. La famiglia lo fa da sempre, da quando Giorgio il fondatore iniziò con un piccolo laboratorio di bicchierini di plastica per uso biomedicale. A maggior ragione è diventato importante dopo, quando Daniele e Stefania cercarono una nicchia di mercato superspecializzata e la trovarono nella «preanalitica».
Significava spostarsi nei territori della batteriologia, biologia molecolare, virologia, automazione, intelligenza artificiale, scienze forensi. Voleva dire «farsi in casa» persino i macchinari: non ne esistevano. Ma è così che è nato un altro ramo di business: oggi a Brescia si costruisce anche per vendere.
tamponi drive in 1
Ed è allo stesso modo, per le stesse ragioni, che la linea «reinvestimento totale dei profitti» è la base della «visione condivisa al 100%», oggi, da Stefania e da Giorgio jr. Lo dicono insieme, lei da presidente, lui da strategic project manager. Del resto, l'ultima prova di quanto «renda» rimettere in circolo le risorse l' hanno avuta proprio nell' anno Covid.
Ricorda Stefania: «Eravamo gli unici a produrre il tampone, siamo stati travolti. Abbiamo "chiamato alle armi" l' azienda e tutti hanno risposto, perché sapevano quanto fosse importante e perché noi siamo così: una squadra, il cui pilastro sono le persone della produzione».
tamponi drive in a milano
Le quali però, ovviamente, non potevano fare più di tanti miracoli. Né sarebbe stato sufficiente moltiplicare i turni, concentrare tutto il personale sulla «linea Covid», lavorare 24 ore al giorno per sette giorni su sette, cancellare ferie e festività. Perciò i dipendenti sono raddoppiati: solo a Brescia, 500 assunzioni hanno portato il totale a 1.100, con le sedi all'estero si arriva a quota 1.600.
In parallelo, ed è ovvio, andavano raddoppiati gli spazi: è stato fatto nello stabilimento italiano, quello appena avviato a Porto Rico è stato potenziato «in corsa», in California se n'è costruito uno ex novo seguendolo da remoto. Totale investimenti: 50 milioni.
tamponi coronavirus
Timori che, passata l'emergenza e in un mercato non più privo di competitor, si rivelino soldi neppure ammortizzabili: pochi. Stefania e Giorgio sanno bene che «per fortuna da questo tunnel usciremo ma, se "visione" è guardare avanti e se è vero che con i virus avremo comunque sempre più a che fare, beh, si spera che questa pandemia ci abbia insegnato quanto sia importante "tracciarli" subito».
tamponi drive in
Nel caso, i Triva sono pronti. È una promessa, naturalmente, ma quale credibilità si siano conquistati lo dice - oltra alla loro storia , agli altri investimenti in programma, ai nuovi prodotti in arrivo - un dettaglio dello sbarco nella californiana Carlsbard. Là sì, c'è qualcuno da cui hanno accettato un «contributo» per finanziare e far nascere la fabbrica. Sta a Cupertino. Di nome fa Apple.