Ugo Magri per la Stampa
sergio mattarella mario draghi
Il congegno che Sergio Mattarella ha messo in moto inizia a produrre i suoi effetti. Niente di diabolico, anzi quanto di più trasparente sia possibile concepire. La scelta di «non accogliere» le dimissioni di Mario Draghi e di rinviarlo davanti alle Camere, cioè di «parlamentarizzare» la crisi di governo, è stata sottovalutata da molti, interpretata come una stucchevole forma di ossequio alla Costituzione;
da altri (maliziosamente) quale un tentativo disperato di comprare tempo nella speranza che qualche miracolo possa avverarsi. In pochi hanno colto il vero micidiale obiettivo della mossa presidenziale: imporre ai vari protagonisti una «deadline», la data invalicabile entro cui questi dovranno pronunciarsi in modo chiaro e definitivo. Trasmettere loro un senso di ultima spiaggia, di estrema possibilità che, se venisse sprecata, avrebbe come ineluttabile conseguenza la firma del decreto di scioglimento. Cioè tutti a casa.
Al «giorno del giudizio» mancano solo tre giorni. Il centralino del Quirinale rimane silenzioso. Mattarella osserva, prende nota, aspetta mercoledì per tirare le somme. E giovedì, conclusa la giostra, dirà la sua.
LE DIMISSIONI DI MARIO DRAGHI BY OSHO
Ma col trascorrere delle ore, come lui si aspettava e senza che debba muovere un dito, stanno venendo al pettine tutte le ambiguità, i sotterfugi, le contraddizioni di cui s' era nutrita la propaganda dei partiti. Anzitutto dei Cinque stelle e del loro leader, Giuseppe Conte. Il quale nemmeno tre settimane fa aveva chiesto udienza sul Colle per protestare contro le presunte interferenze del premier; era stato prontamente ricevuto; aveva trovato come al solito ascolto nel capo dello Stato; s' era congedato con una promessa solenne: niente crisi di governo durante la guerra, impegno a chiarirsi con il suo successore senza precipitare l'Italia nel caos per inseguire i terrapiattisti della politica.
Ecco, in vista del chiarimento che avrà luogo nella sede più alta, cioè il Parlamento, e sotto gli occhi degli italiani, l'Avvocato del popolo dovrà onorare l'impegno assunto con Mattarella, ingranando la retromarcia; oppure rischierà di lacerare ancora di più il Movimento perdendo altri pezzi oltre alla credibilità che s' era conquistato. La diretta Facebook di ieri, in cui Conte ha alternato caute aperture e orgogliose recriminazioni, è un primo timido tentativo di venire a patti con questa realtà.
mario draghi e sergio mattarella all altare della patria mattarella draghi