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    SHOPPING IN ITALIA PER GLI EMIRI DEL QATAR: “MY LOVE, MI COMPRI LA FINCANTIERI E VALENTINO?” - SHEIKHA MOZAH, MOGLIE DELL’EMIRO E APPASSIONATA DI ALTA MODA, SPINGE PER COMPRARE QUOTE DI VALENTINO DAL FONDO PERMIRA, MENTRE IL REAL CONSORTE HA MESSO GLI OCCHI SUI CANTIERI NAVALI - MONTI INFORMATO DELLE TRATTATIVE DAI SERVIZI SEGRETI - I FONDI SOVRANI SPADRONEGGIANO IN TUTTO IL MONDO: ORA SONO AL 6% DEL PIL MONDIALE…


     
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    1 - QATAR, OFFENSIVA SU VALENTINO E FINCANTIERI...
    Alberto Custodero per "la Repubblica"

    VALENTINOVALENTINO

    Nel mirino della famiglia reale del Qatar l´alta moda e gli yacht di lusso italiani. Qualche mese fa, al presidente del consiglio Mario Monti che gli chiedeva perché non investisse in Italia, l´emiro aveva risposto: "Corruption". La troppa corruzione che dilagava nel Paese, fino a qualche tempo fa, aveva tenuto lontano gli interessi del Qatar dall´Italia. A qualche mese da quella battuta che aveva freddato il premier, ora la strategia di investimenti dell´emirato mediorientale deve essere cambiata, se è vero che c´è una trattativa esclusiva in corso per l´acquisizione del pacchetto azionario di Valentino.

    MOZA BINT NASSER MOGLIE DELL'EMIRO DEL QATARMOZA BINT NASSER MOGLIE DELL'EMIRO DEL QATAR

    E se è vero che addirittura i servizi segreti italiani hanno segnalato nelle settimane scorsi a Palazzo Chigi le mire del Qatar sul sito di Fincantieri di Ancona, che, secondo gli 007, rientra insieme a quello di Monfalcone nel target dei possibili investimenti della famiglia reale del Qatar. Secondo la nostra intelligence, le linee industriali dell´emiro potrebbero acquistare il brand e la produzione di navi da crociera e di mega yacht in Italia.

    Va detto che l´attenzione dei servizi segreti è dovuta al fatto che Fincantieri - Cantieri Navali Italiani Spa, uno dei più importanti complessi cantieristici navali d´Europa e del mondo (che sta attraversando un periodo di crisi), è oggi controllata da Fintecna, finanziaria del Ministero dell´Economia. Nei giorni scorsi, a dare ossigeno ai conti dell´azienda, è arrivata una commessa per la costruzione di due chiatte per la rimozione della Costa Concordia.

    Qatar - Emiro Tamim Bin Hamad Al Thani 3Qatar - Emiro Tamim Bin Hamad Al Thani 3

    Dalle imbarcazioni da diporto di lusso all´italian style. È la passione per la moda italiana della moglie dell´emiro del Qatar, Sheikha Mozah, ad aver favorito la trattativa con Valentino. È il Financial times a svelare l´importo dell´offerta della casa mediorientale al fondo Permira, titolare del marchio dal 2007: tra i 600 e i 750 milioni di euro. L´azienda di moda «nega con decisione che ci sia stata alcuna vendita delle sue quote».

    Ma il ceo Stefano Sassi conferma l´esistenza di «una trattativa in esclusiva in corso con uno dei potenziali compratori che avrà termine durante il mese di luglio». Top secret sulla sua identità. «Valentino - ha aggiunto il ceo - ha visto crescere l´interesse da parte di numerosi potenziali acquirenti. Lo straordinario lavoro e la visione stilistica dei direttori creativi, Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli, e la costante crescita dei risultati della società hanno suscitato grande interesse per il brand».

    Maria Grazia Chiuri e Pier Paolo PiccioliMaria Grazia Chiuri e Pier Paolo Piccioli

    Se ci sarà l´accordo con gli emiri, Valentino sarà il primo marchio di alta moda interamente in possesso dei reali del Qatar, che già sono a capo dei grandi magazzini londinesi Harrod´s, di quote di Porsche e Barclays e, da marzo, dell´1,03% di Lvmh. Potrebbe passare nelle mani della famiglia araba anche Missoni, mentre Hugo Boss, in passato parte del Valentino Fashion Group, è da fine 2009 una società a parte di cui Permira - secondo fonti vicine ai negoziati - vorrebbe mantenere il controllo. Valentino non sarebbe il primo marchio di lusso italiano a spostarsi a Est, tra gli altri c´è stato il caso di Cerruti, passato alla Trinity Ldt di Hong Kong nel 2010. E quello di Gianfranco Ferrè, acquisito dal Paris Group di Dubai nel 2011.

    2 - I FONDI SOVRANI VALGONO IL 6% DEL PIL MONDIALE IN ITALIA PRESENTI IN OLTRE UN TERZO DELLE QUOTATE...
    Luca Pagni per "la Repubblica"

    FINCANTIERIFINCANTIERI

    Non sono certo la prima volta che compaiono sulla scena finanziaria. Sia in Italia così come nel resto d´Europa. Ma quello che sorprende è la crescita esponenziale di cui si sono resi protagonisti dall´inizio della crisi finanziaria. E che ha visto i fondi sovrani raddoppiare nel volgere degli ultimi cinque anni il loro peso complessivo: dal 2007 al 2011, il patrimonio gestito è passato da 2,3 a 4,6 miliardi di dollari, salendo dal 3 al 6% del Pil mondiale. Una ricchezza che per il 54% dei fondi a disposizione deriva dalla vendita di petrolio e gas.

    Nel giorno in cui si rincorrono le indiscrezioni sulle mire del fondo del Qatar in Italia, per capire di più del fenomeno compare uno studio sul sito internet della Consob. Da cui si deduce, se mai ce ne fosse bisogno, il peso che hanno mai raggiunto nell´economia dominata dalla finanza.

    Giuseppe Bono - AD FincantieriGiuseppe Bono - AD Fincantieri

    E siccome la crisi in atto è anche una crisi di liquidità, si capisce perché vengano corteggiati più che osteggiati. E che in Italia - ma non solo - sono già stati ben accolti. Secondo lo studio diffuso dalla Commissione per il controllo dei mercati e della Borsa, i fondi sovrani sono azionisti in oltre un terzo delle società di Piazza Affari visto che «detengono partecipazioni azionarie nel 36% circa delle quotate in Italia e nel 25% di quelle del Regno Unito. Questo dato scende tra il 17% e il 19% per le società tedesche e francesi». Queste partecipazioni nei mercati finanziari dei quattro paesi «raggiungono una soglia tra il 2% e il 3% della capitalizzazione di Borsa» in questi paesi.

    Da sottolineare che si tratta di dati stimati al ribasso, visto che la Consob sottolinea come soltanto 11 dei 64 fondi sovrani esistenti «forniscono pubblicamente (in tutto o in parte) i dati di dettaglio sulle partecipazioni detenute in società quotate».

    Ma perché è stata proprio la crisi ha far emergere il ruolo dei fondi sovrani? Se prima del 2007, l´atteggiamento era molto prudenziale, con le somme disponibili per lo più parcheggiati in obbligazioni Usa, le opportunità arrivate con la recessione e il rincaro di tutte le commodities ha aperto nuove strade: «A partire dal 2007 - si legge nel rapporto Consob - l´aumento vertiginoso del prezzo del petrolio e di altre materie prime ha consentito di accrescere notevolmente le risorse destinate ai fondi sovrani e ha reso i fondi stessi più propensi a diversificare i propri portafogli e investire in strumenti azionari. Allo stesso tempo, la svalutazione del dollaro ha indotto i fondi a ridurre l´esposizione verso i titoli di stato Usa». In altre parole, con la crisi chi ha i soldi può permettersi di rischiare di più.

     

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