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    STAPPA UN PRODINO! L’ENDORSEMENT DI BERSANI PER IL PROFESSORE DIVENTA IL BACIO DELLA MORTE PER LA CORSA AL QUIRINALE: COME PENSA DI ARRIVARE AL COLLE SE DIVENTA IL CANDIDATO DEGLI OPPOSITORI DI RENZI?


     
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    1 - IL PREMIER FRENA IL TOTO-COLLE E BACCHETTA LA MINORANZA DEM “SERVE UN PRESIDENTE PER LE RIFORME”

    Francesco Bei per “La Repubblica

     

    BERSANI PRODI A MILANO BERSANI PRODI A MILANO

    «Uno come Napolitano», un capo dello Stato autorevole in Italia e all’estero, che spiani le montagne di fronte al governo. «Un presidente per le riforme», è l’identikit che Renzi ha iniziato a far uscire nei suoi colloqui. Che si ponga in continuità con il mandato del predecessore e aiuti la maggioranza a completare il percorso riformatore appena iniziato. Una pista che può portare a diversi nomi con cui il premier intende comporre la sua rosa. Da ieri tuttavia uno dei petali, quello di Romano Prodi, agli occhi dei renziani appare un po’ più appassito.

     

    Dopo l’uscita di Pierluigi Bersani le quotazioni del fondatore dell’Ulivo appaiono infatti in drammatica discesa. Scandagliando gli umori dei democratici più vicini al capo del governo non è difficile veder affiorare un grumo di risentimento e di sospetto per una candidatura subita come una «provocazione». Dai Civati a Vendola, da Bindi a Bersani, tutti i principali sponsor del Professore in Parlamento appaiono oggi sul fronte degli oppositori del segretario Pd. Per questo un renziano della prima ora si spinge a definire l’endorsement di Bersani a Prodi come «il bacio della morte», l’affossamento definitivo di un nome gettato nella mischia in palese contrapposizione al patto del Nazareno.

    PRODI E BERSANI INSIEME SUL PALCO jpeg PRODI E BERSANI INSIEME SUL PALCO jpeg

     

    «Due identikit — spiega infatti uno degli esponenti del giglio magico — al momento si possono tranquillamente scartare. Uno è quello di un presidente-scendiletto, perché non passerebbe mai. E l’altro è quello di un presidente-giustiziere, che abbia come prima missione quella di opporsi a Renzi ». E di certo non aiuta il fatto che, nel novero dei sostenitori occulti di Prodi, figurino a torto o a ragione anche tutti i nemici del Nazareno annidati in Forza Italia, da Minzolini a Fitto.

     

    A questo punto poco importa capire la ragione vera per cui Bersani, di certo non uno sprovveduto, abbia rilanciato con tantocandore il nome di Prodi sul proscenio. L’ex segretario del Pd, in Transatlantico ieri giurava che non ci fossero secondi fini: «Io sulla storia di Prodi sono andato a casa, cosa volete che dica se mi chiedono un parere? È ovvio che per me bisogna ripartire da lì». Ma in questa fase anche le intenzioni più genuine rischiano di ingenerare dubbi, retropensieri e fuochi preventivi di sbarramento.

     

    BERSANI PRODI E VENDOLA SUL PALCO A MILANO BERSANI PRODI E VENDOLA SUL PALCO A MILANO

    In ogni caso, più che quello che rivela sul grado di apprezzamento di Prodi, l’uscita di Bersani è importante come segnale dello stato dei rapporti interni al Pd. Tornati al grado zero nonostante i tentativi di distensione delle scorse settimane. A sentire la minoranza bersaniana allo stato infatti manca qualunque presupposto per un accordo che tenga unito il Partito democra- tico. A pochi giorni dalle dimissioni di Napolitano, i gruppi dem sono infatti percorsi da una tensione sempre più forte. Emblematico il caso di Massimo Mucchetti, arrivato ieri a pretendere che il premier riferisca in aula sull’incidente del “salva-Silvio”, tra gli applausi dei grillini e l’imbarazzo dei colleghi dem come Giorgio Tonini.

     

    Per non parlare del muro contro muro sulle riforme. Dall’assemblea dei deputati di due giorni fa non è emersa infatti alcuna disponibilità di Renzi a inserire nella riforma costituzionale le proposte di modifica della minoranza. A partire dal controllo preventivo di costituzionalità sulla legge elettorale. Anche sull’Italicum i margini per rimettere in discussione i capilista bloccati e le pluricandidature sono prossimi allo zero. «Non è accettabile, dopo anni di Porcellum, che oltre il 60 per cento degli eletti sia composto da nominati», insiste il senatore dem Vannino Chiti.

    Pierluigi Bersani Silvio Berlusconi Romano Prodi Pierferdinando Casini Mario Monti Angela Merkel Pierluigi Bersani Silvio Berlusconi Romano Prodi Pierferdinando Casini Mario Monti Angela Merkel

     

    Il cammino della legge elettorale, così intrecciato al calendario del Quirinale, ieri ha subito una battuta d’arresto: si ricomincerà a discutere in aula da martedì, sperando che il fine settimana possa portare a un’intesa. Appare chiaro comunque che la sponda su cui conta il capo del governo resta quella di Forza Italia.

     

    E proprio per rassicurare Berlusconi e i forzisti sul rispetto degli accordi sulla clausola di garanzia, quella che dovrebbe rinviare al 2016 l’entrata in vigore della legge elettorale, nella serata di ieri si è fatta strada una soluzione a prova di bomba. Si sta trattando su un emendamento congiunto, firmato dai capigruppo della maggioranza “allargata”, per mettere nero su bianco la clausola di garanzia.

     

    PRODI, VISCO, BERSANI PRODI, VISCO, BERSANI

    Un emendamento che avrebbe la benedizione ufficiale del governo. Contro questa ipotesi si sono scagliati ieri i ribelli forzisti ostili al patto con Renzi. E sono volate parole grosse tra il capogruppo Paolo Romani e alcuni dei firmatari degli emendamenti azzurri. «Voi — ha ingiunto Romani — dovete ritirare tutti gli emendamenti all’Italicum. Così il governo darà via libera alla clausola di garanzia». «Niente affatto», gli hanno risposto i ribelli, «prima si vota la clausola di garanzia e poi, forse, ci pensiamo ». Si parla di 1600 emendamenti solo di parte forzista, firmati da Minzolini e dall’area fittiana. Mentre si avvicinano il 15 gennaio e le dimissioni di Napolitano, la battaglia continua.

     

    2 - “ROMANO DICE CHE NON CI STA MA PER MOLTI È UN NOME POSSIBILE”

    Tommaso Ciriaco per “La Repubblica

     

    Dopo l’endorsement di Bersani, è il momento di sondare l’inner circle di Romano Prodi. Quale miglior termometro di Sandra Zampa, vicepresidente del Pd e storica portavoce dell’ex premier? «Posso dirle che bisogna partire dall’indisponibilità del Professore. Il tempo è dinamico, non è fermo...».

     

    bersani prodi bersani prodi

    In che senso, onorevole?

    «Il tempo passa. E passando ha determinato un cambio nel punto di vista del Professore. L’ha detto anche Bersani: “Non dico altro perché Prodi si arrabbia...”».

     

    Vuole dire che Prodi è infastidito con Bersani?

    «No, guardi, Bersani parla del Professore sempre con affetto sincero. Se comunque parliamo di fantapolitica, posso dirle che il nuovo Presidente non deve essere il candidato di una parte, né deve sanare un vulnus. Il Pd deve cercare il Presidente di cui l'Italia ha bisogno. E basta».

     

    Resta un ostacolo: il Parlamento dei 101.

    «Questo è un punto. Ma ce n’è un altro: l’unica cosa che non si può fare è che qualcuno ponga dei veti. Questo sarebbe inaccettabile. Per il Pd e per la comunità che rappresentiamo ».

    RENZI SCI COURMAYEUR RENZI SCI COURMAYEUR

     

    Pensa a veti interni al Pd?

    «Dentro e fuori dal Pd. Comunque credo che nel Pd non ci siano veti. Quello del 2013 fu un voto determinato da una molteplicità di ragioni diverse che finirono per intrecciarsi ».

     

    E naturalmente non è accettabile alcun veto da Berlusconi.

    «Certamente. E poi...».

     

    Dica.

    «La trattativa va fatta con tutti».

     

    Pensa ai cinquestelle?

    «Anche, sicuramente. Se l’obiettivo è candidare un nome condiviso - e se davvero il Colle non fa parte di alcun accordo - allora l’interlocutore non può essere un solo gruppo ».

     

    Qualche timido segnale di disgelo su Prodi, a dire il vero, è arrivato anche dal mondo berlusconiano.

    renzi scia courmayer renzi scia courmayer

    «E questo dimostra ancora di più la dinamicità del clima politico. Pensi al 2013, a quell’atmosfera allucinante. Oggi è diverso, sembra che siano passati più anni di quanto non sia effettivamente».

     

    L’occasione per sanare la ferita dei 101?

    «Prodi ha detto che considera chiusa quella vicenda. Rilevo che su quella storia è calato un silenzio che politicamente pesa. Nessuno ha spiegato: “Ho votato contro perché...”. Nulla».

     

    In molti, comunque, tifano Prodi per il Quirinale.

    «Il movimento d’opinione c’è, non c’è dubbio. Per molti è un candidato possibile. E non c’è bisogno di spiegare perché, viste le caratteristiche del suo profilo. Le sue relazioni con Pechino, Russia e Africa sono arcinote. Il giorno in cui ha incontrato Renzi, ha incrociato per caso Kerry in un ristorante e si sono fermati a discutere insieme».

    SANDRA ZAMPA SANDRA ZAMPA

     

    A proposito di Renzi: come vanno i rapporti con lui?

    «Penso siano rapporti corretti. Si sono parlati a lungo e non credo ci sia un pregiudizio: né in positivo, né in negativo. Capisco anche che Renzi, in questo momento, non voglia fare il nome di nessuno».

     

    Prevede un intervento di Prodi, nei prossimi giorni?

    «No di certo. Ha già detto quello che aveva da dire e si terrà fuori da questa vicenda. Fermo restando che al Quirinale non ci si candida».

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