RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Francesca Basso per il “Corriere della Sera” - Estratti
Là dove i ventisette Paesi Ue a fine agosto non sono riusciti a trovare una posizione unitaria su una dichiarazione per l’eliminazione delle restrizioni all’uso delle armi occidentali fornite all’Ucraina per colpire obiettivi militari legittimi, lasciando la questione ai singoli governi, ci è riuscito il Parlamento europeo. Ma con una risoluzione non vincolante, che è arrivata alla vigilia del primo viaggio a Kiev di Ursula von der Leyen da presidente riconfermata della Commissione europea.
Gli eurodeputati hanno chiesto ieri ai Paesi Ue di revocare le attuali restrizioni in un testo che è stato adottato dalla plenaria con 425 voti favorevoli, 131 contrari e 63 astensioni, a dimostrazione che l’Unione e i suoi gruppi politici — Popolari, Socialisti, Liberali ma anche la maggior parte dei Verdi e una parte della Sinistra — restano uniti nel sostenere Kiev. Tra gli italiani, hanno votato a favore Fratelli d’Italia, Forza Italia e Pd (astenuti Cecilia Strada e Marco Tarquinio), contrari Lega, M5S e Alleanza Verdi e Sinistra. La reazione della Russia è stata immediata: «Ciò che chiede il Parlamento europeo conduce verso una guerra mondiale con armi nucleari», ha dichiarato il presidente della Duma russa, Viaceslav Volodin, aggiungendo che in caso di attacchi con armi occidentali, Mosca darà «una risposta dura usando armi più potenti».
L’articolo 8 I voti di FdI e FI sono stati all’insegna dell’equilibrismo, perché il governo italiano è contrario a consentire a Kiev l’uso delle armi fornite da Roma per colpire obiettivi militari in territorio russo, ma nello stesso tempo è a favore del sostegno all’Ucraina.
C’è stato però equilibrismo anche nel Pd, diviso tra pacifismo e sostegno a Kiev. Dunque cos’è successo? L’articolo 8 della risoluzione «invita gli Stati membri a revocare immediatamente le restrizioni all’uso dei sistemi d’arma occidentali forniti all’Ucraina contro legittimi obiettivi militari sul territorio russo, in quanto ciò ostacola la capacità dell’Ucraina di esercitare pienamente il suo diritto all’autodifesa ai sensi del diritto internazionale pubblico e lascia l’Ucraina esposta ad attacchi contro la sua popolazione e le sue infrastrutture». I deputati italiani hanno votato contro questo articolo salvo poche eccezioni, ma è rimasto nella risoluzione finale: no di FdI, FI (tranne Massimiliano Salini a favore), Lega, M5S e Avs. Il Pd si è spaccato con dieci contrari, due favorevoli (Elisabetta Gualmini e Pina Picierno) e sei dell’ala riformista che non hanno partecipato al voto sull’articolo 8 pur presenti in aula, per poi sostenere «in modo coerente» l’intero testo, visto che contiene anche la parte contestata.
Il testo Riassumendo, seppure manifestando differenti sensibilità, il Pd è stato l’unico partito del campo progressista a votare a favore della risoluzione (che contiene l’articolo 8), insieme a Fratelli d’Italia e Forza Italia. Mentre M5S e Avs hanno votato contro l’intera risoluzione insieme alla Lega. Se si guardano i gruppi politici, la mozione è il risultato di uno sforzo congiunto tra Popolari, Socialisti e Liberali.
Sull’articolo 8, quindi, FI e Pd si sono trovati non allineati alle loro famiglie politiche. La Lega invece ha votato coerentemente con il gruppo dei Patrioti. Mentre l’Ecr si è diviso sull’articolo 8 con FdI contrari e i polacchi del Pis a favore.
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LE COALIZIONI SI SPACCANO SUL SOSTEGNO ALL’UCRAINA CONTE E SALVINI «INSIEME»
M. T. M. per il “Corriere della Sera” - Estratti
Matteo Salvini e Giuseppe Conte di nuovo insieme: a unirli è il no senza se e senza ma alla risoluzione pro-Ucraina nel Parlamento europeo.
Una votazione, quella di ieri a Strasburgo, che divide gli schieramenti politici italiani.
Si spacca la maggioranza, con la Lega contraria a tutto, anche nel voto finale sulla risoluzione che, tra le altre cose, chiede di eliminare le restrizioni all’uso delle armi inviate a Kiev per colpire in Russia.
Mentre Forza Italia e Fratelli d’Italia si esprimono a favore nel voto finale, ma votano contro il paragrafo che cancella le restrizioni e anche su quello che denuncia che «le consegne insufficienti di munizioni e armi e le restrizioni al loro utilizzo rischiano di vanificare gli sforzi finora compiuti».
Problemi anche nel campo largo. Il M5S vota no su tutto, la delegazione del Pd si divide tra astenuti, contrari e favorevoli sia sui paragrafi più contestati che nel voto finale, dove Cecilia Strada e Marco Tarquinio si astengono.
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Da Roma Carlo Calenda tira le somme: «C’è una sola cosa bipartisan in Italia. Non consentire all’Ucraina di difendersi colpendo gli obiettivi militari legittimi in Russia».
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DEM ALLINEATI A FDI E FI LE COALIZIONI IN FRANTUMI SULLA STRADA DI KIEV
Giovanna Vitale per “la Repubblica”
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Gli eurodeputati di Fratelli d’Italia che stanno nell’Ecr hanno votato a favore dell’intera risoluzione sul sostegno all’Ucraina (incluso l’uso delle armi inviate a Kiev per colpire obiettivi militari in territorio russo).
Mentre nel voto separato sulla conferma del paragrafo 8 si sono espressi contro, in disaccordo con gli alleati conservatori del Pis polacco, dichiaratisi a favore. Stessa identica strategia adottata dai colleghi di Forza Italia (Ppe): sì al testo nel suo insieme, no all’emendamento sui missili per colpire Putin a casa sua. Chi invece ha bocciato sia l’uno che l’altro è la Lega, affiliata ai Patrioti di Le Pen. In ossequio alle posizioni filo- Vladimir del segretario federale.
«L’Italia non è in guerra con la Russia, le nostre armi non verranno usate per colpire il territorio russo», ha infine rivendicato il capogruppo in Senato Massimilianio Romeo. «Non bisogna confondere il giusto sostegno all’Ucraina con il rassegnarsi a un conflitto ad oltranza».
Non è andata meglio sull’altro lato della barricata. 5S, Verdi e Sinistra italiana (The Left) hanno demolito la risoluzione, bollata dai grillini come «ultrabellicista», «una chiamata alla guerra contro la Russia senza alcun cenno a una soluzione negoziale » che, secondo i rossoverdi Fratoianni e Bonelli «porterà all’escalation fuori dai confini attuali». La quasi totalità del Pd si è espressa a favore (in due si sono astenuti: Cecilia Strada e Marco Tarquinio). Poi però, sull’uso delle armi contro Mosca, i 21 dem si sono spezzati in tre tronconi.
La linea dettata dal Nazareno era per il no, ma Pina Picierno ed Elisabetta Gualmini non l’hanno seguita, preferendo muoversi in sintonia con il gruppo S&D. In 8, in larga parte dell’area riformista, non hanno partecipato al voto, anche per non dare un dispiacere alla segretaria: fra questi, Stefano Bonaccini, Irene Tinagli, Pierfrancesco Maran. I restanti hanno invece rispettato l’input, fra cui il capodelegazione Nicola Zingaretti e l’intera pattuglia schleiniana: Camilla Laureti, Annalisa Corrado e Alessandro Zan.
Distinguo che la leader del Pd aveva messo in conto.
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Resta tuttavia agli atti che, nella confusione tricolore, Meloni e Schlein hanno dato la stessa indicazione di voto. Così come, all’opposto, gli ex alleati gialloverdi Giuseppe Conte e Matteo Salvini. « Ah, les italiennes ! ».
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