Paolo Mastrolilli per "La Stampa"
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Joe Stiglitz è netto: «Draghi ha ragione, e l'Europa dovrebbe imitare il piano Biden spendendo molto di più. L'Ue deve puntare sugli eurobond, investire più del 2% del Pil nella ricostruzione e togliere il blocco agli aiuti statali che la penalizza rispetto a Usa e Cina. Quanto al debito italiano, se la crescita riparte è gestibile».
Il Nobel della Columbia University ha appena pubblicato con l'Inet un rapporto sulla risposta al Covid, intitolato "Interim Report on the Global Response to the Pandemic", che discute in esclusiva con La Stampa.
Vaccini Covid
Denunciate il nazionalismo dei vaccini: cosa bisogna fare?
«Ci sono diverse proposte buone sul tavolo, come quelle di Oms e Wto per sospendere la proprietà intellettuale relativa al Covid. I Paesi in via di sviluppo ne sono entusiasti, la sfida è convincere quelli sviluppati».
Vanno eliminati i brevetti?
«Questo è un caso di emergenza. Non si tratta di ridisegnare tutto il sistema da zero, ma affermare che nel contesto del Covid i brevetti si sospendono».
Come giudica gli stimoli di Biden?
pittsburgh, joe biden presenta l american jobs plan 1
«Sta cambiando il paradigma dell'economia americana. Da almeno vent'anni siamo bloccati in un circolo vizioso di domanda aggregata inadeguata, disuguaglianza, disoccupazione aperta e mascherata, deficienza degli investimenti nelle infrastrutture, la tecnologia e la gente. Biden sta rovesciando la situazione, usando la spesa pubblica per infrastrutture, mercato del lavoro e riduzione della disuguaglianza. Ciò offre la possibilità di uscire dalla trappola».
Xi Jinping CINA
Basta per battere la Cina?
«Sì. Pechino ha un modello diverso, ma alla lunga l'assenza di apertura nell'economia, la società, l'istruzione e le istituzioni manderà in stallo creatività e innovazione. Se Biden avrà successo, questo sarà il vantaggio competitivo degli Usa, che continueranno ad attirare le persone più creative del mondo. Ciò che invece la Cina fa molto bene è investire in ricerca e sviluppo, ossia la politica industriale. Noi abbiamo sottoinvestito, ma Biden sta puntando anche su istruzione, università e ricerca».
Il Next Generation Eu basta?
«In alcune aree l'Europa è avanti agli Usa, ma ci sono due problemi. Il primo è la scala. Questi investimenti vanno fatti a livello Ue, e spendere solo il 2% del Pil è poco, rispetto ai bisogni di un'economia del Ventunesimo secolo. Il secondo è che Bruxelles vieta gli aiuti di stato. È ben intenzionata, ma così non è all'altezza della sfida per far avanzare l'innovazione. Alcune iniziative di Usa e Cina per sviluppare nuovi settori violerebbero le restrizioni agli aiuti di stato in Europa».
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Come si finanziano questi programmi? Serve la Global Minimum Tax?
«Gli Usa qui hanno un grande vantaggio, perché abbiamo tasse molto basse. Quindi lo spazio per espandere la spesa pubblica finanziandola con le imposte è enorme. Poi abbiamo un sistema fiscale regressivo da riformare. Bisogna aumentare le tasse su corporation, capital gain, dividendi, eredità, imporre quelle ambientali per scoraggiare l'inquinamento, e sulle transazioni finanziarie per frenare la speculazione. La Global Minimum Tax è parte della risposta. Molte corporation non pagano il giusto. La tassa riguarderebbe solo i profitti, e non scoraggerebbe gli investimenti».
mario draghi
Al Consiglio europeo Draghi ha accennato agli eurobond. È una buona idea?
«Molto buona. Un aspetto positivo della risposta europea alla crisi è stato emettere gli eurobond, ma va accompagnato da un meccanismo comune per ripagarli, che usi le tasse "corporate", digitali e ambientali. Bisogna pensare a quale tipo di bond serve e come ripagarli. C'è un forte argomento a favore dei titoli di lungo termine, perpetui, per raccogliere ricavi sostanziali con costi relativamente bassi».
Draghi ha sollecitato la Ue a guardare al modello Usa.
«Ha ragione. Serve più azione collettiva a livello europeo, più spese e investimenti. Non la replica esatta del sistema americano, dove due terzi delle spese pubbliche sono federali e un terzo degli stati. L'Europa può rovesciare le percentuali. Però il livello degli investimenti, 2% del Pil, è troppo basso per finanziare le spese comuni necessarie per avere una Ue dinamica».
L'inflazione è un rischio?
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«Non mi preoccupa per varie ragioni. Primo, l'occupazione reale è relativamente bassa, abbiamo molta gente fuori dalla forza lavoro. Secondo, la nozione che quando il mercato del lavoro diventa stretto l'inflazione sale è debole, in parte per la globalizzazione: c'è ampia offerta ed elasticità. Terzo, possiamo scoprire subito se torna l'inflazione. Quarto, abbiamo molti strumenti per contenerla, se apparisse. Faremmo bene ad alzare i tassi, che stando a zero da una dozzina di anni hanno distorto l'economia, incluso il prezzo del capitale e il rischio. Infine negli Usa possiamo alzare le tasse, che abbasserebbero la domanda aggregata, se ci fosse un eccesso».
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Quindi, dovremmo alzare i tassi?
«No. Dico solo che se l'inflazione apparisse, avremmo il margine di manovra per farlo».
Il debito non resta un problema per l'Italia?
«È importante che la Ue dia i fondi come sovvenzioni, non prestiti. Se l'Italia rilancia la crescita, il suo debito è gestibile. La sfida di Draghi è questa».
Come dovrebbe spendere i miliardi europei?
«La nostra ricerca dimostra che c'è complementarità nello spendere i soldi per rinvigorire l'economia verde, aumentando domanda e lavoro. Non vanno distribuiti per accontentare la gente, ma creare le infrastrutture necessarie a ridisegnare l'economia».
il nobel joseph stiglitz
Cosa vorrebbe nell'agenda del G20 di Roma?
«Oltre ad infrastrutture, ecologia e lotta alle disuguaglianze, le sfide sono economia e giganti tecnologici, digital tax, market power e i danni della disinformazione. Ha un effetto corrosivo, dall'assalto al Congresso agli anti vax. Non potremo avere una società ed un'economia funzionanti, senza affrontare questo tema».
JOSEPH STIGLITZ