Milena Gabanelli e Fabio Savelli per “Dataroom – Corriere della Sera”
evasione fiscale vale mezzo recovery fund
Per ogni due euro che stiamo per prendere dall’Europa, intercettando tutto il gettito fiscale prodotto, ne avremmo già uno in cassa ogni anno. Questo l’Europa lo sa ed è per questo che nel mezzo della crisi più importante dal dopoguerra ha deciso che oltre il 63% dei soldi che ci dà, non li regala. Ma li presta. Le risorse del Recovery fund ammontano a 208,4 miliardi, l’evasione tributaria e contributiva è di quasi 110 miliardi di gettito ogni anno. Vuol dire che se c’è una riforma da fare è quella fiscale. I punti su cui intervenire subito sono nove.
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Punto uno: decide l’algoritmo e spesso sbaglia
Ci sono quasi 6 milioni di piccole imprese e partite Iva nel nostro Paese, un esercito di contribuenti che paga le tasse su stime di fatturato non reali. Presunte. Tarate sullo storico delle dichiarazioni degli anni precedenti, come se fossero grandi aziende; eppure con tutti i dati ormai disponibili nei cloud di Amazon, Microsoft, Facebook e Google, sarebbe possibile rovesciare il sistema tributario sul reale, non sul previsionale.
evasione delle imposte
Dovrebbero cioè pagare le imposte per cassa: quello che spendono scaricano come detrazioni. Quello che incassano dichiarano. Mese per mese, non l’anno successivo, pagando le imposte sulla differenza tra le due voci. Finora abbiamo messo in campo strumenti come gli indici Isa che presentano più di qualche dubbio sulla loro affidabilità. La nostra credibilità fiscale è decisa da un algoritmo, che considera il dichiarato dei 5 anni precedenti e ci dà un voto.
Dall’8 in su possiamo stare tranquilli: niente accertamenti e in più benefici premiali, come la possibilità di compensare i crediti di imposta fino a 20 mila euro di Irpef e Ires. Se invece il voto è inferiore al 6 entri nella lista dei controlli presuntivi. Al momento i coefficienti predeterminati dall’Agenzia delle Entrate sono immodificabili e gli esiti non sono sempre coerenti con l’attività esercitata.
evasione nel 2019
Può capitare che l’indice affidi un punteggio alto a soggetti borderline, e quindi premia per esempio chi ha sempre fatto una parte di attività in nero, ma ha dichiarato un migliaio di euro in più rispetto all’anno precedente; al contrario diventa «anomala» una libera professionista che ogni anno ha dichiarato 50 mila euro e nel 2018 ne ha dichiarati 30 mila perché è andata in maternità, così come la società che ha fatturato meno perché ha un immobile sfitto, oppure l’azienda che ha dovuto pagare 100 mila euro di spese legali straordinarie.
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Con la prossima dichiarazione dei redditi come si comporterà l’algoritmo con questa massa di partite Iva che nel 2020 presenterà un fatturato decisamente inferiore all’era pre-Covid? Fonti delle Entrate rilevano che tra gli interventi contenuti nella legge Rilancio è prevista «l’indicazione di nuove cause di esclusione dall’applicabilità degli ISA». Attualmente sono in corso delle analisi per misurare la dimensione, la durata e la diffusione geografica dello shock economico. In base ai risultati di questa analisi verranno introdotti degli specifici correttivi su tutti i 175 ISA, ma vista la debolezza dello strumento, lo scopriremo solo vivendo.
Punto due: i redditi finanziari
incassi derivanti dalle attivita' di contrasto all evasione
Capitolo redditi finanziari e la scarsa tassazione del capital gain. Formalmente si paga il 26%, ma periodicamente vengono varate norme che consentono la rivalutazione delle partecipazioni con aliquote forfettarie molto più basse: nel 2000 era del 4%, oggi dell’ 11%.
«La norma del 2000, che peraltro interveniva dopo altre norme analoghe di periodi ancora precedenti, è stata nei fatti prorogata per 20 anni di seguito attraverso il puro e semplice – ed invisibile all’occhio inesperto – spostamento in avanti della scadenza, nell’ultima versione di 45 giorni» commenta il professor Tommaso Di Tanno, a capo dello studio omonimo di consulenza fiscale.
ricchezza detenuta all estero da residenti italiani
Punto tre: troppe leggi sparpagliate
É appena stata denunciato dall’associazione dei commercialisti: il riordino delle leggi tributarie. Quante e come sono. Servirebbe un testo unico per ogni imposta con la creazione di codici tributi chiari. Su questo punti ci sono silenti decine di disegni di legge delega sul fisco rimasti lettera morta. Ogni anno arriva la legge di Bilancio e tutto si concentra su quello, complicando via via il quadro con nuove disposizioni.
le banche dati non comunicano
Punto quattro: l’analisi dei conti correnti
Vuol dire permettere agli investigatori del fisco di indagare sulle transazioni finanziarie, sui piani di investimento in azioni e obbligazioni, sui nostri risparmi. Oggi non si può perché viola la privacy. Un impedimento che ha già azzoppato il Redditometro, quello strumento con il quale il fisco determinava il reddito del contribuente, in base alle spese effettuate nell’anno di imposta.
milena gabanelli evasione fiscale
L’accertamento del fisco scattava soltanto nel caso in cui la differenza fra quanto dichiarato e quello presunto era superiore al 20%. Ma gli interrogativi sulla privacy sono facilmente scavalcabili se il ministero del Tesoro stendesse un decreto che consentisse l’adozione di una parola complicata ma decisiva: pseudonimizzare i dati di ognuno noi. In pratica il codice fiscale del soggetto viene sostituito con un codice identificativo fittizio eliminando le informazioni che consentono l’identificazione (nome, cognome, data e luogo di nascita).
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Se l’Agenzia delle Entrate ipotizza un possibile scostamento importante tra il dichiarato e lo stile di vita, quel conto finisce sotto la lente. Ma è coperto sempre da un codice alfanumerico. Nessuno sa, fino a quando c’è un’indagine in corso, che quel conto appartiene a Milena Gabanelli o a Fabio Savelli.
Emerge solo se si sospetta un comportamento fraudolento incrociando gli indizi che arrivano anche da altre banche dati e da piattaforme social come Facebook ed Instagram, palcoscenici dei nostri stili di vita meglio di qualunque altro. Analizzerebbe meglio le transazioni delle partite Iva. Ogni anno le Entrate fanno 300mila accertamenti. Poca cosa, perché oltre l’80% dei piccoli contribuenti non viene analizzato.
i contribuenti italiani
Punto cinque: banche dati che non comunicano
Archiviare una volta per tutte, e l’ha appena chiesto in Parlamento anche il direttore delle Entrate Ernesto Maria Ruffini, la separazione tra chi riscuote le tasse e chi iscrive a ruolo quei debiti col Fisco. Abbiamo 8 mila Comuni che iscrivono a ruolo miliardi di posizioni, tra multe e bollette Tari non pagate.
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Il tempo scorre inesorabile fino alle cartelle fiscali, poi deve essere l’Agenzia delle Entrate-Riscossione a farsi carico dell’onere. Quando invece potrebbero fare da sé. Lo Stato si comporta allo stesso modo sia che si tratti di un debito di 150 euro per una multa non pagata, che una frode societaria da 200mila euro. Le banche dati di Guardia di Finanza e Agenzia delle Entrate poi non comunicano.
imposta sulle rendite finanziarie
Figuriamoci se comunicano con quelle delle migliaia di municipalizzate dello smaltimento rifiuti. Si interroga poco anche il mega-cervellone fiscale sulla Laurentina, a sud di Roma. Si chiama Sogei, società pubblica interamente controllata dal Tesoro. Nei suoi database ha miliardi di informazioni, con tutti i dati delle dichiarazioni precompilate, e quelli della fatturazione elettronica in vigore dall’anno scorso. Stiamo ragionando su un cloud nazionale che custodisca questi dati e permetta di incrociarli. Lo facciamo anche in chiave anti-evasione?
incidenza sull economia dell evasione fiscale
Punto sei: scontrino elettronico e privacy
Ancora manca lo scontrino fiscale elettronico che trasmette direttamente il dato all’Agenzia delle Entrate. Martedì 8 dicembre è entrato in vigore il piano Cashback del governo. Il cittadino virtuoso che ha effettuato nel corso dell’anno 1500 euro di spesa con carte di credito o debito, avrà indietro in questo mese 150 euro.
L’incentivo a pagare con mezzi tracciabili ha lo scopo di impedire il «nero», ma se poi ci affidiamo alle dichiarazione dei redditi del ristoratore o commerciante, siamo sicuri che contabilizzino tutti gli scontrini emessi? No. Se incassa 100 ma dichiara 10 l’Agenzia non ha possibilità di verificarlo, sempre per la solita questione: privacy.
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Lo scontrino elettronico risolve a monte. Con la fatturazione elettronica invece alcune cose vanno per il verso giusto. Nel corso del 2020 sono state intercettate e bloccate frodi intracomunitarie per circa 1 miliardo di euro. Sono stati scoperti falsi plafond Iva per esportatori abituali per un controvalore di 1,3 miliardi di euro. La e-fattura ha consentito un’attività di prevenzione evitando un danno erariale potenziale per 2,3 miliardi di euro.
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Punto sette: le agevolazioni a piè di lista
A conti fatti il Fisco tartassa i contribuenti che dichiarano più di 35mila euro e invece offre una giungla di agevolazioni, in aumento con la pandemia, al 57% degli italiani con i redditi sotto i 15mila euro. Le detrazioni buone, cioè quelle che fanno emergere il nero, sono davvero poche. Nella gran parte dei casi lo Stato paga a piè di lista, senza controllare che ci sia un effettivo bisogno.
evasione fiscale in italia
Ci sono oltre 22 milioni di contribuenti che dichiarano meno di 15mila euro lordi all’anno. C’è un altro 29% che dichiara redditi tra i 15mila e i 35mila che ha diritto a qualche beneficio. La parte restante degli italiani, oltre i 35mila euro di Irpef, si carica lo Stato sociale sulle spalle. Si tassano solo i redditi: quindi tendenzialmente solo il lavoro. L’imposta sulle successioni e donazioni fino ad un milione di euro è zero. In Francia e negli Usa è ben più pesante (30% circa).
Punto otto: 200 miliardi sui conti esteri
risparmi
Vogliamo recuperare qualcosa da quei 3,45 milioni di conti correnti degli italiani che hanno appoggiato su banche estere 200 miliardi di dollari? E’ il numero fornito dalla rete internazionale di scambio automatico di informazioni sui conti finanziari basata sullo standard convenuto in sede Ocse.
Tra questi ci sono certamente connazionali che hanno casa a Londra o New York e per comodità hanno aperto un conto; ci sono coloro che non si fidano a tenere i soldi in Italia, ma hanno versato il dovuto e dichiarato dove tengono i soldi nella dichiarazione dei redditi; coloro che temono una patrimoniale. Ma ci sono anche quelli che hanno corposi conti personali alle Cayman, o British Virgin Islands.
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Denaro che indebolisce il nostro sistema produttivo perché non sono utilizzabili dalle banche per fare prestiti. Andrà immaginata una forma di incentivo per far rientrare almeno una parte di questi capitali finalizzato all’investimento nei nostri titoli di Stato o infrastrutture con un buon rendimento. Certo è che tutti questi 3 milioni di conti vanno verificati uno ad uno per verificare chi è in regola e chi occulta denaro al fisco. Per fare questo occorre personale, e l’Agenzia è sotto organico.
Punto nove: caccia al ladro senza personale
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La Corte dei Conti, nell’ultima relazione sul rendiconto generale dello Stato presentata al Parlamento a giugno, fotografa una situazione impietosa sulla capacità del Paese di recuperare gettito. Nel 2019 quasi 50mila verifiche in meno rispetto all’anno precedente da parte dell’Agenzia delle Entrate.
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Numero compensato dal maggior gettito accertato: + 500 milioni sul 2018. Si dirà bene: meno controlli ma più efficaci. Certo, dentro c’è quel 1,2 miliardi recuperati dalla procura di Milano dal gruppo Kering. E questo porta dritto ad una questione centrale. Quella del personale. Quello attualmente in servizio nell’Agenzia delle Entrate è di 32.186 unità. A fine 2012 erano 41.035, quasi 9mila in più. Motivo: blocco del turn over e dei concorsi.
paradiso fiscale
Qualcosa si sta muovendo, ma con tempi incompatibili alla necessità di recuperare il dovuto. Per preparare un investigatore servono 7-8 anni di esperienza. Il 32% dei grandi contribuenti è concentrato nella provincia di Milano, e il modello di cooperazione fra Entrate, Gdf, Procura (unico in Italia) ha portato oltre 5 miliardi di tasse evase alle casse dello Stato dal 2015 ad oggi.
Alla Procura di Milano, fino a qualche anno, i magistrati dedicati ai reati societari, economici e fiscali erano 15. Oggi sono 10. Vista la complessità delle indagini ne servirebbero altri dieci supportati da amministrativi e ufficiali di polizia giudiziaria. All’ufficio grandi contribuenti dell’agenzia delle entrate della Lombardia mancano dirigenti, alla Guardia di Finanza personale specializzato e mezzi adeguati ai meccanismi di evasione sempre più sofisticati. I Ministeri competenti dovrebbero preoccuparsi di rimpolpare questi uffici, fra i più produttivi del Paese nella caccia ai gradi evasori.
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