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    “SONO VIVO GRAZIE ALL'OSSIGENO TOLTO A UN 80ENNE VICINO A ME” – L’EX DEPUTATO DI SCELTA CIVICA, MARIO SBERNA, GUARITO DAL COVID: "ALL’OSPEDALE CIVILE DI BRESCIA ERAVAMO IN 30 IN UNA LAVANDERIA ADIBITA A REPARTO” – L’EX PARLAMENTARE HA VISSUTO LA DRAMMATICA SCELTA CHE SONO STATI COSTRETTI A FARE INFERMIERI E MEDICI: “A QUELL’ANZIANO NON HANNO CHIESTO SE VOLEVA MORIRE. GLI HANNO LEVATO LA MASCHERA E BASTA...”


     
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    Pietro Gorlani per il “Corriere della Sera”

     

    mario sberna mario sberna

    «Sono ancora vivo grazie alla bombola d' ossigeno che un' infermiera ha tolto al mio vicino di letto 80enne per darla a me. Ricordo quell' anziano ogni giorno nelle mie preghiere».

     

    Mario Sberna, ex deputato eletto nel 2013 con Scelta Civica, famoso perché andava in Parlamento in sandali - simbolo del suo francescanesimo - piange parlando della notte del 16 marzo nella lavanderia dell' ospedale Civile di Brescia, adibita a reparto Covid.

     

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    Ha vissuto sulla sua pelle la drammatica scelta che sono stati costretti a fare infermieri e medici: togliere l' ossigeno ai pazienti più anziani e con scarse possibilità di sopravvivenza per salvare i malati più giovani. «Erano le quattro del mattino - racconta Sberna, padre di cinque figlie e presidente dell' associazione nazionale famiglie numerose - non dormivo perché avevo freddo, mi sentivo i polmoni bruciare e avevo una fame d' aria che non le dico. Davanti a me c' era un anziano rannicchiato su un fianco, in silenzio da ore.

     

    Quando mi hanno dato il suo ossigeno mi sono sentito rinascere. Ma non riuscivo a distogliere gli occhi da lui. Respirava ancora. Poi l' hanno portato via in ambulanza». Mario vorrebbe sapere come si chiamava, contattare i famigliari. E per questo lancia un appello. Quasi certamente l' uomo che indirettamente gli ha salvato la vita non c' è più. E un pensiero perturbante tarla i sonni di Sberna: «Non avrei nemmeno la possibilità di dimostrargli la mia gratitudine perché la sua non è stata una scelta volontaria. Non gli hanno chiesto se voleva morire. Gli hanno tolto la maschera e basta».

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    Dopo aver deglutito la sua commozione, papà Mario rimette i panni del «francescano» che ha sempre lottato contro le ingiustizie, negli ospedali delle diocesi nel Sud del mondo e a Montecitorio: «Mi resta una gran rabbia perché in una regione che si fregia d' avere un sistema sanitario d' eccellenza non c' erano bombole d' ossigeno a sufficienza per salvare vite umane.

     

    In quello scantinato adibito a reparto eravamo in trenta, tutti con una fame incredibile d' ossigeno. Ma c' erano solo tre bombole. Non c' erano coperte, né cibo: gli infermieri ci davano un pacchetto di crackers e uno yogurt. E c' era un solo wc per tutti quei malati, tanti dei quali, come me, con vomito e dissenteria. Non hanno aggiunto nemmeno un bagno chimico».

     

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    Il 20 marzo, dopo due giorni in reparto Sberna è stato dimesso con una ricetta per una bombola d' ossigeno da ritirare in farmacia «impossibile da trovare». Ad oggi i suoi famigliari non sono ancora stati sottoposti ad alcun test per testare la positività al virus: «Quando in tv ho visto l' assessore Gallera leggere il numero di contagiati e deceduti come fosse la cifra degli ingressi a Gardaland mi sono chiesto chi pagherà l' incapacità a gestire questa emergenza».

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