Sara Faillaci per www.vanityfair.it
vittorio feltri e lamberto sposini
«Cara Matilde, ha appena albeggiato e tu dormi nel tuo letto. Vorrei che come Aurora, la principessa della tua favola preferita, tu potessi dormire ancora fino al bacio del tuo principe. Il principe Lamberto. Il tuo eroe, il tuo adorato papà. Non so dirti quando arriverà per stringerti fra le sue grandi braccia, ma voglio garantirti che sta facendo di tutto per tornare da te prima possibile...».
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Sabina Donadio, mamma di Matilde, firmava questa lettera su Vanity Fair l’11 maggio del 2011. Dieci giorni prima, il 29 aprile, Lamberto Sposini, padre di Matilde e già allora ex compagno di Sabina, era stato colpito da un’emorragia cerebrale appena prima di andare in onda con La vita in diretta, che conduceva su Raiuno assieme a Mara Venier. Quattro anni e mezzo più tardi, le condizioni del giornalista sono stazionarie.
lamberto sposini e mara venier foto da "chi" 4
Al risveglio dal coma farmacologico, due mesi dopo l’emorragia, ha avviato una lunga e difficile terapia riabilitativa. Le notizie sulle sue condizioni di salute sono state date con il contagocce proprio per preservare Matilde che, all’epoca della lettera, aveva solo 8 anni. Oggi che ne ha quasi 13, la madre sente di poter parlare, anche per dare un messaggio ai tanti che si trovano ad affrontare la stessa prova.
lamberto sposini foto da "chi"
Questi anni, per lei molto faticosi, hanno fatto di lei una donna diversa. Ha persino cambiato mestiere: da cronista di costume a «fioraia». Tra virgolette, perché sembra il salotto di una bella casa, più che un negozio, quello che ha aperto a San Felice, il quartiere residenziale alle porte di Milano dove vive con la sua famiglia – Matilde appunto, il direttore di Oggi Umberto Brindani, che Sabina ha sposato nel 2012, e il loro figlio Andrea Maria, di 6 anni – e dove abita anche Sposini.
Partiamo da quella lettera?
SPOSINI
«La scrissi la notte in cui Matilde mi chiese di suo padre. Avevo fatto lo sbaglio di non dirle subito che cosa era successo. Sono sempre stata una donna insicura e mi era preso il panico: non mi sentivo in grado di gestire nostra figlia da sola. L’avevo tenuta a casa tre giorni e, la mattina in cui era tornata in classe, tutti – preside, professori e allievi – erano stati avvisati del fatto che non era al corrente delle condizioni del padre. Ma il giorno stesso, quando andai a prenderla, la sua migliore amica mi disse che nell’intervallo i bambini di un’altra classe le avevano fatto il coretto: “Tuo padre è in coma, tuo padre è in coma”».
LAMBERTO SPOSINI
Matilde non le disse nulla?
«No: ha il carattere riservato e orgoglioso del padre. La sera però mi decisi ad affrontare l’argomento. Lei mi chiese: “Che cosa vuol dire coma? Che papà non si risveglia più? Che muore?”. Come risponde, una madre? Ovviamente cercai di tranquillizzarla, le dissi che sarebbe andato tutto bene. E siccome Lamberto era un personaggio noto, quella notte scrissi la lettera, per dare un messaggio pubblico di speranza, e anche per rassicurare ulteriormente Matilde.
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Oggi mi rendo conto che la mia fu incoscienza, la speranza folle di restituire a mia figlia suo padre. E a chi si trova a vivere quello che abbiamo vissuto noi voglio dire che il cammino è difficile – molto più difficile di quanto allora pensassi – ma che alla fine Lamberto si è svegliato davvero, anche se oggi è quello che io chiamo “un papà ammaccato”».
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Perché «speranza folle»?
«Perché le condizioni di Lamberto erano disperate. Quando arrivai al Santo Spirito, il primo ospedale dove l’avevano portato dalla Rai, era praticamente morto: i medici mi dissero che il coma era irreversibile, che non c’era più nulla da fare. Se si è salvato è solo grazie al professor Maira, uno dei migliori neurochirurghi d’Italia, che da Firenze rientrò di corsa a Roma e lo operò al Gemelli. Diverse ore dopo l’emorragia, purtroppo: un ritardo imperdonabile che è agli atti nella nostra causa di risarcimento contro la Rai, perché ha procurato gravi danni».
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Che tipo di danni?
«Lamberto è lucidissimo, ma non parla. Un grumo di sangue del diametro di sette centimetri ha premuto quattro ore sull’area del linguaggio. Conseguenza: lui capisce tutto ed è in grado di legare, nella sua testa, il significato alla parola, però la parola non esce. Né a voce – dalla bocca viene fuori solo un suono – né in scrittura. Tecnicamente si chiama afasia. Fortunatamente ha una mimica facciale notevole: con gli occhi esprime tutto».
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Che rapporto c’è tra lui e Matilde?
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«Strettissimo, da sempre. Dopo che l’avevo lasciato per le sue ripetute infedeltà, e mi ero trasferita con la bambina a Milano, lui mi aveva accusato di volerla “deportare”. Mi ero resa conto anche io che spostarla era stato un errore, e nel 2010 ero tornata a Roma con l’affidamento condiviso: Matilde stava una settimana con me e una con Lamberto. Era il suo supereroe, le raccontava favole in cui lui, da piccolo, faceva cose straordinarie, come pescare i pesci con le mani. È sempre stata possessiva, soffriva di doverlo condividere con il pubblico, si scocciava se per strada li fermavano, era gelosa se la Venier in Tv lo toccava».
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