1 - QUEGLI ADESCAMENTI A SANTO DOMINGO - INCASTRATO DALL’ONU
Iacopo Scaramuzzi per “la Stampa”
Jozef Wesolowski
Con gli arresti domiciliari di monsignor Jozef Wesolowski giunge a conclusione il più spinoso caso di abusi sessuali sui minori incontrato da Papa Francesco nel corso del suo pontificato. A causa sua, ordinato prete e consacrato vescovo da Karol Wojty?a, si sono scagliate contro la Santa Sede due commissioni delle Nazioni Unite.
E’ la prima volta che un ambasciatore del Papa, con dignità episcopale, si macchia di pedofilia. Ed è la prima volta che per questo grave «grave peccato» e «crimine odioso», come lo definì Benedetto XVI, scatta un procedimento restrittivo dentro lo Stato della Città del Vaticano.
Jozef Wesolowski
Monsignor Wesolowski, 66 anni, nasce in Polonia. Ordinato prete dal futuro Giovanni Paolo II a Cracovia nel 1972, intraprende la carriera diplomatica vaticana e segue il cursus honorum fino alla nomina come nunzio in Bolivia nel 1999 (anno in cui viene consacrato arcivescovo), poi in Kazakistan, Tagikistan, Kirghizistan e Uzbekistan, e, infine, dal 2008, nella Repubblica Dominicana.
E’ nel paese caraibico che avvengono gli abusi accertati adesso. Il presule – è quanto emerse sulla stampa dominicana – frequentava i sobborghi di Santo Domingo dove adescava ragazzini o comprava le loro prestazioni sessuali. Quando ne viene a conoscenza, l’arcivescovo di Santo Domingo, il cardinale Nicolas Lopez Rodriguez, informa Papa Francesco. Mancano pochi giorni prima che Jorge Mario Bergoglio parta per la giornata mondiale della gioventù del Brasile nel luglio del 2013. Tornato a Roma, il Papa argentino non perde tempo. Wesolowski viene richiamato a Roma a inizio agosto e il 21 di quel mese viene dimesso come nunzio.
papa francesco
Le autorità dominicane e quelle polacche aprono un’inchiesta su Wesolowski. Dal paese caraibico filtrano voci di una richiesta di estradizione negata dalla Santa Sede. Wesolowski, è la spiegazione, gode dell’immunità diplomatica. Il Vaticano, risponde che c’è piena disponibilità a collaborare. Il richiamo a Roma, afferma il portavoce, padre Federico Lombardi, «non manifesta assolutamente l’intenzione di evitare la sua assunzione di responsabilità per quanto venga eventualmente accertato».
La pressione sale. Ben due comitati delle Nazioni Unite – per i diritti del fanciullo e contro la tortura – mettono sotto esame il Vaticano sulla pedofilia e, in particolare, per il caso Wesolowski in quanto dipendente diretto della Santa Sede. Il rappresentante vaticano, monsignor Silvano Tomasi, risponde che l’ex nunzio verrà giudicato con «la severità che merita».
Preti Pedofili
L’arcivescovo è a Roma ma non si sa bene dove. Il Vaticano tace. A giugno il vescovo ausiliare di Santo Domingo, monsignor Victor Masalles, spara su Twitter: «Per me è stata una sorpresa vedere Wesolowski passeggiare per via della Scrofa a Roma. Il silenzio della Chiesa ha ferito il popolo di Dio». Passano pochi giorni e la congregazione per la Dottrina della fede condanna in primo grado monsignor Wesolowski per pedofilia. La sentenza canonica è dura, dimissione dallo stato clericale. Cessano contestualmente le funzioni – e le immunità – diplomatiche.
Wesolowski a fine agosto fa appello. Ma intanto, in forza di norme promulgate da Papa Francesco a inizio pontificato, parte anche un secondo, distinto processo di natura penale, affidato alla magistratura vaticana. Che non attende che la sentenza canonica passi in giudicato. E si conclude con gli arresti domiciliari.
2 - NON CI SONO PIÙ PRIVILEGI PER LA “CASTA” CLERICALE
Andrea Tornielli per “La Stampa”
«In Argentina, ai privilegiati noi diciamo: “Questo è un figlio di papà”», ma per chi si macchia di questo reato «tanto brutto», l’abuso di minorenni, «non ci sono privilegi!». Francesco ha detto. Francesco ha fatto.
foto time 22 settembre 2014 papa bergoglio 33
Nel volo che lo scorso 26 maggio lo riportava a Roma dalla Terra Santa aveva paragonato la violenza di un prete su un bambino a «una messa nera», a un vero sacrilegio. E ieri, con il clamoroso arresto in Vaticano dell’ex nunzio apostolico nella Repubblica Domenicana Józef Wesolowski, già condannato e ridotto allo stato laicale dalla Congregazione per la dottrina della fede, ha dimostrato di agire di conseguenza. Senza alcun privilegio per la «casta» clericale, privando della libertà un ex arcivescovo che aveva goduto dell’immunità diplomatica.
Due anni fa un altro arresto eclatante aveva portato dietro le sbarre il maggiordomo di Benedetto XVI, Paolo Gabriele, il «corvo» di Vatileaks: aiutante di camera che viveva vicinissimo al Pontefice e gli fotocopiava la corrispondenza, ma pur sempre un laico.
Questa volta, invece, tocca a un prelato, anzi un alto prelato, ed è il segno di un cambiamento epocale: le istituzioni della Santa Sede devono assumersi ogni responsabilità e agire «con il giusto e necessario rigore», senza usare il guanto di velluto per chi ha il passaporto vaticano o veste la tonaca rossa.
papa bergoglio sposa venti coppie di conviventi a san pietro 8
Se non avesse lasciato il Paese, Wesolowski sarebbe stato arrestato a Santo Domingo. Vista la gravità degli addebiti e delle prove raccolte, l’ex nunzio che adescava i ragazzi sulla spiaggia non poteva continuare a girare per le strade di Roma.
Raccontano che Papa Bergoglio, nei mesi scorsi, sia rimasto impressionato nel leggere, il fascicolo del caso Wesolowski. «Un sacerdote che fa questo, tradisce il corpo del Signore, perché questo sacerdote deve portare questo bambino, questa bambina, questo ragazzo, questa ragazza alla santità; e questo ragazzo, questa bambina si fida, e lui invece di portarli alla santità, abusa di loro. È gravissimo!».
A colpire profondamente Francesco erano stati anche i racconti di sei vittime dei preti pedofili, provenienti da Germania, Irlanda e Regno Unito: aveva dedicato loro un’intera mattinata, lo scorso 7 luglio, incontrando ciascuno a tu per tu. Una donna violentata da bambina, gli aveva detto: «Sì, voi questi preti li riducete allo stato laicale, li spretate. Ma dopo che hanno lasciato l’abito e la Chiesa chi li controlla più?».
I PAPI SANTI VATICANO VISTA DALLA TERRAZZA PREFETTURA
Parole che devono essere rimaste impresse nella mente di Francesco. Dopo il processo canonico e la dimissione dallo stato clericale, l’ex arcivescovo polacco doveva dunque subire per i suoi crimini anche il processo penale da parte del «suo» Stato, quella Città del Vaticano il cui nome era impresso in lettere dorate sulla copertina rossa del passaporto. Francesco non ha voluto che ci fossero privilegi per lui.
Nella lotta al fenomeno della pedofilia clericale, e soprattutto alle tante, troppe coperture e insabbiamenti dei decenni passati, Papa Bergoglio ha proseguito l’opera portata avanti con grande coraggio e determinazione da Benedetto XVI.
GRAFFITO DI PAPA FRANCESCO IN VERSIONE SUPERMAN RITWITTATO DAL PROFILO UFFICIALE DEL VATICANO
Il quale nel 2010, nel pieno della bufera per i casi scoperti in vari Paesi, scandalizzando anche alcuni settori della sua stessa Curia, aveva detto che «la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa».
L’arresto di ieri è, in fondo, un passo coerente con il più ampio tentativo di riforma che il Papa argentino sta cercando di attuare anche in altri settori, come ad esempio nelle finanze vaticane e in particolare nello Ior, in un passato recente spesso agli onori della cronaca e non certo per testimonianze evangeliche.
Senza giustizialismi, ma con determinazione e soprattutto senza privilegi per «figli di papà», Francesco sta cercando faticosamente di destrutturare intrighi, cortigianerie, cordate, collateralismi, giochi di potere, e in qualche caso malaffare. Tutto ciò che ha contribuito a far soccombere il suo predecessore.