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    "A GENOVA FU OMICIDIO" - L' EX SINDACA MARTA VINCENZI CONDANNATA IN CASSAZIONE PER IL DISASTRO CHE SEGUÌ L'ALLUVIONE DEL 2011 (SEI VITTIME TRA LE QUALI DUE BAMBINE) E D'UNA PARTE DEI VERBALI TRUCCATI DOPO - MA I GIUDICI HANNO STABILITO CHE LA PENA NEI SUOI CONFRONTI DEV'ESSERE RIBASSATA CON UN NUOVO CALCOLO IN APPELLO: LA CONFERMA DEI 5 ANNI INFLITTI IN PRECEDENZA L'AVREBBE PORTATA IN CARCERE E INVECE...


     
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    Marco Grasso e Matteo Indice per “la Stampa”

     

    MARTA VINCENZI MARTA VINCENZI

    La donna che doveva badare alla salvaguardia dei suoi cittadini, l' ex sindaca Pd di Genova Marta Vincenzi, è colpevole del disastro che seguì l' alluvione del 2011 (sei vittime tra le quali due bambine) e d' una parte dei verbali truccati dopo. Ma la pena nei suoi confronti dev' essere ribassata con un nuovo calcolo in Appello: la conferma dei 5 anni inflitti in precedenza l' avrebbe portata in carcere, dove invece non entrerà per ora e probabilmente neppure in futuro.

     

    È quanto ha stabilito ieri sera la Cassazione, ordinando che il caso torni al secondo grado limitatamente al conteggio e però allontanando lo spauracchio della detenzione.

    I dettagli tecnici che la Suprema Corte chiede di rivedere, pur «cristallizzando» omicidio colposo e falso doloso della stessa Vincenzi, potrebbero far scendere la somma finale entro i 4 anni, soglia sufficiente per tenersi alla larga dall' arresto. È comunque la prima volta in Italia che viene stabilita in via definitiva la responsabilità d' un sindaco, in particolare per i documenti falsificati, sui morti di un' alluvione avvenuta nella sua città.

     

    MARTA VINCENZI MARTA VINCENZI

    Per orientarsi è necessario tornare al 4 novembre di otto anni fa. Nonostante le previsioni meteo certificassero la massima allerta, il Comune di Genova lasciò le scuole aperte e cinque delle sei vittime morirono perché stavano rientrando da un istituto scolastico o lo stavano raggiungendo. Shpresa Djala, 29 anni e le figlie Gioia, 8 anni, e Janissa di 10 mesi furono sorprese dalla piena del torrente Fereggiano uscito dagli argini, lungo una strada in pendenza.

     

    E così Serena Costa, 18 anni, diretta verso la scuola del fratello, e Angela Chiaramonte, quarantenne che aveva ricevuto una telefonata dal figlio, mentre Evelina Pietranera stava rientrando dalla sua edicola. Nessuno aveva pensato di bloccare la via parallela al corso d' acqua, ma soprattutto: dopo la strage, e pure su questo la Cassazione dice che non ci sono dubbi, sia Vincenzi sia un assessore e tre funzionari che come lei erano stati condannati, provarono a manipolare i verbali da consegnare ai magistrati.

    Come? È su questo che divergono Appello e Cassazione.

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    Secondo le toghe del secondo grado alterarono la verità sia facendo risultare presente sul Fereggiano un volontario-controllore che in realtà non c' era, sia anticipando a tavolino l' orario della piena (12.15 anziché 12.45) affinché apparisse imprevedibile. Il secondo punto per la Suprema Corte vacilla, poiché l' acqua iniziò a fuoriuscire comunque poco dopo mezzogiorno e quindi aver descritto le 12.15 come momento topico è accettabile. Ed è perciò sulla base d' un reato di falso meno grave (non inesistente) che si chiede di riformulare i verdetti complessivi.

     

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    Dice a caldo Marta Vincenzi: «Avevo la valigia pronta per andare in cella e la disferò, almeno per ora, e l' accusa più devastante è quella del falso. Se un sindaco deve pagare comunque per il suo ruolo, cercherò di accettarlo. Ma l' idea che io abbia tramato non riesco a sopportarla, mi pesa perché non è successo». Flamur Djala, che perse la moglie e due figlie, è netto: «Aldilà dei riconteggi, il verdetto di oggi conferma sia le responsabilità degli amministratori sul disastro, sia il loro tradimento della fiducia dei cittadini».

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