Francesco Borgonovo per “la Verità”
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Ieri, su Repubblica, lo psicanalista Massimo Recalcati, ha pubblicato un bellissimo manifesto a favore della vita. Riflettendo sul caso di Noa Porthoven, la minorenne lasciata morire di fame e di sete nei Paesi Bassi, Recalcati ha scritto: «Non è forse compito degli adulti contrastare in ogni modo - anche attraverso le Leggi - la spinta alla morte, sia essa quella della violenza sia essa quella dell' autodistruzione?». Ha totalmente ragione: la cultura della morte andrebbe combattuta ovunque e in ogni modo, soprattutto perché continua a mietere vittime, anche fra i più giovani.
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Il problema, tuttavia, è che di questa cultura, ormai, è intriso il discorso collettivo.
Battersi per la morte è diventato un punto cardine dell' ideologia progressista, quella che - ovviamente - spopola fra le celebrità e i personaggi più in vista del mondo dello spettacolo. Il pensiero dominante impone che le posizioni pro vita siano censurate e stigmatizzate. Le idee opposte, invece, meritano di essere promosse e diffuse.
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Non è un caso che l' ultima moda esplosa nel ristrettissimo universo dei Vip di livello internazionale riguardi proprio la promozione dell' aborto. Se non hai all' attivo uno spot o almeno una manifestazione pubblica a favore dell' interruzione di gravidanza non sei nessuno, dunque tutte le stelle e stelline corrono ad adeguarsi. Abbiamo visto, non molti giorni fa, la grottesca sfilata romana di Gucci che il direttore creativo della casa di moda, Alessandro Michele, ha voluto dedicare alla celebrazione della legge 194 e alla riproposizione di vetusti slogan femministi del tipo «il corpo è mio e lo gestisco io».
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Ora un altro stilista ha deciso di seguire la tendenza. Si tratta del celeberrimo Marc Jacobs, il quale è sceso in campo in compagnia della popstar Miley Cyrus. I due hanno realizzato una nuova linea di abbigliamento i cui proventi andranno a Planned Parenthood, la multinazionale americana del controllo delle nascite. I capi messi in vendita sulla Rete costano 175 dollari l' uno, sono rosa e ornati dalla scritta «Don' t fuck with my freedom» (al netto della volgarità, significa più o meno «non scherzare con la mia libertà»).
Direte: stilisti e cantanti sono liberissimi di esprimere le proprie idee. Certo, facciano pure. Il punto, però, è che nei casi di Gucci e di Jacobs non abbiamo a che fare con manifestazioni di idealismo, ma con l' affarismo allo stato pure. La sfilata di Alessandro Michele dedicata all' aborto, come ovvio, ha trovato spazio su tutti i giornali del mondo, con relativa ricaduta pubblicitaria sull' azienda produttrice.
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Stesso discorso per Marc Jacobs: formalmente egli non incassa nulla, ma vuoi mettere il ritorno d' immagine? In questo frangente, per altro, c' è un elemento in più. Miley Cyrus ha un disco in uscita, e infatti la frase che compare sulle magliette pro aborto è tratta da una delle sue nuove canzoni. Qui non si tratta di idee, di etica o di politica: si tratta soltanto di soldi e di visibilità.
La campagna abortista della cara Miley, inoltre, presenta un risvolto davvero ridicolo. Per annunciare l' uscita della linea di abbigliamento «impegnata», la cantante ha pubblicato su Instagram una delle sue foto presunte trasgressive. L' immagine la mostra con la lingua di fuori, nella consueta posa sessualmente ammiccante, mentre si appresta a leccare una coloratissima torta. Sul dolce è scritto a caratteri cubitali: «Abortion is healthcare». Ovvero: «L' aborto è assistenza sanitaria».
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Chiaramente è una mistificazione, visto che l' aborto non è una cura contro una malattia. Ma c' è di più: Miley ha copiato la torta a una pasticcera femminista chiamata Becca Rea-Holloway. La quale si è piuttosto risentita, manifestando il suo sdegno sui social. Che furbastri, i nostri militanti abortisti: cianciano di diritti umani poi rubano il lavoro degli altri.
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Succede più o meno a Hollywood. Circa 50 attori hanno annunciato che non lavoreranno più negli Stati che hanno adottato legislazioni restrittive sull' interruzione di gravidanza, ad esempio la Georgia. Che bravi, i difensori della nobile causa: firmano appelli per far parlare di sé e chi se ne frega se faranno perdere tantissimi posti di lavoro nell' industria locale del cinema. Già: le donne con il loro corpo possono fare quello che vogliono, ma se vengono licenziate poco male...
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Anche qui c' è poi il risvolto grottesco. Sophie Turner, una delle protagoniste di Game of Thrones nonché del nuovo film degli X Men, si è vantata del suo boicottaggio pro aborto contro la Georgia.
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Persino i giornali di sinistra, tuttavia, le hanno fatto notare che - per 10 anni - ha girato una serie tv in Irlanda del nord, dove le leggi sull' aborto sono ancora più restrittive. A quanto pare, quando l' aborto non era la moda del momento, la brava Sophie se ne infischiava allegramente.
Adesso, invece, pare che la morte sia diventata molto chic. Quella degli altri, ovviamente: quella dei più deboli e degli indifesi.
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