• Dagospia

    IL PUZZLE DELLA VERITA' SU USTICA - L’INCHIESTA SEGRETA SUI BRIGATISTI PROTETTI NELLE BASI LIBICHE PERMISE AL GENERALE DALLA CHIESA DI RACCOGLIERE INFORMAZIONI PREZIOSE NEL MAGGIO 1980, UN MESE PRIMA DELL’ABBATTIMENTO DEL DC9: SCOPRI’ L’ESISTENZA DI UN PIANO PER ABBATTERE L’AEREO DI GHEDDAFI - ERA PARTE DI UN GOLPE DELL’AVIAZIONE LIBICA SOSTENUTO DALL’OCCIDENTE - IL RUOLO OPERATIVO DEI PILOTI FRANCESI, LA “COPERTURA” DEGLI AMERICANI E QUEL BIGLIETTO TROVATO ADDOSSO AL PILOTA PRECIPITATO SULLA SILA…


     
    Guarda la fotogallery

    Estratto dell’articolo di Gianluca Di Feo per www.repubblica.it

     

    carlo alberto dalla chiesa carlo alberto dalla chiesa

    Caccia libici che sfidano caccia libici nel crepuscolo di Ustica. Alcuni veramente libici; altri dell’identico modello ma con insegne fasulle. Perché la morte di Gheddafi, uno dei leader arabi più noti, doveva apparire come un affare interno al suo regime e non come un complotto di potenze occidentali. Sulla distruzione del DC-9 Itavia non esiste una verità. Ci sono tante perizie tecniche sovrapposte e lette in modi diversi […]. Né la pista della bomba, né quella del missile hanno trovato un riscontro di forza tale da superare i dubbi […]

     

    Eppure le parole dei protagonisti di quella stagione politica, dalle dichiarazioni di Francesco Cossiga all’intervista a Repubblica di Giuliano Amato, hanno ridato peso allo scenario della battaglia aerea – bocciato con sentenza definitiva dai giudici penali e accolto con giudizio altrettanto definitivo da quelli civili – per abbattere Gheddafi.

     

    A rinforzarlo c’è una deduzione logica: un segreto in grado di sopravvivere così a lungo deve riguardare qualcosa di veramente grave che coinvolge l’interesse strategico di più nazioni, unite in un patto per custodire il silenzio che resiste da 43 anni. […]

    GIULIANO AMATO ALLA STAMPA ESTERA GIULIANO AMATO ALLA STAMPA ESTERA

     

    L’informatore nelle basi libiche

    Nello sterminato elenco di atti raccolti nell’istruttoria di Rosario Priore – considerata credibile dalla Corte di primo grado e ritenuta priva di prove dalla Cassazione - ci sono alcune deposizioni che possono offrire una prospettiva diversa, capace di mettere insieme tanti tasselli di quelle ore drammatiche del 27 giugno 1980 che in apparenza non combaciano. È il racconto dell’inchiesta parallela su Ustica condotta dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.

     

    IL RECUPERO DEI RESTI DELL AEREO DC9 DI ITAVIA IL RECUPERO DEI RESTI DELL AEREO DC9 DI ITAVIA

    L’ha ricostruita il suo braccio destro, l’allora colonnello Nicolò Bozzo […] È lo stesso ufficiale che ha demolito la menzogna francese sui decolli dalla base corsa di Solenzara, dimostrando che i voli dei jet militari erano proseguiti dopo il tramonto.

     

    Una circostanza straordinaria, perché nel periodo estivo l’attività degli stormi veniva sospesa nel primo pomeriggio: lui si trovava lì in vacanza assieme al fratello e ha fornito riscontri documentali, incluse le ricevute dell’hotel e la descrizione dei modelli di velivolo.

     

    STRAGE DI USTICA - LA DINAMICA DELL INCIDENTE STRAGE DI USTICA - LA DINAMICA DELL INCIDENTE

    Perché Dalla Chiesa, comandante del nucleo speciale contro l’eversione, si è occupato del DC-9 Itavia? “La curiosità del generale – ha detto Bozzo - era tutta appuntata su Gheddafi e su eventuali appoggi da lui concessi ai terroristi italiani”. Dalla Chiesa aveva un informatore in Libia: il geometra jugoslavo Benedetto Krizmancic, che lavorava per conto del governo di Tripoli nella costruzione di infrastrutture aeroportuali.

     

    All’epoca Gheddafi, non fidandosi né dei suoi alleati sovietici, né dei partner europei, aveva affidato ai tecnici “neutrali” del maresciallo Tito la gestione di numerose installazioni militari: molti piloti venivano formati in Jugoslavia e i caccia migliori – i leggendari Mig 25 più veloci dei Jet occidentali – venivano mandati lì per la manutenzione. Poiché si sospettava che uomini delle Brigate Rosse venissero ospitate nei campi di addestramento libici proprio in vicinanza degli aeroporti, Dalla Chiesa aveva incaricato il colonnello Bozzo di cercare notizie da Krizmancic, che si recava spesso in Liguria.

     

    strage ustica 7 strage ustica 7

    “Nel secondo incontro nel maggio 1980 mi fece un regalo raccontandomi di avere colto da una breve conversazione tra piloti libici l’esistenza di un forte malessere nella loro Aeronautica militare, che avrebbe potuto anche potuto sfociare in un colpo di Stato.

     

    Era una sua impressione, sostanziata però da alcune frasi rubate che descrivevano l’ipotesi di un piano per intercettare l’aereo del leader libico durante un volo ed abbatterlo”. Siamo a circa un mese dalla notte di Ustica. Questi sono i fatti, ripetuti da Bozzo davanti al giudice Priore che ha ascoltato pure il geometra jugoslavo: entrambi sono morti da alcuni anni.

    strage ustica 9 strage ustica 9

     

    Il teorema Dalla Chiesa

    Il resto sono le riflessioni di Carlo Alberto Dalla Chiesa, rimasto celebre per la sua capacità di analisi. Bozzo non ha certezza ma ritiene che, come da prassi, il generale abbia trasmesso le rivelazioni sul complotto alla nostra intelligence. Che quindi almeno dai primi giorni di giugno sarebbe stata in allerta sulla prospettiva di un agguato contro l’aereo di Gheddafi. Non solo.

     

    “All’epoca il generale Dalla Chiesa e io - aggiunge Bozzo - avevamo sviluppato un teorema che ha poi trovato alcune conferme. Gheddafi sta volando da Tripoli verso la Polonia. Secondo l’impressione avuta da Krizmancic, l’attentato al leader libico, preludio al golpe, era stato studiato in due mosse. La prima con l’intercettazione e l’abbattimento dell’aereo presidenziale da parte di due caccia libici. La seconda con uno scalo tecnico (un chiaro segnale di svolta nelle relazioni internazionali) dei velivoli ribelli nella base italiana di Gioia del Colle in Puglia o in quella di Crotone in Calabria”.

    strage ustica strage ustica

     

    Gran parte dei Mig di Tripoli infatti non avevano autonomia sufficiente per un’azione di combattimento sul Tirreno e il ritorno in patria: senza una base di rifornimento, avrebbero finito il carburante e si sarebbero schiantati. Come è accaduto al jet ritrovato sui monti della Sila.

     

    “Nulla di più facile – prosegue Bozzo - che i congiurati si siano appoggiati a quei servizi segreti per condividere il piano, se non il passo politico successivo al golpe. In questo caso non possiamo escludere che l’ordine prioritario, tassativo, dato alle forze aeree Nato, fosse quello di tenere sgombero il cielo sul basso Tirreno per l’agguato al “nemico”.

    STRAGE DI USTICA STRAGE DI USTICA

     

    Questo scenario, comunque incerto, poteva mutare radicalmente di segno con l’ingresso nei giochi di guerra dei nostri servizi, o meglio di quella fazione filoaraba che storicamente si oppone a quella filoamericana. Ed è ciò che credo sia avvenuto: messo in allarme da qualche fonte compiacente dei Servizi, Gheddafi ha rivoluzionato in segreto il suo programma. Quel 27 giugno anziché dirigersi verso Varsavia ha fatto inversione su Malta”.

     

    ustica ustica

    Così invece dell’aereo del dittatore, i caccia golpisti si ritrovano sulla rotta del DC-9 Itavia decollato in ritardo da Bologna. E lì, scambiandolo per il bersaglio della loro missione o semplicemente per errore, lo abbattono.

     

    Non usano il cannone, né i missili aria-aria […]: per volontà omicida o per evitare all’ultimo minuto una collisione, virano sopra l’aereo di linea aumentando rapidamente la velocità. Una manovra che genera un’onda d’urto potentissima, tale da far perdere il controllo ai piloti del jet civile o addirittura da spezzarne la struttura. Questa d’altronde è l’unica ipotesi che può conciliare un’operazione ostile contro il DC-9 con l’assenza delle schegge tipiche dell’esplosione di un missile sul relitto recuperato dagli abissi del Tirreno.

     

    Le conferme del disertore

    itavia itavia

    Molti anni più tardi, nel 2015, i progetti di rivolta nell’aviazione libica hanno trovato riscontro nelle dichiarazioni di un pilota, Hazem al-Bajigni, raccolte da Tom Cooper, Albert Grandolini e Arnauld Delalande – tre giornalisti aeronautici di ottima reputazione – nell’opera in tre volumi “Libyan Air Wars”. Si tratta di una testimonianza straordinaria: Hazem al-Bajigni venne accusato dagli agenti di Gheddafi di avere fatto parte di un piano golpista che nella seconda metà del 1980 vedeva coinvolti almeno 19 ufficiali dell’Aeronautica. Sostenevano che avesse cercato di rubare un velivolo cargo per far scappare all’estero i membri del complotto.

     

    STRAGE DI USTICA STRAGE DI USTICA

    Quando è venuto a sapere delle indagini, il capitano libico è salito sul suo Mig-23 ed è partito a velocità supersonica da Bengasi verso Nord: è riuscito ad atterrare a Creta, scendendo su una vecchia pista senza che la rete radar della Nato lo avvistasse.

     

    Era il 22 febbraio 1981. Dopo tre giorni, la Grecia ha restituito il caccia a Gheddafi mentre il pilota ha trovato asilo in Occidente. Lui non ne parla, ma si ritiene che sia stato a lungo interrogato dall’intelligence americana che poi lo ha protetto dalle rappresaglie delle squadre della morte gheddafiane, che in quel periodo assassinavano i dissidenti espatriati in Europa.

     

    itavia 2 itavia 2

    Hazem al-Bajigni ha descritto ai tre giornalisti anche un’altra circostanza fondamentale per Ustica: era nella stessa base del sottotenente Ezzedin Koal, il pilota trovato morto sulla Sila.

     

    Al-Bajigni non lo conosceva direttamente perché Koal era siriano: faceva parte di una “legione straniera” concessa a Gheddafi dal governo di Damasco. Il fuggitivo ha raccontato le voci riferite dal comandante del personale siriano, identiche alla versione stilata dalla Commissione congiunta italo-libica: quella conclusa tragicamente sui monti della Calabria era una missione di addestramento, senza armi a bordo. Per un guasto al respiratore, il pilota aveva perso conoscenza e si era schiantato una volta finito il combustibile.

    […]

    STRAGE DI USTICA STRAGE DI USTICA

     

    Il dilemma della Sila

    Un dilemma dibattuto da oltre quarant’anni è la data in cui il Mig 23 è precipitato sulla Sila. Ufficialmente, i rottami sono stati scoperti il 18 luglio 1980: una versione contestata da testimoni e periti.

     

    I pm di Roma Maria Monteleone ed Erminio Amelio, che conducono l’ultima indagine sulla sorte del DC-9 Itavia, ritengono che il caccia non sia precipitato il 27 giugno ma settimane dopo, forse proprio nella data del rinvenimento ufficiale. Allo stesso tempo, i magistrati sono ancora convinti che l'aereo della Sila sia legato a Ustica. Lo fanno sulla base di due testimonianze, rimaste solide a distanza di decenni: nella tasca della tuta di Koal c’era un biglietto in arabo.

     

    USTICA USTICA

    L’interprete dell’intelligence italiana che lo ha letto, ricorda parole di rimorso per avere causato “la morte di ottanta innocenti” e la volontà di espiare. Anche un dirigente degli 007 ha visto quel foglio. Il biglietto sarebbe stato consegnato a un generale dei Servizi ed è scomparso: ma un riferimento preciso è rimasto nell'agenda del capo di gabinetto del ministro della Difesa.

     

    Già, ma in che modo il sottotenente siriano voleva espiare la sua responsabilità? Fuggire in Italia e rivelare quello che era accaduto? Negli atti del processo ci sono indizi su un disertore atteso a Malta in quei giorni: era pronto un bimotore per trasferirlo a Roma ma la missione è stata poi annullata. E, soprattutto, cosa c'entrava il pilota siriano con la morte di ottanta innocenti? Era intervenuto nella battaglia notturna contro i golpisti e chi li sosteneva all’estero, finendo per provocare la distruzione del velivolo passeggeri?

     

    IL FILM DI MARTINELLI SU USTICA IL FILM DI MARTINELLI SU USTICA

    Con i serbatoi supplementari, il Mig-23 aveva un'autonomia operativa sufficiente per raggiungere il Tirreno e tornare a casa, mantenendo la possibilità di ingaggiare un breve combattimento. Tripoli però aveva anche aerei più moderni a cui affidare missioni speciali nell’ora del crepuscolo: i nuovi Mirage F1 consegnati dalla Francia due anni prima, considerati i gioielli dell'aviazione e – contrariamente ai Mig - dotati di ottimi missili a lungo raggio. Appartenevano allo “Squadrone Fatah”, un’altra unità speciale addestrata però da istruttori europei: la loro presenza accanto al jet presidenziale di Gheddafi non avrebbe destato sospetti.

     

    I Mirage gemelli di Solenzara

    DC 9 USTICA DC 9 USTICA

    Altri Mirage F1, esteriormente identici agli intercettori libici, quella sera sono partiti dalla Corsica. La Francia lo ha negato per anni. Ma il colonnello Bozzo ha permesso di accertare i decolli e il fratello del carabiniere, appassionato di aviazione, ne ha identificato il modello. E torniamo al “teorema Dalla Chiesa”.

     

    GISCARD D'ESTAING GISCARD D'ESTAING

    I golpisti libici avevano bisogno di sostegno occidentale. Ma c’era molta diffidenza nella Nato sulla loro preparazione nel combattimento aereo. Se si voleva essere certi che Gheddafi venisse eliminato, bisognava affidarsi a piloti più esperti. Che, allo stesso tempo, potessero essere confusi con gli insorti: i Mirage F1 di Solenzara erano i candidati perfetti.

     

    In quel momento, un cambio di regime a Tripoli era importante per Washington ma soprattutto per Parigi, impegnata in un confronto armato con i libici nel Ciad. Anais Ginori su questo giornale ha descritto come il presidente Giscard d’Estaing cercasse di animare un putsch a Tripoli dal 1977 e il potente Alexandre de Marenches, capo dello Sdec Service de Documentation et de Contre-Espionnage), aveva organizzato un programma per colpire la Libia. […]".

     

    nicolas sarkozy muammar gheddafi 2 nicolas sarkozy muammar gheddafi 2

    Il piano più spettacolare – ha spiegato sempre Anais Ginori -, documentato ormai in varie ricostruzioni, doveva scattare il 5 agosto 1980, qualche settimana dopo la strage di Ustica. Deluso dai continui fallimenti di Marenches, Giscard decide di scavalcarlo e affidare al numero due dei servizi, Alain de Marolles, la missione speciale: "Vi chiedo di rovesciare Gheddafi". È quello che Marolles, morto nel 2000, aveva confidato ai giornalisti Roger Faligot, Jean Guisnel e Rémi Kauffer in "Histoire politique des services secrets français". Ma anche l'operazione, guidata dal cosiddetto "Safari Club", coordinamento tra i servizi francesi, egiziani, marocchini e sauditi, si conclude in un clamoroso fiasco.

     

    gheddafi gheddafi

    Ogni disegno partiva da un presupposto: se il Rais fosse stato ucciso dagli occidentali, nei Paesi arabi ci sarebbe stata una sollevazione. Ed ecco la necessità che l’omicidio ad alta quota venisse attribuito a una rivolta interna contro di lui ma ispirata e protetta attivamente dai francesi, passivamente dagli americani che dai comandi Nato potevano far calare una cappa oscura sui radar e sui controllori di ogni Paese alleato. […]

    Guarda la fotogallery


    ultimi Dagoreport