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    L’INCREDIBILE STORIA DEL TELECRONISTA DEL CICLISMO DI EUROSPORT, SALVO AIELLO, FINITO A FARE LO SPAZZINO: “TRE ANNI FA SCOPRO LEGGENDO UN POST SU FACEBOOK CHE HO PERSO IL LAVORO. CAPITA, MI DICO. ALL'INIZIO MI SONO ARRANGIATO E HO TROVATO QUALCHE COLLABORAZIONE OCCASIONALE. INTORNO UN SILENZIO ASSORDANTE: IN POCO TEMPO ERANO SPARITI CONTATTI E CONOSCENZE, NONOSTANTE A MOLTI CONTINUASSI A RIPETERE CHE IO NON STAVO CERCANDO UN BEL LAVORO, MA SOLO UN LAVORO…”


     
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    Antonio Ruzzo per www.ilgiornale.it

     

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    Il ciclismo è muscoli e sudore. Ma anche voce. E quella di Salvo Aiello, 53 anni, telecronista e speaker sportivo, gli appassionati la conoscono e la riconoscono. Un racconto e una passione inconfondibili che cominciano nell'84 quando, vedendo pedalare Francesco Moser alla Sei Giorni di Milano prima che la neve abbattesse il Palazzetto, scocca la scintilla.

     

    Che negli anni diventa lavoro come voce ufficiale del Giro e d'Italia e come telecronista di Eurosport con Riccardo Magrini. Giro, Vuelta, Tour sembra tutto perfetto, per sempre anche perchè la sua voce e l'ironia del «Magro», raccontano il ciclismo inventandosi una narrazione tutta nuova che piace e fa ascolti. Ogni anno di più.

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    Ma, pochi giorni fa, la scena è un'altra. La foto sui social non è più di quelle in postazione con cuffia e microfono a raccontare una fuga o una volata ma quella di Salvo Aiello con la tuta dell'Amsa, l'azienda municipale dei servizi ambientali di Milano, che raccoglie rifiuti su un camion nella periferia della città.

     

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    È tutta un'altra storia. La ascolti e la voce è la stessa, affascinante, cadenzata, sembra di nuovo in telecronaca spiega ciò che gli sta capitando: una strada lastricata di pietre anche se questa volta non c'è la Roubaix da commentare: «Cosa mi mi succede? Succede che tre anni fa perdo il lavoro. Di punto in bianco. Scopro leggendo un post su Facebook che non sono più un telecronista di Eurosport. Capita, mi dico. Così condivido il messaggio e mi metto il cuore in pace...».

     

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    Ma è come quando uno si ritrova ai piedi del Mont Ventoux, il gruppo allunga, e lo vede andare via. Ci provi con tutte le forze a prendere la ruota ma poi resti lì solo, con le tue gambe e i tuoi pensieri. E per uno che è nato il 14 novembre, lo stesso giorno di Vittorio Adorni, Bernard Hinault e Vincenzo Nibali quei pensieri continuano ad essere il ciclismo.

     

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    «Si all'inizio è stato così- racconta - anche se non riuscivo a spiegarmi il perchè: era cambiata la proprietà, c'erano stati avvicendamenti, ma sembravano tutti contenti del nostro lavoro e così sono tornate le grandi corse a tappe e io e il Magro siamo tornati raccontarle a nostro modo: una tappa, una classica o una salita erano anche la scusa per parlare di altre cose».

     

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    Pensieri che rischiano però di diventare un tarlo quando si hanno moglie e figlia e quando i mesi passano senza che nulla succeda.

     

    «Diciamo che all'inizio mi sono arrangiato - racconta - Ho trovato qualche collaborazione occasionale come speaker di partite dei pallavolo e di beach volley che sono l'altra mia passione ma è ovvio che per vivere non bastavano.

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    E intorno non vedevo più nessuno. Un silenzio assordante: in poco tempo erano spariti contatti e conoscenze, nonostante a molti continuassi a ripetere che io non stavo cercando un bel lavoro, ma solo un lavoro. A parte qualche ciclista del gruppo e Gianni Bugno che è stato mio compagno di liceo a Monza, l'unico a telefonarmi per farmi coraggio è stato Francesco Guidolin che, fra l'altro, neppure conoscevo...».

     

    Così la chiamata di una nuova piattaforma internazionale che cerca la sua «voce» per affidargli la pallavolo nazionale sembra uno spiralio di luce che però si spegne all'istante: «Si spegne di fronte al no dell'Ordine dei giornalisti che mi nega il tesserino da pubblicista perchè negli ultimi sei mesi non avevo lavorato, nonostane 12 anni di regolari collaborazioni fatturate». Tant'è. I pensieri continuano a girare intorno al ciclismo e alla pallavolo ma il piatto piange e Aiello così ci mette una pietra sopra e inizia a mandare il suo curriculum alle agenzie che offrono lavoro. Qualsiasi lavoro. «Non sapevo davvero più che fare - spiega -. E a quale punto è chiaro che non sei più tu che scegli...».

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    Nell'ottobre scorso arriva la lettera dell'Amsa, lo cercano per un posto di operatore ecologico e gli fissano le date delle visite mediche. E lui ovviamente va. Da una settimana lavora nella zona del San Raffaele su un camion compattatore: «Dove mi vedo tra due anni? Qui, sempre all'Amsa, magari in una posizione meno basica ma non mi faccio più illusioni...» E il ciclismo? «Il ciclismo non lo guardo più- confessa - Mi sento un po' come Roberto Visentini in maglia rosa tradito dal suo compagno di squadra Stephen Roche. Faccio fatica a guardarlo. E se per caso in tv mi capita di incrociare una corsa abbasso il volume...».

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