Claudio Antonelli per “la Verità”
RAFFAELE MINCIONE
L'inchiesta vaticana sul super immobile di Sloane Avenue sbarca in Italia, per la precisione a Milano. Dove la guardia di finanza tramite la procura meneghina e su input dei promotori di giustizia ha bussato a luglio alla porta del celebre studio legale Libonati-Jaeger. Le fiamme gialle cercavano Nicola Squillace con l'incarico di acquisire fatture e documenti relativi alla Gutt sa, la società di proprietà di Gianluigi Torzi, il broker arrestato a metà giugno (rilasciato dopo una decina di giorni) con l'accusa di estorsione nei confronti della Segreteria di Stato.
Il finanziere di origine molisana, ma da anni radicato a Londra, sarebbe stato ingaggiato dalla Santa Sede con l'obiettivo di riprendere la proprietà del palazzo gestito dal fondo Athena di Raffaele Mincione, mentre secondo l'accusa avrebbe conservato per sé un pacchetto di azioni della società anonima, la Gutt Sa, coinvolta nel passaggio di mano in modo da rimanere proprietario di fatto di Sloane Avenue. Le indagini si sono evolute rispetto alla fase iniziale e avrebbero raccolto molte informazioni tali da rivedere diverse posizioni legali e soprattutto ampliare il target.
stabile di sloane avenue londra
È così che l'avvocato Squillace si sarebbe scoperto coinvolto nello scandalo. Per la verità non il primo della carriera. Rinviato a giudizio per il fallimento di banca Mb, è finito invece con una condanna in primo grado per 6 anni e 6 mesi per il crac della Novaceta, la fabbrica chimica di Magenta nata da una costa della vecchia Snia. Assieme a Squillace è stato condannato anche Gianni Lettieri, candidato sindaco a Napoli per il centrodestra.
Il nome di Squillace riporta però alla memoria quello del suocero Pier Giusto Jaeger, rappresentante di spicco delle toghe meneghine negli anni della Milano da bere. Lui fondò lo studio poi diventato Libonati-Jaeger portando con sé la lunga storia dei repubblicani mazziniani lombardi. Fasti comunque lontani perché ad oggi lo studio risulterebbe in liquidazione e le attività di consulenza avvenute su input personale.
LA LETTERA DI ENRICO CRASSO A ANGELO BECCIU
Secondo quanto apprende la Verità, la negoziazione sull'immobile (che ha comportato perdite indicibili per il Vaticano) e successiva contrattualizzazione tra Segreteria e la Gutt sa sarebbero avvenute negli uffici di Torzi a Londra. Presenti in modalità fisica e virtuale per conto dello Stato vaticano ci sarebbero stati Fabrizio Tirabassi e monsignor Alberto Perlasca, assieme al broker molisano, Manuele Intendente, avvocato già in Ey, Squillace in qualità di advisor dello stesso Torzi assieme a Renato Giovannini e a chiudere Enrico Crasso, l'ormai celebre consulente finanziario per anni tra le fila di Credit Suisse.
GIANLUIGI TORZI
Terminata la riunione e contattato Raffaele Mincione, quest' ultimo avrebbe richiesto (almeno questa sarebbe la versione di un dei partecipanti) la consulenza di un avvocato per definire i dettagli e rappresentare la medesima Segreteria di Stato nei rapporti con i due studi legali londinesi già affidatari della pratica. A quel punto sarebbe stato fatto il nome, sempre secondo l'impianto accusatorio, di Squillace.
Con l'ok da parte di Tirabassi, il partner dello studio Libonati si scopre a sedere da entrambi i lati del tavolo. O meglio fino a una certa data del novembre 2018 siede alla trattativa come consulente di Torzi e poi come assistente della Città del Vaticano. Una situazione non proprio frequente che ha destato evidentemente più di un interrogativo da parte dei pm vaticani che vedono fugati alcuni loro dubbi quando scoprono che un report redatto da Squillace viene girato praticamente paro paro al cardinal Pietro Parolin. Obiettivo era ottenere l'ok alla compravendita.
angelo becciu papa francesco
Parolin è stato informato delle azioni senza diritto di voto della Gutt sa? Gli è stato posto il dubbio sulla pericolosità di tenere aperto un vulnus nell'operazione? Vulnus che poi ha fatto saltare l'intera operazione. O meglio che ha fatto scattare le manette per una delle parti. È chiaro che resta ancora da dipanare ciò che sta sopra e ciò che sta sotto a Torzi. Soprattutto gli inquirenti vaticani hanno da poco tra le mani i telefoni e l'iPad di Mincione, sequestrati in hotel di Roma sempre su rogatoria internazionale. L'esame dei device potrebbe dare un enorme accelerazione all'inchiesta e allargare il perimetro a nuovi Paesi o meglio a nuovi paradisi fiscali.