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    ORIANA, "L’INDOMABILE" – FELTRI IN LODE DELLA FALLACI: "LA MIGLIORE DONNA DI PENSIERO NATA E CRESCIUTA NEL NOSTRO PAESE. UN FENOMENO. I SUOI GIUDIZI PUNGENTI, IRRIVERENTI, ANTICONFORMISTICI MI COLPIVANO. LENTAMENTE LA LASTRA DI GHIACCIO CHE CI SEPARAVA SI SCIOLSE E MI REGALO’ UNA PELLICCIA DI VISONE. NON LA INDOSSAI NEMMENO PER SCHERZO. QUESTO PER SOTTOLINEARE I..."


     
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    fallaci fallaci

    Dodici anni fa moriva Oriana Fallaci, la più incisiva scrittrice italiana di tutti i tempi. Giusto commemorarla e renderle omaggio.Cosa che noi facciamo volentieri, pubblicando uno scritto di Vittorio Feltri a lei dedicato. Si tratta della prefazione di un libro («I nemici di Oriana») firmato dal giornalista Alessandro Gnocchi, edito da Melville qualche tempo fa, e oggi tornato in circolazione in coincidenza con l'anniversario del decesso della Fallaci. Il brano di Feltri è utile per comprendere il temperamento della scrittrice, sulla quale la prossima settimana Libero riprenderà il discorso per spiegare al lettore, approfonditamente, chi ella fosse nel profondo dell’anima.

     

     

    Testo di Vittorio Feltri pubblicato da Libero Quotidiano

     

    Alessandro Gnocchi, l' autore del libro che vi accingete a leggere, è un eroe. Ha sopportato per mesi, che dico, anni le torture psicologiche e fisiche di Oriana Fallaci, giornalista e scrittrice formidabile, la più grande di tutti i tempi, ma anche la meno malleabile. Il lettore deve sapere: ero amico di questa donna che stimavo moltissimo; amavo le sue opere, forti e godibili, scritte con mano felice, illuminanti, talvolta sconvolgenti.

     

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    La conobbi sul finire degli anni Ottanta, quando ero direttore di un diffuso settimanale, L' Europeo, sul quale ella pubblicò servizi memorabili che la resero celebre e, di conseguenza, la esposero all' invidia e all' odio della categoria, specialmente del ramo maschile, che non le perdonava un successo vietato a quasi tutti per carenza di talento. Il nostro primo incontro fu cordiale ma freddino. Lei era curiosa di conoscermi, forse perché, giunto alla direzione del periodico, la redazione mi riservò una insolita accoglienza: due mesi di sciopero.

     

    Non ero gradito ai colleghi perché diverso da loro: non ero di sinistra. Non ero niente: un cronista e basta, che intendeva riportare ai fasti antichi la rivista di cui Oriana era stata la firma di punta.

    Ovviamente ero onorato di poter conversare con lei. In breve, diventammo amici e cominciammo a frequentarci periodicamente. La Fallaci viveva a New York, ma ogni tanto tornava in Patria per curare i propri interessi editoriali, che di norma trascurava.

     

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    Gli aspetti commerciali del suo (nostro) lavoro non la coinvolgevano molto. Ci incontravamo per discorrere del più e del meno, quasi sempre del meno. Nel senso che lei parlava e inveiva contro (quasi) tutti, ed io - un po' intimidito - mi limitavo ad ascoltare. Lunghe chiacchierate sullo scibile giornalistico che mi appassionava.

     

    I suoi giudizi pungenti, irriverenti, anticonformistici mi colpivano, suscitando in me una profonda ammirazione. Lentamente la lastra di ghiaccio che ci separava si sciolse: subentrò una certa confidenza che facilitava i rapporti, sempre più intensi.

     

    Una sera, appena giunta in Italia dagli Stati Uniti, mi diede appuntamento in un noto ristorante milanese, situato in via Senato: Alfio, preferito da numerosi giornalisti, tra cui Gaetano Afeltra, amico tanto di Oriana quanto mio, e direttore di quotidiani importanti. La Fallaci mi aveva avvertito: ti porto un regalo, ti piacerà molto. Emozionato, mi presentai puntuale nel locale pieno di gente. Lei era già seduta al tavolo (prenotato) con Gaetano. Ridevano e scherzavano. Il fatto che la signora fosse di buonumore mi confortò. Quando mi vide, schizzò in piedi e mi corse incontro: vieni vieni. Mi porse un borsone di carta: è tuo, mi disse.

     

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    Aprii l' involucro e vi estrassi una pelliccia di visone. Stupito e sconvolto, cercai di dissimulare il mio stato d' animo e finsi di essere contento. Però mi interrogai con terrore: quando mai indosserò un indumento simile? Infatti, non lo indossai nemmeno per scherzo. Questo per sottolineare i gusti americanizzati di Oriana, che viveva in un luogo assai diverso dall' Italia, della quale aveva perso contezza. Se ciò non l' aiutava a comprendere i nostri costumi in materia di abbigliamento non le impediva però di criticare in modo avveduto e documentato i difetti dell' informazione italiana. Non sopportava i propri detrattori che non le perdonavano di vendere milioni di copie, e pertanto di guadagnare montagne di quattrini, a dimostrazione che il successo, lungi dal procurare simpatie, è causa di feroci attacchi a chi se l' è conquistato sia pure con fatica e bravura.

    ORIANA FALLACI ORIANA FALLACI

    Già. Oriana era bravissima.

     

    Per riempire una pagina di parole impiegava qualche ora. La rileggeva e aveva dei ripensamenti, addirittura dei pentimenti e la riscriveva di sana pianta. La sua prosa era liscia come l' olio, ma frutto di tormenti. Ne sa qualcosa Alessandro Gnocchi cui affidai, quando entrambi eravamo a Libero, la confezione finale degli articoli che la immensa Fallaci regalava al nostro giornale con generosità, diciamo pure amicizia. Mi corre l' obbligo di rammentare che Libero superò il tetto delle centomila copie vendute allorché se ne uscì in prima pagina con un meraviglioso articolo firmato dalla inarrivabile narratrice. Al quale ne seguirono altri, uno più bello dell' altro, che scatenarono l' entusiasmo dei lettori.

     

    E qui arriviamo al punto. Poiché Oriana, se si trattava di dare alle stampe un suo elaborato, esigeva di controllarne anche le virgole, e ogni altro particolare, affidai il compito sacro di non deludere le aspettative dell' autrice a Gnocchi, redattore delle pagine culturali. Egli, ignorando le spigolosità del carattere della signora, accettò di buon grado l' incarico delicato. E immagino che poi mi abbia maledetto. Si dà il caso che ella, prima di licenziare ogni pagina, desiderasse non solo verificarla con scrupolo maniacale, ma chiedesse di apportare in continuazione delle modifiche al testo e all' impaginazione, seppellendo di telefonate il povero e stressatissimo Alessandro.Che non perse mai la pazienza, ma temo abbia perso nella circostanza alcuni anni di vita.

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     Non avete idea, cari lettori, a quali livelli di perfezionismo riuscisse a salire la nostra Oriana nell' esercizio delle proprie funzioni di scrittrice. Va precisato che il risultato finale di tanti sforzi era eccellente, tant' è che il pubblico impazziva di gioia allorché Libero poneva in evidenza un pezzo, di norma lunghissimo, della nostra amica, ignara di aver provocato una sorta di esaurimento nervoso ad Alessandro. Il quale in questo volume racconta con abilità e precisione vari aspetti della poderosa opera fallaciana, senza trascurare episodi in apparenza minori, tuttavia tali da spiegare esaurientemente la personalità focosa e indomabile della migliore donna di pensiero nata e cresciuta nel nostro Paese.

     

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    La sola, peraltro, che abbia raggiunto i mercati librari di mezzo mondo, raccogliendo consensi entusiastici e unanimi in coloro che intendono la lettura come una forma di arricchimento interiore. Oriana era un fenomeno e Gnocchi ci accompagna con garbo nel viaggio alla riscoperta di una donna che ha consumato la vita per aprirci gli occhi e, soprattutto, la mente.

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