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Andrea Marinelli e Guido Olimpio per il “Corriere della Sera”
L'ultimo colpo del taglia-erba è stato lunedì. Parigi ha annunciato l'espulsione di sei diplomatici russi smascherati da un'indagine della Dgsi, i servizi di sicurezza interni. La mezza dozzina si è aggiunta agli oltre 400 «colleghi» rispediti a Mosca dai Paesi dell'Ue - 30 in Italia - perché accusati di essere degli 007 sotto copertura, uno dei tanti fronti della guerra di spionaggio attorno all'Ucraina.
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Gli europei hanno accentuato l'azione di contrasto riducendo drasticamente il numero dei russi accreditati nelle ambasciate con ruoli ufficiali: elementi impegnati nella raccolta di informazioni, nel reclutamento, nella campagna di disinformazione. Il Cremlino ha replicato con misure analoghe ma, visto il numero massiccio di espulsioni, l'azione europea può avere un impatto in questa fase critica e costringere Mosca - che può comunque contare sugli «illegali», le spie vere - a rivedere il suo dispositivo.
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In questo conflitto, la Cia ha scelto di «andare in pubblico». Nel tentativo di prevenire l'invasione ha diffuso fin dall'autunno quanto aveva raccolto sui preparativi russi e lo ha poi distribuito a livello globale. Tra gli alleati - che non ci hanno creduto - ma anche sulle scrivanie del Cremlino, con l'ormai storica missione del direttore Burns a Mosca.
Questa mossa oggi è al centro delle analisi: aver rivelato le carte in un modo così plateale può aver compromesso chi ha «avvertito» Langley. Tuttavia è stata anche una dimostrazione di forza, che ha permesso a Washington di essere sempre un passo avanti nella narrazione. Lo stesso approccio è stato usato con la Cina.
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Una volta scattata l'offensiva, l'intelligence civile, la Cia, e quella militare, la Dia, sono passate allo «stato due». È iniziato il monitoraggio intenso degli invasori, garantendo alla resistenza ciò che serviva: le direttrici, le condizioni delle truppe, i guai di rifornimento.
Una cooperazione piena, sorretta dagli apparati elettronici e dai satelliti, che ha coinvolto altri Paesi del patto atlantico e la Svezia.
C'è, ovviamente, anche una componente realmente segreta: gli specialisti dell'intelligence hanno addestrato gli ucraini fin dal 2015, quindi non sarebbe strano se stessero favorendo missioni dietro le linee, con la presenza di agenti e paramilitari magari in possesso di passaporti di altri Stati. Gli uomini dello zar hanno risposto con la stessa lama.
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Kiev ha denunciato le incursioni di infiltrati nelle città, di team pronti a uccidere, a creare problemi. Probabile che Mosca sperasse di disfarsi di Zelensky grazie al cavallo di Troia di «amici» filorussi e generali traditori: due sono stati defenestrati dal governo. È andata diversamente, anche in Patria, dove lo Zar ha fatto arrestare il capo dello spionaggio estero Beseda e il suo vice, poi avrebbe cacciato 100/150 agenti. Il compito più difficile resta comprendere i meccanismi del Cremlino e i «desideri» di Vladimir Putin.
È uscito tanto, troppo, in questo mese sul presunto isolamento del leader, sulla sua presunta malattia, sulle sue «visioni» strategiche, sull'ipotetico dissenso. Una parte di queste news possono aver fondamento, altre sono messe in giro per fare «confusione», creare dubbi, fare propaganda, spingere i gerarchi a guardarsi con sospetto: sei tu il Giuda? Sono ricostruzioni analoghe a quelle che circolavano su Saddam o Gheddafi, a volte sul nordcoreano Kim. Quasi un copione, non sempre attendibile.
cia central intelligence agency