Ilaria Sacchettoni per il “Corriere della Sera”
«Eh sì, io ero una spacciatrice, capito?», si confessa al telefono Clarissa Capone, pusher del terzo millennio con la sporta piena di nuove sostanze psicoattive come la «droga dello stupro», altrimenti detta Gbl (acronimo per Gammabutirrolattone).
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«Calcola che quando ci stava il Festival del cinema - prosegue orgogliosa - io là ci andavo con lo zainetto pieno, cioè ci stavano giornalisti, cioè ci stava di tutto di più...». A trent' anni la pusher vanta già un invidiabile portafoglio clienti che include perfino un senatore della Repubblica. Di lui si sa soltanto che «abita di fronte alla Corte di Cassazione», che è affezionato al «profumo», come viene chiamata pudicamente la molecola dello stupro.
Ma nelle intercettazioni non ci sono altri riferimenti o dettagli e i carabinieri del Nas non sarebbero ancora riusciti a individuarlo. Anche perché sembra evidente che i pusher ci tenessero a proteggere la sua identità. Prudenza e riserbo spingono una nuova generazione di spacciatori a rinominare la Gbl con fantasiosi e improbabili appellativi.
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Un giorno Rosa Trunfio, odontoiatra finita tra gli arrestati, s' informa sul carico di «Acqua di Giò» (un'essenza di Giorgio Armani) in arrivo con un corriere. Con l'obiettivo di sfuggire ai controlli, poi, le bottigliette in cui viaggiano i liquidi sintetici vengono rinominate. Così il fornitore di Marcello Cerasaro, altro pusher, fa recapitare una boccetta contrassegnata, la cui etichetta rassicurante campeggia sulla confezione: «Boccetta 200 ml antiossidante per hardware».
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I carabinieri del Nas riferiranno alla pm Giulia Guccione e al procuratore aggiunto Giovanni Conzo che si tratta di Gbl. I prezzi d'acquisto variano con la clientela, si va da poche decine di euro a qualche centinaio. Uno dei pusher arrestati a Bologna, trattava acquisti da 700 euro con alcuni tra i suoi più affezionati clienti. È lo stesso uomo che faceva spacciare il figlio tra i suoi compagni di scuola: «Vabbé, ascolta, bisogna che diamo impulso a questa cosa...», dice motivando il ragazzo come certi allenatori in campo. Il 30 gennaio 2020 i carabinieri fanno irruzione in una casa famiglia per minori nella provincia di Milano. E arrestano il direttore Edoardo Bianchi.
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Scrive il giudice: «Le immediate attività di perquisizione consentivano di individuare il collegamento strumentale della condotta di importazione alla commissione di ulteriori reati, posto che erano rinvenute numerose immagini a contenuto pedopornografico, sia scaricate dalla rete Internet che autoprodotte, alcune delle quali ritraenti i minori accolti nella struttura».
Il coinvolgimento nell'inchiesta di un sacerdote, oltre a professionisti come un architetto, un avvocato, un medico e giornalisti - per non parlare del senatore - e di un vigile urbano, finisce per aggravare il quadro della situazione. I magistrati hanno mosso anche l'accusa di autoriciclaggio alla Capone e a Danny Beccaria che «eseguivano operazioni di trasferimento di denaro proveniente dall'attività di importazione e cessione di stupefacenti in modo da ostacolarne l'identificazione della provenienza delittuosa».
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