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    L’IPOCRISIA DELLA POLITICA SULL’OSPEDALE DI NOLA: LE NUOVE BARELLE NON ARRIVANO MA I NAS SÌ - LA STRUTTURA HA 107 POSTI LETTO INVECE DEI 300 ORIGINARI (VI PIACE LA SPENDING REVIEW?) - I SANITARI HANNO CHIESTO NUOVE BARELLE A NOVEMBRE 2015 E NON SONO MAI ARRIVATE - LA PAZIENTE FOTOGRAFATA A TERRA AVEVA UN ARRESTO CARDIOCIRCOLATORIO: IL MEDICO LE HA SALVATO LA VITA


     
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    Conchita Sannino per “la Repubblica”

     

    Le barelle non sono ancora arrivate, dopo tanta indignazione. Nell’ospedale di Nola, utenza di 600mila abitanti tra due province per soli 107 posti letto (invece dei 300 originari), i pazienti in codice verde, giallo o rosso continuano ad aspettare molte ore per un prelievo, una Tac o una radiografia; e da ieri vengono “sistemati” non più a terra come in un assetto da guerra — come nelle foto shock che hanno subito inciso nel 2017 della vita reale — ma su decrepite sedie a rotelle tenute in piedi con nastro adesivo, o su sedute sottratte agli uffici. Intanto tre teste di medici rotolano subito: tre dirigenti che cadono qui, nella frontiera dell’hinterland, non in Regione o in direzione generale.

    OSPEDALE DI NOLA OSPEDALE DI NOLA

     

    Le barelle non arrivano, ma i Nas sì: inviati dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin. E arriva anche un’altra squadra di carabinieri, mandata dal pm Cristina Amoroso e dal procuratore capo di Nola Paolo Mancuso, che hanno aperto un’inchiesta su presunti disservizi o negligenze. Così comincia il (ciclico) valzer delle carte e degli atti, delle denunce e delle controffensive legali, mentre la Sanità agonizza — ormai da anni — nel Meridione d’Italia.

     

    Alle 11, nel pronto soccorso di Santa Maria della Pietà, dove l’anno che inizia reca l’immagine di Franca e Maria stese come in un ospedale da campo, ora c’è Vincenzo, 35 anni, seduto con una flebo nel braccio: «Non hanno barelle, devo stare attento a non alzarmi, spero di finire presto e andarmene». O c’è Angela, 65 anni, che piange, sempre seduta, sempre nella corsia dove mancano lettighe: «Ho una spalla lussata, ho dolore, mi dicono che gli infermieri sono solo tre su sei di turno stamattina, e noi siamo dozzine di pazienti. Sono qui da ore, non so quanto aspetterò».

    CONDIZIONI DEI PAZIENTI ALL OSPEDALE DI NOLA CONDIZIONI DEI PAZIENTI ALL OSPEDALE DI NOLA

     

    O ancora, in codice giallo, Anna, 29 anni, che ha fatto una Tac, un ago in vena, anche lei seduta, i piedi poggiati su un bracciolo. Nella stanza accanto, Marta, 35 anni, ti ferma e ti chiede di sorvegliare la porta mentre va in bagno perché l’unico servizio del pronto soccorso non ha la chiave. Mentre Paolo Bruscino («metta pure il cognome, mi fanno pena questi medici e infermieri») ti racconta la lunga notte del 7 gennaio proprio accanto a quelle ammalate adagiate con la testa sul pavimento: «Mio padre era colto da un ictus, quasi morto, e me l’hanno salvato. In mezzo a quell’inferno ne è uscito. Poi manca quasi tutto, ma a me è andata così».

     

    Eppure è su questa prima linea, è su questi medici che si abbatte la scure della politica in cerca di responsabilità. O di capri espiatori. Sulla spinta del governatore Vincenzo De Luca che chiede tre licenziamenti, la responsabile della Asl Napoli 3, Antonietta Costantini, sospende subito tre camici bianchi: il responsabile del pronto soccorso Andrea Manzi, il capo dell’area Emergenza, Felice Avella e il direttore sanitario Andrea De Stefano. La politica si azzuffa, i 5Stelle accusano De Luca di «fare sulla Sanità bieca demagogia», i più giovani deputati pd Massimiliano Manfredi e Pina Picierno non indicano teste da ghigliottinare ma invitano «a chiedere scusa alla cittadinanza».

    CONDIZIONI DEI PAZIENTI ALL OSPEDALE DI NOLA CONDIZIONI DEI PAZIENTI ALL OSPEDALE DI NOLA

     

    Ma i medici si difendono con parole dure. «Quali colpe dobbiamo pagare? Rispettiamo le decisioni dei vertici e spiegheremo condotte e ragioni, ma i nostri allarmi sulla mancanza di barelle risalgono al novembre del 2015. Cosa potevamo fare, se non prestare servizio in qualunque condizione?».

     

    De Stefano frena a stento l’amaro: «Una paziente fotografata a terra aveva un arresto cardiocircolatorio in corso: il protocollo, come tutti sanno, prevede che per esser defibrillata dovesse essere adagiato su una superficie rigida. Io fisicamente non c’ero, e non potevo essere informato in tempo reale perché i minuti sono preziosi: ma il medico che ha operato le ha salvato la vita. Se io come ospedale non ho barelle a sufficienza da anni, quale alternativa ho? Inviarlo fuori area? Lavarmene le mani? O avremmo dovuto trasferirlo a tre ore di auto, a Vallo della Lucania?».

    CONDIZIONI DEI PAZIENTI ALL OSPEDALE DI NOLA CONDIZIONI DEI PAZIENTI ALL OSPEDALE DI NOLA

     

    Tra le contestazioni che saranno formalmente mosse ai dirigenti, c’è il mancato ricorso a quella spesa d’emergenza che la manager Costantini avrebbe messo a disposizione dei pronto soccorso con una «specifica determina»: acquisti per 200mila euro, senza gare d’appalto, relativi alla stagione del picco influenzale.

     

    Il dottor Manzi è furente: «Noi dovremmo pagare per quali colpe? Forse tocca a noi spendere i soldi per acquistare barelle e lettighe? Noi siamo medici e forniamo assistenza e cerchiamo di salvare persone. Esistono altri uffici e dirigenti che dovrebbero provvedere a forniture e acquisti». Esistono, soprattutto, responsabilità e scelte che hanno determinato il crac di oggi.

     

    VINCENZO DE LUCA CON LA CHITARRA VINCENZO DE LUCA CON LA CHITARRA

    Proprio a Nola, pochi metri più su del pronto soccorso, Repubblica filma un reparto fantasma: dieci stanze e 40 posti letto trasformati da tre anni in un mega spogliatoio del personale, dopo che il vecchio si allagò negli interrati. Risultato? Te lo dice Pietro, anziano infermiere, imbarazzato: «Questa era la vecchia Ortopedia. Cancellata. Gli spogliatoi servono, ma i pazienti vengono prima. Bastava ristrutturare questo piano. Lo sanno tutti, lo hanno promesso tutti. Anche ai vertici. Inutilmente».

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